2 aprile 2012

BUONA PASQUA A TUTTI !

Quando Gesú celebró la Cena coi suoi discepoli, lasció loro in ereditá un gesto che diceva tutto: “Io sono questo pane spezzato per gli altri; mangiatene un pezzetto. Il mio sangue, la morte che soffriró, é bevanda per le moltitudini. Bevete da questo calice. E fate questo anche voi, ogni volta, in memoria di me!” Da allora, la Pasqua é questo immenso “mistero della fede”!
20 anni dopo, Paolo dovette scrivere alla Comunitá di Corinto: “Ho sentito dire che alcuni di voi, quando fate le Assemblee, portano con sé una cena abbondante e si affrettano a mangiarla prima che arrivino gli altri. Cosí, mentre gli uni patiscono la fame, gli altri si ubriacano pure. In questo modo l´Assemblea vi é piú dannosa che utile. Perché non mangiate e bevete a casa vostra, se proprio non volete condividere? Che vergogna! É un comportamento indegno in un´Assemblea riunita per la Cena del Signore: e chi mangia il pane o beve al calice del Signore indegnamente, mangia e beve la propria condanna”.
60 anni dopo, Giovanni evangelista dovette ricordare alle sue comunitá: “Gesú, prima di mettersi a tavola, lavó i piedi ai suoi discepoli. A Pietro, che protestava, disse: “Se non ti posso lavare i piedi, non avrai parte con me”. E spiegó: “Vi ho lavato i piedi perché facciate cosí anche voi, sempre”. Meno di 300 anni dopo, con il riconoscimento del cristianesimo a religione ufficiale dell´Impero, la Cena fu celebrata in sontuose cattedrali. Quelli che la presiedevano furono insigniti di onorificenze e privilegi imperiali. Poi si formarono “cori”, per dare solennitá al canto ma far tacere la viva voce dei credenti. San Giovanni Crisostomo (Antiochia, 350) scrisse che il popolo assisteva ammirato e pieno di paura. Gesú fu posto sempre piú in alto, il popolo sempre piú in basso.
Poi il latino divenne lingua sacra, non píú parlata. Le letture bibliche divennero privilegio di pochi. Nel 1215, il Concilio, Lateranense IV, sigillando la fede nella Transustanziazione, stabilí l´Adorazione dell´Ostia. Il prete celebró di spalle e alzava l´Ostia all´elevazione al di sopra della sua testa con il richiamo dei campanelli: perché la gente guardasse e adorasse.
Il pane unico da spezzare, di cui nei primi tempi si diceva “come il frumento che é sparso per i campi é venuto a formare questo pane, cosí, Signore, riunisci il tuo popolo da tutte le parti in un´unica comunitá!”, diventó ostie prefabbricate, giá spezzate, di pane bianco azzimo, irriconoscibili. Poi compairvero le indulgenze, le messe votive e di suffragio per le anime, le messe basse moltiplicate dal bisogno delle elemosine. Infine il Concilio di Trento (1545-63) che bloccó gli abusi ma ingessó la messa con il messale stampato (1570).
1962-65 - Il Vaticano II, con la Sacrosantum Concilium, chiese un ritorno alle fonti. “Il Corpo di Gesú, la carne di Gesú, é molto piú la sua fragilitá umana che il suo innegabile essere divino e glorioso. É Gesú col piede ferito da una pietra, stanco, sudato, con fame e sete, sonno, coi nerivi a fior di pelle, ma ancora disposto a servire”. Nonostante il lungo percorso con le aggiunte che spesso lo nascondono piú che rivelarlo, é arrivato fino a noi. Non perdiamolo di vista.
Le informazioni storiche sono tratte dalle conversazioni radiofoniche di Padre José Luis Gonzaga do Prado, parroco di Nova Rezende (diocesi di Ribeirão Preto, SP, master in Teologia alla Gregoriana). Recentemente pubblicate in un libretto edito dalla Paulus.
Dalla lettura della Domenica delle Palme, Marco 14, 1-15,47 – vi passo questo commento al testo del teologo spagnolo José Antonio Pagola. (Viene pubblicato su un sito spagnolo settimanalmente).
Né il potere di Roma né le autoritá del tempio poterono sopportare la novitá di Gesú. Il suo modo di intendere e di vivere Dio era pericoloso. Non difendeva l´Impero di Tiberio; chiamava tutti a cercare il Regno di Dio e la sua giustizia. Non considerava importante spezzare le leggi del sabato e le tradizioni religiose; si preoccupava solo di alleviare i dolori delle persone inferme e denutrite della Galilea.
Ma questo non glielo perdonarono. Egli si identificava troppo con le vittime innocenti dell´Impero e con i dimenticati dalla religione del tempio. Esecutato senza pietá su una croce, in lui Dio si rivela a noi sempre identificato con tutte le vittime innocenti della storia. Assieme al grido di tutti, essi si uniscono ora al grido di dolore di Dio.
In questo volto sfigurato del Crocefisso si rivela a noi un Dio sorprendente, che rompe le nostre immagini convenzionali di Dio e mette in discussione ogni pratica religiosa che tenti di offrire un culto a Dio dimenticando il dramma del mondo in cui si continua a crocifiggere i piú fragili e indifesi. Se Dio fu ucciso identificato con le vittime, la sua crocifissione si trasforma in una sfida inquietante per i seguaci di Gesú. Non possiamo separare Dio dalla sofferenza degli innocenti. Non possiamo adorare il Crocifisso e vivere voltando le spalle alla sofferenza di tanti esseri umani distrutti dalla fame, dalle guerre e dalla miseria.
Dio continua ad interpellarci da tutti i crocifissi del nostro tempo. Non possiamo continuare a vivere da spettatori di questa sofferenza cosí grande, alimentando la nostra ingenua illusione di innocenza. Dobbiamo manifestare contro questa cultura della dimenticanza che ci permette di isolarci dai crocifissi traslocando la sofferenza ingiusta che esiste nel mondo ad una distanza tale da far scomparire il clamore, il gemito e il pianto.
Non possiamo chiuderci nella nostra societá del benessere, ignorando quest´altra societá del malessere nella quale migliaia di persone nascono solo per estinguersi dopo pochi anni di una vita che fu solo morte. Non é umano né cristiano installarci nella sicurezza dimenticando quelli che conoscono soltanto una vita insicura e continuamente minacciata.
Quando i cristiani rivolsero gli occhi fino al volto del Crocifisso, essi contemplarono l´amore immenso di Dio che si consegnó fino alla morte per la nostra salvezza. Se ci soffermeremo a guardare con piú attenzione, presto scopriremo il volto di molti crocifissi che, lontano o vicino a noi, stanno reclamando il nostro amore di solidarietá e compassione.

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