13 dicembre 2012

PROFEZIE DI NATALE

Le foto: 1) Dom Tomás e dom Pedro Casaldáliga, il vescovo emerito di São Felix, amico per la pelle di Dom Tomás e anche lui novantenne (lucido ma fragilizzato dal Parkinson). Alla sua destra il neo-prete Padre Celso, ex benedettino; alla sinistra il dottor Antonio di Ceres, che fu compagno inseparabile di Dom Tomás nelle visite agli indios (il dottor Antonio ha raccontato tutte le paure che ha passato sul piccolo aereo rosso che Dom Tomás pilotava). 2) I ragazzi del gruppo di capoeira, che sono venuti a suonare il berimbau per dom Tomás. Le altre sono foto dello stesso incontro.
Siamo a un passo dal Natale. Auguri a tutti i lettori! Va di moda la profezia dei Maya, ormai in scadenza. La Chiesa ci fa leggere quelle dell´Antico Testamento che non scadono mai. La nostra situazione assomiglia parecchio alla loro. Quei profeti vivevano l´esperienza dell´invasione degli imperi: Gerusalemme distrutta, i dirigenti deportati e il popolo angosciato, spintonato quá e lá, disorientato. Noi viviamo i tagli, le tasse, i fallimenti di imprese, una schifosissima corruzione politica, la disoccupazione. In Brasile soprattutto la violenza. I profeti facevano gli auguri annunciando un tempo futuro di pace e giustizia fondato sulla fedeltá a Javhé che Israele aveva irriso e violato seguendo idoli d´oro e argento. Noi facciamoci gli auguri della pace in Gesú Cristo e nel Regno di Dio che é in “Avvento”: giá in cammino ma non ancora arrivato. Siamo bugiardi se non riconosciamo che l´abbiamo sostituito agli idoli del profitto e del consumismo, che ci ha portati a questa situazione rovinosa.
La pia signora che mi ha accompagnato stasera nella fazenda del figlio per celebrare la messa, al ritorno mi ha detto testualmente: “Padre, ha visto? Poca gente, nessuno vuole piú abitare in campagna! Ogni nuovo governante é peggio di quello di prima. Pensano solo a riempirsi di denaro: le tasche, la camicia, il cuscino e perfino le mutande. Le strade di campagna sono intransitabili, abbandonate al tempo. I servizi sono lontani, pochi e cari. Quel bimbo che lei ha visto a messa, gli hanno trovato un cancro dietro l´occhio e gli hanno estirpato anche l´occhio. Ora si vergogna, quando parla con qualcuno abbassa la testa. Il padre va e viene da Goiania, spende tutto in viaggi, analisi e medicine. Non lavora piú, non ha pace per curare i campi. Sopravvivono della solidarietá dei vicini di casa. La Dilma incentiva la produzione. Le imprese grandi seminano chilometri quadrati di soia. I piccoli proprietari non possono nemmeno piantare i loro fagioli, perché le malattie della soia distruggono le altre colture. I contadini sono tutti in bolletta”. Ieri sera, sempre in una messa in campagna, mentre si scherzava sulla porchetta che, per molti, é il sogno di ogni Natale, una giovanissima mamma ha commentato: “Padre Chico, guardi che qui la porchetta non ce l´ha nessuno. Piú che altro si mangiano foglie d´insalata. La vita quí é di poca carne!”
Oggi era anche la festa di Nossa Senhora di Guadalupe, la Madonna india, patrona dell´America Latina. Un paio di donne l´hanno ricordata e hanno intonato il “magnificat” in una versione popolare brasiliana. Domani é festa di Santa Lucia e anniversario di morte di Luigi Gonzaga: non il santo principe italiano, ma il favoloso cantautore del nordest brasiliano. Io ho chiesto alla Madonna che aiuti la Dilma, che a metá del suo mandato é nei guai. E a Santa Lucia ho pregato che le apra gli occhi. Scrive cosí il giornalista Ricardo Kotscho, sul suo blog riportato da Adital: “Dilma in questi due anni si é caratterizzata come governante austera e implacabile, a favore degli interessi del paese e contro le malefatte dei suoi collaboratori, piú che per i numeri dell´economia che si possono interpretare tanto a suo favore quanto contro di lei. Da ció che si legge nei giornali non dev´essere facile lavorare con lei che continuamente sembra irritata, richiede provvedimenti urgenti, maltratta ministri, si arrabbia per le cadute di energia elettrica e altri buchi dell´infrastruttura”. “Eletta per le sue promesse di dare continuitá ai successi di Lula, lei ora si trova chiusa nel proprio labirinto”.
"Se i ministri e i progetti non funzionano come lei vorrebbe, perché non cambiarli e montare il governo a modo suo, a sua immagine, d´ora in poi?” – si chiede Ricardo Kotscho. E si risponde da solo: “In un´impresa privata sicuramente lo avrebbe giá fatto. Ma nel potere pubblico il buco é piú in basso, e lei deve tener conto delle sfide della governabilitá. Nonostante l´ampia maggioranza alla Camera e al Senato, con l´appoggio di quasi tutti i 30 partiti nazionali, Dilma non riesce ad imporsi perché deve tener conto degli interessi del sacco di gatti che forma la sua base di sostegno”.
