Foto: 1) mandorle di barú. 2) Compleanno di Severino.
Oggi abbiamo fatto il pranzo festivo per il compleanno di Padre Severino: presenti le suore e il prete che sostituirá don Eligio. La successione é ancora segreta, ma come al solito lo sanno tutti.
Dom Eugenio Rixen, vescovo di Goiás, é stato nominato amministratore apostolico della prelatura di São Felix do Araguaia il 21 settembre scorso, com decreto firmato dal papa. La prelatura era rimasta vacante perché il vescovo precendente don Leonardo Ulrich Steiner, eletto segretario nazionale della Conferenza Episcopale, per potersi dedicare a questa funzione si é dimesso ed é stato nominato ausiliare dell´arcidiocesi di Brasilia. La nomina di dom Eugenio é provvisoria, in attesa che sia pronto un altro vescovo per São Felix. Ci ha dato la notizia lui stesso. La distanza tra Goiás e São Felix é notevole, e lui ha intenzione di fare la spola in auto perché questi voli verso l´interno sono dei taxi aerei carissimi. Affronterá una fatica non da poco. In compenso puó sentirsi orgoglioso di avere conquistato la fiducia del nunzio apostolico Mons. Lorenzo Baldisseri.
Questa é la routine delle nomine. San Felix appartiene alla categoria delle successioni difficili, come lo furono l´arcidiocesi di Recife e la diocesi di Goiás. Sono quelle in cui i vescovi erano fondatori di una Chiesa laicale, dei poveri, biblica ed ecumenica. Il vescovo emerito dom Pedro Casaldáliga abita ancora lá. Il nunzio ha come obiettivo attutire i conflitti tra diverse spiritualitá e modi di essere Chiesa. A Recife il nunzio soffrí una sconfitta amara, nominando dom José Cardoso che esacerbó lo scontro. A Goiás con la nomina di dom Eugenio, e a San Felix con quella di dom Leonardo, il suo fiuto lo ha premiato. Ora, allontanandosi dom Leonardo, lo sostituisce con dom Eugenio in attesa di trovare un candidato adeguato alla situazione.
Oggi questa Chiesa ha due anime. Fede nello stesso Dio, quello rivelato da Gesú Cristo, ma due modi diversi di intenderlo. Due percorsi diversi. Il nostro vescovo si manifesta piú affezionato al cammino delle comunitá ecclesiali di base, e i suoi trascorsi prima di essere vescovo lo confermano. Tuttavia ha scelto la strada di promuovere il piú possibile la convivenza fraterna. Penso che sia la strada giusta, e che sia anche l´unica scelta possibile nelle circostanze attuali.
Ad esempio, in marzo abbiamo fatto tre giorni di esercizi spirituali dei preti e laici assieme, e come predicatore é stato chiamato Padre Carlos Mesters, famoso biblista radicalmente fedele alla comunitá ecclesiali di base, di cui si puó dire che é uno dei primi promotori. La settimana scorsa abbiamo avuto i tre giorni di esercizi spirituali solo per il clero, e il predicatore invitato é stato Dom Messias vescovo di Uruaçú, una diocesi confinante: un vescovo tradizionale, con fama di conservatore.
Non ha fatto male. Conoscersi e confrontarsi ci fa scoprire ció che abbiamo in comune e le differenze. Non é necessario essere d´accordo in tutto, ma nemmeno scomunicarsi reciprocamente. Dom Messias ha di bello che é molto in sintonia con la religiositá popolare cattolica di Goiás, che assomiglia a quella che avevano le nostre famiglie di campagna fino a cinquanta anni fa. Sappiamo peró che il vangelo va oltre, Gesú non era prete e insegnava che le regole devono essere osservate a puntino, ma prima viene la volontá del Padre che é nei cieli: l´amore, il Regno di Dio. Non i formalismi di un clero. Gesú curava in giorno di sabato, scacciava i venditori dal tempio, perdonava l´adultera, creava problemi e conflitti.
Ho scritto queste cose altre volte. Le diverse anime dovranno convivere per molto tempo. L´anima devozionale é prevalente di gran lunga, tra i fedeli cattolici piú ancora che nel clero. É una linea piena di contraddizioni. Tuttavia nessuno si inquadra mai completamente negli schemi teorici che abbiamo in testa. Nelle comunitá ecclesiali di base c´é chi tende a disprezzare la religiositá popolare come cosa ultrapassata e pagana, mentre Gesú era vicino alle persone di fede. Gesú stimolava a non fermarsi alle devozioni e tradizioni religiose, ma sottolineava e valorizzava la fede. Gli apostoli che chiamó erano imbevuti di fede e religiositá giudaica.
