26 dicembre 2012

PROPOSITO PER IL 2013

Foto: a partire dalla sera di domenica scorsa 23 dicembre, siamo tornati dentro alla vecchia Chiesa di San Sebastiano ristrutturata. Per puro caso mi é toccato l´onore di spianarla. L´inaugurazione é ancora lontana, perché non é finita. La gente é contentissima. Sono orgogliosi di avere una chiesa cosí grande e bella. La voce e lo sguardo di chi presiede si perdono nello spazio. Continueró a preferire le piccole comunitá in cui ci possiamo guardare negli occhi.
Sono le 22 del giorno di Natale. Sono appena rientrato da una visita a Nello. É sempre solo nel suo tugurio. Ha compiuto 89 anni. É ancora forte di mente e volontá. La coerenza non gli manca, come si conviene a um profeta “voce nel deserto”. Libero come quei filosofi che abitavano nel canile di Atene. Orgoglioso di ció che dice. Per questo gli hanno regalato mezz´ora alla settimana nella radio locale. Nessun altro, che io sappia, ha mai ottenuto un simile privilegio. Per vederlo, io ho attraversato lampi e tuoni sulle montagne di Itapuranga che questa sera sembravano le “cime tempestose”. Ero libero da impegni e avrei potuto concelebrare ad Itaberaí, ma l´amico Padre Luís mi ha detto: “Non troverai Dio nel Tempio, cercalo nel tuo fratello!”. Una bella frase per la notte di Natale e per tutto il 2013 che verrá. Scrive Frei Beto che le feste di Natale risvegliano: 1) il sentimento religioso e la “nostalgia di Dio”; 2) propositi di vivere meglio l´anno nuovo che sta per iniziare; 3) ma anche una speie di noia spirituale provocata da tutto ció che siamo costretti a subire in questo periodo: pranzi e cene, auguri di circostanza e orgia consumistica imposta e strombazzata in tutte le forme possibili.
Ho visto la nostalgia di Dio nella novena, celebrata nei quartieri e in campagna nei gruppi spontanei di famiglie. Un incontro intimo, di preghiera, senza chiasso di festa, ma anche le comunitá piú fiacche si sono risvegliate e riaggregate. É impressionante l´attrattiva che esse esercitano. La gente attende il tramonto, poi accorre. La diocesi fornisce ogni anno um libretto diverso per arricchire la devozione popolare con letture bibliche e riflessioni aderenti alla realtá locale. Pellegrinano da una casa all´altra portandosi dietro un piccolo presepio. Ogni gruppo sceglie le sere preferite dalla maggioranza. Dove le distanze non permettono una novena intera, fanno un triduo. L´ultimo giorno portano bevande e specialitá di cucina goiana (pão de queijo, biscoito de mandioca, etc...) per um´oretta di confraternizzazione. Quando le coincidenze lo consentono ci va pure il prete a celebrare la messa, e in questo caso é giá Natale.
A parte il clima assai diverso, hanno il fervore delle novene della mia infanzia: alle sei del mattino facevamo una scarpinata notevole per arrivare nella cappella della borgata, godere la gioia di ritrovarci con gli amici e conoscenti della zona, ascoltare le magnfiche antifone dei profeti e cantare “Tu scendi dalle stelle”. A quei tempi eravamo tutti al freddo e al gelo. Si camminava al buio ben infagottati tra le colline bianche di brina o dolcemente ammantate di neve. Nei giorni scorsi, usando i potenti mezzi di google maps, ho rivisto quasi dal vivo i luoghi di quelle mattinate indimenticabili: la casa di Ponte Borlenghi, il percorso in mezzo ai frutteti, la chiesetta e la piazzuola, la bottega del fabbro chiusa da tempo immemorabile con lo stesso portone di allora, sempre piú logoro. Mi incantavo a guardare il mantice, la fucina, il fabbro tutto nero che batteva e batteva...e che diceva a noi bimbi: “State alla lontana!”
Tutto é cambiato. Solo 10% della popolazione vive ancora nei campi. Gli attrezzi e i borghi con le attivitá artigianali sono scomparsi anche quí come ovunque. Lo spirito natalizio riesce a farne riaffiorare qualche elemento poetico, um ó dell´anima contadina che sa improvvisare e mettere insieme l´antico e il nuovo. In una notte qualsiasi ho celebrato dentro al capannone di una fazenda, tra macchine agricole e pile di sacchi di concime e cereali. Io ero al centro di un semicerchio di comode sedie bianche di plastica prese in affitto dai grossisti di birra e bibite. Un candeliere fatto con um semiasse e pezzi di un vecchio trattore sorreggeva i nove grossi ceri - simbolo della novena. Sospese su di noi tante palle colorate per creare l´ambiente. A destra un presepio illuminato da cordoni di lampadine cinesi. Accanto alla capanna di Gesú Bambino un albero di Natale, e a destra della mensa eucaristica un Babbo Natale vivo, seduto su un trono, ha presieduto la messa vicino a me. Babbo Natale a messa, non é una contaminazione? Peró fa sorridere e sognare i bambini! Non sará lui a impedire l´accoglienza a Gesú, “Dio con noi”, aperto a tutte le culture e tutti i popoli.