In altre parole, alla Dilma sfuggono di mano troppe cose. E si vede. I prezzi degli alimentari galoppano. Non é che lei non faccia niente: ha inventato il programma "Brasil Carinhoso" per combattere la miseria, e porta avanti quelli creati da Lula, "Minha Casa, Minha Vida" e la "Bolsa Família". Si fa in quattro per il PAC, programma di accelerazione della crescita, che le fece vincere le elezioni e ora si é inceppato in diverse aree del paese. Dilma non ha le persone che vorrebbe, non ha ministri efficienti e adatti a lei. É in gabbia. Dovrebbe fare una riforma ministeriale ma fin´ora non le é riuscito, nonostante abbia un´opposizione che si rimpicciolisce ad ogni elezione. La gente che conosco non si accorge di niente, sorride della crisi europea. “Noi qui, invece, abbiamo davanti a noi un futuro di sviluppo smisurato” – dice qualcuno. Non vede che il Prodotto Interno lordo é ridotto, ormai, ad un misero 1%. Che le nostre immense campagne sono alla mercé della monocultura di esportazione, único pilastro dell´economia esattamente come ai tempi del Brasile coloniale.
Milioni di tonnellate di soia e mais in cambio di dollari ingrassano i conti correnti di alcuni proprietari rurali, ma soffocano l´economia di paesi e cittá che non hanno piú produzione agricola locale e la comprano da fuori a prezzi esorbitanti. I supermercati fanno fallire i piccoli commercianti del posto. Sempre piú numerose le automobili e le ville di lusso, ma anche le bande di delinquenti per le strade e nelle case durante la notte, i “branchi” di ragazzi e giovani nel traffico di droga, i mini-appartamenti dei migranti lontani dalla loro famiglie smembrate. Senza parlare dell´inquinamento e della situazione sanitaria. Che Santa Lucia ci curi la vista. I profeti dell´esilio fanno al caso nostro, in questa vigilia di Natale. Ad Itaberaí anche la chiesa, ristrutturata, ha acquisito l´aspetto di questo progresso, esuberante ma dal futuro grigio e minaccioso. Speriamo di incontrare in questo tempio moderno Gesú Cristo, l´annunciatore della Buona Notizia ai poveri. Si puó sperare?
Rimanendo in tema di profezie: Dom Tomás Balduino, vescovo emerito e profeta, compie 90 anni il 31 dicembre prossimo. É stato vescovo di questa diocesi di Goiás per 31 anni. La diocesi, con la collaborazione di un gruppo di amici, lo ha festeggiato il giorno dell´Immacolata, sabato 8 dicembre scorso. Le foto di questo post sono state scattate lí. Io non potevo mancare, come suo collaboratore dalla sua prima settimana di episcopato fino alla pensione. All´incontro eravamo un centinaio, metá venuti da lontano. Hanno parlato un pó tutti. Un giorno intero di testimonianze di affetto con um pizzico di autocompiacimento e alcuni scivoloni-scivolini di vanitá e adulazione. É umano! Dom Tomás ha lasciato una impronta indelebile nella vita di molti, nelle loro scelte personali e nella storia, non solo della diocesi di Goiás ma della Chiesa stessa e del Brasile. Non esagero. É diventato cosí famoso che chi desidera conoscere i freddi dati del suo curriculum li trova su wikipedia, e in google-immagini si puó vedere un´ampia collezione delle sue foto giovanili e adulte. Se internet, oggi, é il parametro per misurare il valore di una persona, lui é al passo coi tempi.
Nel suo discorso conclusivo, tuttavia, lui stesso ha ridimensionato le proprie glorie ricordando che la sua opera non é solo sua, ma di tutti coloro che l´hanno costruita assieme a lui giorno per giorno durante molti anni. Ha detto che il progetto comune era seguire le orme di Gesú e mettere in pratica, nella Chiesa e con la Chiesa, le indicazioni di riforma del Concilio Vaticano II e la scelta dei poveri. Il resto é nato giorno per giorno, dallo sforzo collegiale di rispondere agli appelli del momento. Con queste parole ha reso giustizia a tutti coloro che sono stati suoi "consiglieri" (nel senso di membri del Consiglio) e suo braccio forte, in diocesi, nelle sue attivitá indigeniste e nella solidarietá ai lavoratori rurali (Consiglio Indigenista Missionario – CIMI – e Commissione Pastorale della Terra – CPT – di cui é stato co-fondatore e piú volte presidente).
A dom Tomás io sono grato soprattutto per avermi insegnato ed educato con la sua capacitá di ascoltare, la sua calma, la luciditá e saggezza nel leggere gli eventi e interpretarli alla luce della fede. Se é vero, come lui ha detto, che deve il suo lavoro a molti, é altrettanto vero che senza la sua fermezza serena, la sua coerenza e il coraggio, nessuno sarebbe riuscito a fare ció che ha fatto. Solo aggrappati a um pastore forte come lui si poteva realizzare, in tempi di dittatura militare, una diocesi alleata dei mezzadri, dei senza terra, della riforma agraria, degli indios e di una diocesi amica come San Felix, sempre assediata dal latifondo e pedinata dalla polizia politica. Quando penso a dom Tomás mi vengono in mente le parole azzeccatissime del profeta Geremia: “Non avere paura, se no saró io stesso a farti avere paura di loro. Oggi io faccio di te una cittá fortificata, una colonna di ferro e una muraglia di bronzo contro l´intero paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i sacerdoti e i proprietari di terra. Essi ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per proteggerti – oracolo di Javé”. (Geremia 1, 18-19). Lui forse la paura ce l´aveva, ma non la dimostrava e afferrava il toro per le corna.

2 commenti:

  1. Grazie Chico per le notizie e gli auguri che ricambio con affetto. Sono Daria Dessì, ex volontaria mlal a Goiania negli anni '80. Insieme a Rosetta Caldana, abbiamo abitato in Vila Regina...da qualche tempo leggo il tuo blog che mi fa sentire più che mai in comunione con la realtà del Brasile...di cui continuo a sentirmi cittadina! Abbracci e ricordi

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