27 marzo 2014

A RUOTA LIBERA

Foto: riunione del Consiglio dell´asilo, la giornata del circo e un´immagine della messa in parrocchia.
Quanto progresso ho visto, in tutti i campi, nel corso dei miei 74 anni di vita. Da bimbo vivevo in un luogo in cui non c´era nemmeno luce elettrica, l´acqua si prendeva nel pozzo con il secchio, la strada era transitabile solo a piedi o con l´asino. Poco piú di 50 anni fa mio nonno é morto quasi cieco per le cateratte, che oggi tutti operano facilmente. E le comunicazioni, i trasporti! In un secondo ci comunichiamo con tutto il mondo. Perfino i bambini delle elementari vanno a scuola con il cellulare. Dovremmo essere contenti, non lamentarci. Invece, guardiamo avanti e vediamo buio. “La strada dinnanzi a noi – si fa scura!” (Sono le parole di un inno “gospel” di tanti anni fa). É rimasta indietro troppa gente, e i nodi vengono al pettine. Progrediamo nell´egoismo e nei pregiudizi. Progresso di nuove povertá, disuguaglianze, schiavitú, migrazione in cerca di lavoro, droga, mafie, immensa devastazione ambientale, nuove malattie mortali, violenza criminale e del traffico stradale. Fallimenti del matrimonio. Le imprese progrediscono non dando lavoro a piú giovani, ma licenziando. E di conseguenza: instabilitá delle democrazie, separatismi, dittatura dell´economia di mercato, produzione di armi, guerre in atto e guerre che si stanno preannunciando. Ce n´é abbastanza per temere che moriremo tutti arrostiti.
Finalmente, a Goiás, abbiamo fatto una mini-assemblea diocesana in cui non c´é stato spazio per la noia. Da anni non accadeva. Un incontro ben preparato e ben condotto, in cui si é creato un clima di collaborazione e amicizia, uno scambio di idee molto interessante. I temi? Sempre la “opzione fondamentale”. Li abbiamo ripassati alla luce del Vangelo di Matteo. Le Comunitá Ecclesiali di base (Cebs) ci sono. Chi vediamo nelle nostre comunitá in questo momento? Esse ascoltano la Parola di Gesú? Guardano a Gesú come al centro della vita di fede? Testimoniano e vivono la giustizia del Regno di Dio annunciata da Gesú? In quali contesti sono presenti e operanti? Quali sono gli effetti di tali contesti su di esse? Come reagiscono le Comunitá?” Ci proponiamo di essere Chiesa che sta dalla parte dei piccoli e dei i poveri, i piccoli (Matteo 18, 1-14). Chiesa del perdono e della riconciliazione (Matteo 18, 15-35), della correzione fraterna e della fraternitá, senza competizione per il potere. Chiesa della gratuitá, che perdona sempre e senza chiedere niente in cambio: ¨perché cosí fará mio Padre con voi....” Ma non siamo capaci di realizzare questo miracolo come Chiesa diocesana: soffiano venti in tutte le direzioni, non siamo compatti. Mi rallegro perché é giá molto che lo si desideri e lo si dichiari ufficialmente. Ma la fedeltá a questo programma continuerá a dipendere da una conversione e crescita interiore molto personale. Qualcuno sará piú deciso e fedele, qualcuno no. Talvolta andremo, forse, in senso opposto senza nemmeno rendercene conto. I contesti, appunto, non sono tanto favorevoli, nonostante lo spirito del papa Francesco che soffia sulle nostre vele. Francesco ci stimola ad andare al cuore del Vangelo.
Correre da un posto all´altro a celebrare la messa, come ho fatto oggi sotto un sole torrido. “Che missione é la nostra? Cosí ripetitiva, cosí apparentemente inutile? Non portiamo medicine, né pane, né denaro per aiutare i bisognosi!” Ma ci sono i “poveri di Javhé”, quelli per cui il nostro lavoro é utile. In ogni villaggio o fazenda c´é un gruppo o una piccola folla di gente che aspetta, ascolta attentamente il Vangelo, fa la comunione. Io sono un poveretto di poco valore e scarse virtú, ma per loro é la visita amorosa di Dio. Pregano intensamente. Ringraziano Dio per ogni pioggia, per ogni segno di vita e ogni dono. La messa é la loro forza. E allora viva la missione ai margini della modernitá o quasi fuori, dove il denaro non ha ancora distrutto l´umanitá delle persone e non ha preso completamente il posto di Dio. Anche questa missione modenese al tramonto, iniziata 60 anni fa e poi quasi dimenticata. (E forse é meglio cosí - come commenta una lettrice. Se non altro per evitare la retorica del protagonismo e ricordare che siamo solo modesti strumenti). “Io ho seminato” dice Gesú dopo la conversazione con la Samaritana. “Ora la messe é pronta, andate a mietere il campo che non avete lavorato: uno é quello che semina, l´altro quello che miete”. I poveri di Javhé sono un piccolo resto, che proietta un fascio di luce e illumina un sentiero per andare avanti, una speranza. Per loro, la Quaresima e la Pasqua hanno ancora senso, perché vivono nella loro carne il mistero pasquale: morte e risurrezione.
Ma finché siamo in questo mondo, le cose non sono mai cosí semplici. In tutti i posti c´é molta gente che fa della religione un mezzo per dominare il prossimo.

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