L´ostacolo per Gesú sará, piuttosto, la nostra cecitá. I profeti annunciavano che il Messia sarebbe venuto per essere luce dei “ popoli che camminano nelle tenebre e nelle ombre di morte”. Noi di tenebre ne abbiamo ancora tante e ci rifiutiamo di vederle. Se si pensa, ad esempio, alla situazione degli indios brasiliani, vediamo che il tradimento del Natale é cominciato assai prima dell´arrivo di Babbo Natale. Nel 500 i coloni portoghesi cominciarono ad eliminare gli indigeni che non accettavano la schiavitú. Piú di cinque secoli dopo, circa un mese fa, nel Pará, essi sono stati vittime di una ennesima strage, quasi ignorata dalla stampa. Per dissipare queste ombre di morte non basta né il presepio né il clima di religiositá del Natale. Solo la forza della Parola di Dio potrá far splendere, poco alla volta, la luce di Cristo. I censimenti dicono che 4 persone ogni cinque si dichiarano religiose, ma un miliardo e mezzo vive sotto la soglia della povertá.
A volte ci creiamo Dio a nostra misura. Gli rivolgiamo sospiri ed espressioni estasiate per sentirci vicini a lui, ma le nostre vere aspirazioni sono la ricchezza e il potere a tutti i costi. Non dividiamo il pane. Nei giorni scorsi un commerciante che, rivestito di tunica bianca, mi aveva fatto devotamente da chierichetto, mi ha detto: “Il nostro dovere é amare Dio, non i poveri”. Nel suo caso voglio pensare che sia solo una frase che gli é venuta fuori male (le bestemmie non vanno contestualizzate?), ma il guaio é che sono molti quelli che non vogliono aprire gli occhi o “accendere la Luce”. Il teologo evangelico brasiliano con nome cinese, Yung Mo Sung, spiega che le “elites” hanno bisogno di maltrattare il prossimo per giustificare i propri lussi, perció cercano notte e giorno prove dell´inferioritá altrui per non provare vergogna di ció che fanno. Cosí, quando erano costretti a usare gli schiavi, avevano scoperto che i negri non erano esseri umani. Ed ora sfogano la loro rabbia contro chi, come Dom Tomás, Pedro Casaldáliga ed altri, in adempimento del Vangelo difendono le categorie piú oppresse.
Se lo dice lui! Noi sappiamo per certo che l´egoismo e la cattiveria esistono nel profondo di ogni essere umano, e quelli che hanno potuto dominare e fare leggi hanno strutturato le istituzioni a proprio vantaggio. Allora, che fare? Mi approprio della proposta di un altro teologo che scrive sul sito del CEBI: siccome questo vecchio mondo non é finito nel 2012 come prevedeva il calendario dei Maya, facciamolo finire noi nel prossimo 2013. “É importante cominciare distruggendo alcune cose antipatiche che abbiamo in noi, come l´egoismo, l´arroganza, l´odio, il pessimismo e l´invidia, (...) che non sono salutari per la nostra vita sulla terra”. “Il secondo passo é farla finita coi mondi della fame, ingiustizia, accumulazione”. Poi cominciare un mondo nuovo. Pensare a chi ti sta vicino, averne cura, abbracciare senza paura e senza malizia, amare senza abusare”. “É ora di coltivare i sentimenti della gratitudine, affetto, condivisione”. “Credo in te, in me stesso, nell´umanitá, che in qualche modo impareremo percorrendo la strada dell´amore o del dolore”. (Lucas Rinaldini, Birigui, CEBI - São Paulo Interior).
PS - In questo post ho tradito notevolmente il pensiero di Yung Mo Sung, la cui riflessione nell´articolo che ha pubblicato su Adital é bem piú ampia e precisa. Riassumo qui, con maggiore fedeltá ma con parole mie e volgari, la parte che riguarda la mia citazione: le elites in astratto (in teoria) sono d´accordo che tutti gli esseri umani sono uguali. Ma in pratica, per quelli di loro che pensano di essere superiori perché hanno piú soldi e perció ritengono di avere il diritto al potere, l´uguaglianza diventa spesso un affronto. Per questo, quando emergono persone come Obama, Lula, o Ugo Chavez, schiattano di rabbia e devono trovare per forza prove per squalificare il loro operato.

Nessun commento:

Posta un commento