24 aprile 2012

IL CORPO DI CRISTO

Chi segue la liturgia del tempo pasquale, si trova faccia a faccia col piú grande mistero della fede: il “Corpo di Cristo”. Dopo la risurrezione, uno ad uno, i discepoli si convinsero che Egli era vivo in mezzo a loro. Com´era il suo corpo? Paolo, il primo a parlarne circa 20 anni dopo, (nella 1ª Corinti), garantisce che é risorto. Lui ha avuto una visione diretta, ma in ogni caso il corpo di Gesú é vivente nel pane spezzato, nel calice condiviso e nella comunitá redenta, che é Corpo di Cristo: se c´é la condivisione fraterna! Se no, é una bestemmia. Marco racconta che le donne, di buon mattino, andarono al sepolcro e videro un angelo seduto davanti alla tomba che annunció loro: “É risorto, non é piú quí”. Poi aggiunge che apparve a Maria di Magdala in mattinata, ad altri due discepoli che camminavano per i campi, e a tutti i discepoli riuniti la sera. La narrazione di Matteo lo fa apparire alle donne per strada, di ritorno dal sepolcro: esse rimangono in ginocchio, abbracciate ai suoi piedi. Parecchi anni dopo Luca, nel suo vangelo, descrive dettagliatamente l´incontro di Gesú coi discepoli di Emmaus e dice che lo riconobbero solo allo spezzare del pane. Poi insiste: era vivo, in carne e ossa. É apparso ai discepoli in serata, li ha invitati a guardargli le ferite delle mani e dei piedi, ha mangiato un pesce alla griglia assieme a loro. Per togliere ogni dubbio: non é solo spirito.
Una decina di anni piú tardi, Giovanni aumenta la dose sottolineando che aveva invitato Tommaso a toccare le ferite dei chiodi....Segno che c´erano giá dei gruppi che non credevano all´umanitá di Gesú? E che Gesú di Nazaret fosse solo un corpo preso a prestito per dare una dimostrazione? Non si puó ragionare su queste cose. Bisogna credere e basta. Il fatto é che da allora nessuno lo ha piú visto fisicamente. Ma lo abbiamo visto tutti nei modi indicati da lui stesso nei discorsi: avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dissetato...I Concilii del quarto secolo hanno dichiarato che Gesú é una Persona sola con due nature, umana e divina. É vivo, quindi, anche nella sua umanitá, ma in un modo che noi non vediamo con gli occhi di carne. Noi, della sua natura umana, abbiamo esperienza solo con l´Eucaristia, con la comunitá e con l´umanita´. Il Vaticano II si é rifatto espressamente, nella liturgia, all´insegnamento paolino: “E quando riceviamo pane e vino, il suo Corpo e Sangue offerti, lo Spirito ci unisca in un solo corpo, per essere un unico popolo nel suo amore”.
“Obbedienti al Vangelo noi, Chiesa di Goiás, Popolo di Dio, vivendo il Regno di Dio, optiamo di essere una grande rete di Comunitá Ecclesiali di Base che uniscono fede e vita. Discepoli e discepole di Gesú Cristo, vogliamo costruire relazioni di solidarietá, giustizia e comunione, aperti alla diversitá. Convocati dal battesimo ad essere missionari e missionarie rinnoviamo, con tutte le persone escluse del campo e della cittá, l´evangelica opzione per i poveri, lottando con loro per l´urgente difesa ambientale e per la vita in pienezza. La compassione, la Parola, la pratica del Risorto animeranno la nostra camminata”.
Questo testo é la “opção fundamental” della Diocesi di Goiás: una specie di ícone consacrata dall´Assemblea Diocesana. Se la leggiamo confrontandola con la situazione reale é un bel sogno, una chimera assai lontana. Se la colleghiamo mentalmente all´immagine del Regno annunciato dal Gesú dei Vangeli, si puó trasformare in una bella preghiera per invocare la forza di fare almeno un piccolo passo in quella direzione. Per molti é soltanto una formula pastorale tecnica, ben condensata, piuttosto macchinosa! Perché siamo uomini di poca fede. In ogni caso ogni sua parola ha un peso e uno spessore perché é stata molto pensata, e qualcuno ci si sta spendendo da parecchio tempo. Che non sia mai una maschera o un alibi per fare tutt´altro!
Non é ancora arrivata al cuore delle persone che formano le nostre comunitá. Per questo, e per far conoscere il piano pastorale quinquennale deciso dall´Assemblea Diocesana del novembre scorso, abbiamo fatto una “cinque sere” di studio (16-20/04) con gli operatori di pastorali, comunitá di base e movimenti della parrocchia. Piú una mattinata (sabato 21) con le comunitá rurali. La partecipazione ha superato le attese: piú di 120 persone per ogni sera. L´incontro aveva come titolo: “Invitati a rinnovare il nostro cammino con Gesú”. Ha condotto Carmen Lúcia (a sinistra nella foto con Silvia), dirigente della Casa della Gioventú di Goiania (CAJU), sociologa, assessora della CNBB. Carmen ha iniziato dialogando sul “metodo”: ascoltare il “grido” della gente, identificare le necessitá vitali di oggi (delle persone, non del mondo genericamente), convocare per trovare e fare insieme le azioni che rispondono a quelle necessitá. “Non con una valigia di risposte pronte, ma con una valigia di domande” (cfr. Paulo Freire).
Carmen ha captato la simpatia e l´attenzione. L´incontro é piaciuto. Molti, in questo mondo e anche nella nostra Chiesa, si sforzano di non lasciarci pensare col nostro cervello, vivere la nostra vita con Cristo, camminare guidati dalla nostra spiritualitá di attenzione a Gesú e ascolto dello Spirito. Vogliono invece che viviamo la loro vita, a modo loro. E noi, spesso, stiamo al gioco e viviamo artificialmente. Forse diventiamo anche come loro, ripetendo l´errore col nostro prossimo. Carmen non é suora e non é una super, ma é di quelle che aiutano a vivere la proprio vita, come faceva Gesú.
Non illudiamoci pensando chissá che cosa: c´é molta strada da fare perché Cristo diventi facilmente riconoscibile in una Chiesa. Ma per un buon numero di parrocchiani tra i piú volonterosi é stata una settimana di ricarica spirituale, che ha suscitato gioia e stimolato sogni e speranze nella comunitá parrocchiale, che di fatto, tante volte nella vita quotidiana é cosí poco comunitá! E allora che il sogno del Regno sia il nostro sogno, come é stato quello di Gesú. Nella vita quotidiana, appunto. Nelle piccole cose che possiamo fare. É un assaggio dell´esperienza del Corpo di Cristo. La quotidianitá puó ancora spegnere questi fermenti di vita. Che fatica studiare un piano pastorale! Ho visto tanta gente, anche esperta in altri campi, rimanere confusa davanti alle parole. Sará necessario tutto questo consumo di cervello? Non esiste un modo piú diretto, aderente alla cultura locale e allettante studiare il Vangelo per viverlo e trasmetterlo? Forse esiste, ma per essere comunitá é indispensabile la fatica di pensare e pregare insieme.

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