Durante gli esercizi mi sono goduto i frutti di una pianta di barú che si trova nel bel mezzo dell´area del monastero di Goiás. Leggete su wikipedia le qualitá di questa mandorla che ha delle virtú eccezionali. É una delle piante che fruttificano nel periodo piú caldo e piú secco dell´anno. É la vita nel piú aspro deserto. Un ricercatore francese, che faceva un´inchiesta sulla fame nel sertão nordestino durante una siccitá durata diversi anni, trovó una unica famiglia i cui bambini non erano denutriti. Avevano accanto a casa diverse piante di barú e si alimentavano di quei frutti. Una parabola della vita: spesso le cose migliori maturano in mezzo alle peggiori difficoltá. (Cliccare sulla foto per ingrandire).
Il Vescovo dom Messias mi ha passato una lettera di una Agenzia che fu utilizzata da Gesú Cristo per la scelta vocazionale dei dodici apostoli. Ve la traduco e ve la passo.
“Stimato Sr. Gesú figlio di Giuseppe – Impresa di carpenteria Nazaret.
Noi, dell´Agenzia di Assunzioni Giordano, veniamo a ringraziarla per averci inviato il curriculum dei dodici uomini che ha scelto come leaders nella sua organizzazione. Tutti sono stati sottomessi a una serie di test e i risultati sono giá registrati nei nostri computers.
I nostri psicologi e orientatori li hanno intervistati uno ad uno. Seguono in allegato i risultati dei tests. V.S. dovrá studiarli attentamente uno ad uno.
La nostra opinione é che la maggior parte dei suoi candidati non possiede l´esperienza, la formazione intellettuale né l´attitudine professionale richiesto dal suo tipo di impresa. Manca loro, ad esempio, la nozione di lavoro in equipe. Raccomandiamo V.S. di continuare la ricerca di persone con esperienza il lideranza e che abbiamo comprovate capacitá.
Simone Pietro é instabile emozionalmente e solito ad eccessi di cattivo umore. Andrea é assolutamente privo di abilitá direttive. I due fratelli, Giacomo e Giovanni, figli del Sr. Zebedeo, mettono gli interessi personali al di sopra della lealtá all´impresa. Tommaso si dimostra incline a mettere tutto in discussione e questo tenderebbe a provocare scoraggiamento generale.
Ci sentiamo in obbligo di informarla che Matteo é stato iscritto alla lista nera di protezione al credito della Grande Gerusalemme. Giacomo figlio del sr. Alfeo e Taddeo hanno ambedue tendenze pericolosamente radicali, e raggiungono alti indici nella scala dei maniaci depressivi.
Uno dei candidati, tuttavia, mostra un enorme potenziale. É un uomo di capacitá e molto dotato, sa trattare con le persone, ha una perspicacia non comune negli affari, oltre a possedere importanti contatti negli ambienti che contano. É assai motivato, ambizioso e responsabile. Raccomandiamo Giuda Iscariote come gerente e suo braccio destro.
Con tanti auguri di successo, la salutiamo cordialmente.
26 settembre 2011
17 settembre 2011
ORA RIMANIAMO IN DUE
Foto: il pranzo di saluto a don Eligio nella casa parrocchiale di Itaberai.
Nel 2004, in occasione dei 40 anni della missione modenese in Brasile, ne raccontai la storia in quattro o cinque puntate, con una serie di articoli che fu pubblicata sul settimanale diocesano di Modena. Chi non la conosce la cerchi lá, se lo desidera. Oggi voglio solo registrare (non comunicare, perché lo sanno giá tutti) che stamattina, sabato 17 settembre 2011, con un aereo della TAP, don Eligio Silvestri parte per l´Itaslia. Ha il biglietto di andatas e ritorno, e non ha definito che il suo rientro in Italia sia definitivo, ma credo che lo abbia fatto per non sottomettersi una sequela interminabile di celebrazioni di commiato, che non gli piacciono. Volevamo organizzare una messa solenne come segno di affetto di tutta la parrocchia e lui ha chiesto di non farlo. Per l´etá e le condizioni di salute ho l´impressione che le sue intenzioni siano di restare lí. Se ne va un altro del gruppo modenese a Goiás, e sicuramente il piú significativo per personalitá e passione missionaria.
A Modena questo gemellaggio con Goiás fu un movimento. Ora rimaniamo in due, don Maurizio ostinato ed io recidivo. Siamo il resto d´Israele! Questa iniziativa nata dalla Fidei Donum sembra arrivata al tramonto quando mancano 3 anni al cinquantesimo anniversario.
