3 marzo 2014

VENTI DI GUERRA?

Foto: carnevale di Cittá di Goiás: sulla via della Chiesa del Rosario e davanti alla Cattegrale.
Il Brasile é famoso per il carnevale. Ma quanti sono i brasiliani che fanno carnevale? Alcuni vescovi si affrettano a dichiarare che “il carnevale é allegria della gente”. E sia. In effetti ci sono alcuni centri che hanno ancora il carnevale in strada, aperto a tutti: per noi il piú vicino é nella Cittá di Goiás. Lá arrivano davvero decine di migliaia di appassionati di carnevale, e ballano samba tutta notte anche quando piove. In altre cittá, come nella mia, si fa carnevale entrando, a pagamento, in un recinto installato attorno alla piazza, sotto un telone. Noi ascoltiamo in lontananza il rullio dei tamburi amplificati: e non é il massimo. C´é una percezione abbastanza generalizzata del carnevale come tempo di alcool e droga, di eccessi che favoriscono furti, aggressioni, violenza. I pentecostali (che non sono pochi) evangelici lo proibiscono ai loro adepti. I carismatici (pure loro assai numerosi) ci fanno gli accampamenti di riflessione, preghiera, messe e convivenza delle famiglie. Alcune banche staccano le casse continue. Molti sfruttano questi giorni di ferie per andare in campagna o in riva al fiume, con la famiglia e gli amici, lontano dal chiasso e dal traffico.
La violenza, tuttavia, non é colpa del carnevale: oggi é generalizzata, ovunque e tutto l´anno. Speranzoso, scrive il vescovo Demetrio Valentini su Adital: “Ben venga il carnevale, e restituisca al popolo brasiliano la sua identitá, con i valori caratteristici. Vogliamo sentire di nuovo la gioia di essere un popolo che vive in pace, che rifiuta la violenza, e che sa esprimere la sua allegria in modo artistico e nello stesso tempo spontaneo. Fin´ora il popolo brasiliano ha fatto il carnevale. É arrivato il momento in cui il carnevale deve rifare la fisionomia del popolo brasiliano”. E di seguito, elenca la situazione di violenza che si sta diffondendo: omicidi crudeli e spietati nei campi di calcio. Vandalismo. Professori che giá non hanno piú il coraggio di affrontare alunni che si sentono in diritto di rompere tutto quello che si trovano davanti nelle loro scuole. Ma questo non é un clima diffuso in tutto il mondo? E non é sintomo di un virus che ha contaminato, nel profondo, quasi tutti i paesi e i popoli? In Brasile, lo scorso anno, sono sorti movimenti decisi a creare proteste durante la Coppa del mondo, e disposti perfino a farla saltare. La causa profonda sembra essere la disuguaglianza. L´economia, condizionata sempre di piú dall´idolatria del denaro e dell´accumulazione (come ripete sempre il papa), sembra essere il motore di questo malessere.
Se cosí é, difficilmente la cura sará indolore. É un virus molto aggressivo e resistente. É una guerra a tutti i livelli e in tutte le forme. La stessa Europa é minacciata sempre piú da vicino: con la crisi Ucraina-Crimea, ma anche col clima generale. A leggere le cronache sui giornali vengono i brividi. A leggere i commenti si va in pelle d´oca. Sembra che stiamo arrivando alla resa dei conti di una societá ufficialmente e formalmente cristiana che non ha fatto propri i valori del vangelo per quanto riguarda i rapporti col denaro e l´economia. Lo testimoniava pure il Vangelo di domenica (ieri): non potete servire a due padroni. Ai tempi di Gesú la situazione era di disuguaglianza e violenza era forse peggio di quella di oggi, e il testo di Matteo ci presenta un discorso che doveva essere piú di conforto per gli ultimi della scala sociale, che di speranza di conversione per quelli che erano troppo ricchi. “Non preoccupatevi” forse voleva dire, per i poveri contadini di Galilea: “Consolatevi, anche i ricchi e anche quelli che pensano solo al denaro soffrono e muoiono; e anche gli uccelli e i gigli mangiano e si vestono bene, perché hanno un Padre nei cieli”. Perché nemmeno la violenza puó curare questa malattia.
Di seguito va una preghiera-poema del vescovo Pedro Casaldáliga in spagnolo. Basta leggere qualche libro degli antichi profeti, per rendersi conto che la profezia é, in certo modo, una fissazione. E Pedro é uno dei "fissati" dei nostri giorni: nel migliore senso della parola.
ORACIÓN A SAN FRANCISCO EN FORMA DE DESAHOGO Compadre Francisco,- ¿cómo vas de Gloria?- ¿Y comadre Clara - y la Hermandad toda? Por acá, en la tierra,- vamos malviviendo;- grande la codicia - y el amor pequeño. El amor divino - es muy poco amado,- y es flor de una noche - el amor humano. La mitad del mundo - de hambre se muere;- y la otra mitad,- del miedo a la muerte. Hay pocos alumnos - que tomen en serio - la sabia locura - del santo Evangelio. Señora Pobreza,- Perfecta Alegría,- andan en los libros - más que en nuestras vidas. Hay muchos caminos - que llevan a Roma. - Belén y el Calvario - salieron de trocha. Nuestra madre Iglesia - mejoró de modos, - pero hay mucha curia - y carisma poco. Frailes y conventos - criaron vergüenza,- más en sus modales - que por vida nueva. Tecnócratas muchos - y pocos poetas. - Muchos doctrinarios - y menos profetas. Firmas y escritorios,- armas y convenios - planean la Historia,- manejan los Pueblos. La madre Natura - llora, poluída,- su aire y sus aguas, - su cielo y sus minas. Pájaros y flores - se mueren de susto.- Los lobos del pánico - ganaron el mundo. Dobló sus pendones - la antigua arrogancia.- Sólo lucro y odio - riñen sus cruzadas. Pactos y tratados, - guerras y más guerras. Sangre por petróleo - los imperios truecan. Compadre Francisco,- el mundo es tan viejo,- que habrá que hacer outro - para verlo nuevo. Cuando Jesucristo - y Nuestra Señora - vengan a ayudarnos - a mudar la Historia, contamos contigo - en aquella hora,- y comadre Clara - y la Hermandad toda.
“Rispettando l´indipendenza e la cultura di ciascuna nazione, dobbiamo ricordare sempre che il pianeta é di tutta l´umanitá e per tutta l´umanitá, e che il semplice fatto di essere nati in un luogo di minori risorse e minore sviluppo non giustifica che alcune persone vivano con minore dignitá. Dobbiamo ripetere che «i piú privilegiati devono rinunciare ad alcuni dei loro diritti per mettere con maggiore liberalitá i loro beni al servizio degli altri» (Evangelii Gaudium, 190).” (Papa Francesco).

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