Quando terminerá non sará una tragedia. Nessuno ha mai detto che questo tipo di collaborazione diretta tra due Chiese Particolari dovesse durare per sempre. É stata concepita come un aiuto temporaneo per sopperire alla mancanza di clero. Ora la Diocesi di Goiás ha il suo clero. Lo scopo a breve termine é stato raggiunto. La motivazione piú profonda della missione, quella che secondo il Papa che ha scritto la Fidei Donum é un elemento costitutivo della Chiesa stessa, é la comunione e solidarietá fra le Chiese locali. Esso dovrá e potrá continuare, ed é giá in atto, in diverse missioni verso altre aree del mondo e in modi diversi.
Nel mondo di oggi si é diffuso un notevole discredito, o quantomeno diffidenza, nei confronti delle missioni. Il clima é assai diverso da quello degli anni sessanta, quando la missione Fidei Donum cominció. Partimmo spinti da un´onda emotiva che contagiava tutta la societá e che sentiva le missioni come un atto d´amore. Il nostro pensiero era forse un pó ingenuo, ma semplice: Gesú, Figlio di Dio é sceso dal cielo e si é donato all´umanitá come pane spezzato per dare a tutti la vita piena. Noi, che amiamo questo suo progetto di salvezza, siamo chiamati ad offrirci a lui per continuarlo. Pure io, quando partii nel 67, pensavo solo questo. La missione era una conseguenza della fede. Credo che questo pensiero rimanga ancora valido, e sia incrollabile, perché é ció che ha fatto Gesú e che tutti gli scritti del Nuovo Testamento affermano con forza.
Poco alla volta ci hanno fatto scoprire ideologie conscie o inconscie che, nel passato e talvolta anche nel presenta, minano questo concetto di missione. La “modernitá” guarda alle missioni usando come unico criterio una visione illuminista, e noi siamo tutti un poco illuministi. É un criterio che ci sottopone all´analisi dell´eurocentrismo, neocolonialismo, violazione delle culture e dei modi di vivere, strumentalizzazione della fede per imporre in modo suadente il modello unico di societá. Sono critiche non prive di fondamento e corroborate dalla storia del vecchio colonialismo che sottomise molti popoli con la spada e la croce. Sono convinto che queste analisi abbiano un fondamento, e che sia doveroso dialogare con il mondo moderno per liberarse completamente la Chiesa e le sue missioni da simili piaghe. Non possiamo rinunciare, tuttavia, alla ragione profonda delle missioni che sono un elemento fondamentale della fede in Gesú Cristo.
Del resto, di tutto ció abbiamo giá preso coscienza da molto tempo. Il Consiglio Indigenista Missionario (CIMI) del Brasile e la teologia della liberazione ne hanno tenuto conto fin dagli anni sessanta, cercando in tutti i modi di essere al servizio dei popoli e non del sistema economico capitalista. Noi avevamo un principio che consideravamo assoluto: la missione é per aiutare ognuno a scoprire, attaverso l´incontro con Gesú Cristo, sé stesso e diventare soggetto della propria vita e della propria storia. E dal punto di vista storico, anche i piú illuministi dovrebbero fare attenzione alla presenza di questa forte ispirazione evangelica nella stessa vicenda delle conquiste coloniali. I gesuiti, i domenicani, e altre congregazioni religiose, ad esempio, non si adeguarono mai alla catechizzazione forzata degli indios, fino a divenire i piú strenui difensori dei loro diritti e dignitá. Dietro di loro c´era la societá cristiana dell´Europa che faceva di ogni erba un fascio considerando la diffusione del cristianesimo come un corollario e un buon pretesto: convertire e civilizzare per conquistare e sottomettere. Ma quei missionari non la pensavano cosí: si sentivano portatori di Cristo e di vita e dignitá umana. Naturalmente i vescovi spagnoli e portoghesi lavoravano su una linea diversa.
Mi fermo qui. A scrivere questi appunti dopo aver letto i giornali italiani sembra di vivere sulle nuvole. Ma l´Italia di oggi é un caso a parte.
Nel 2004, in occasione dei 40 anni della missione modenese in Brasile, ne raccontai la storia in quattro o cinque puntate, con una serie di articoli che fu pubblicata sul settimanale diocesano di Modena. Chi non la conosce la cerchi lá, se lo desidera. Oggi voglio solo registrare (non comunicare, perché lo sanno giá tutti) che stamattina, sabato 17 settembre 2011, con un aereo della TAP, don Eligio Silvestri parte per l´Itaslia. Ha il biglietto di andatas e ritorno, e non ha definito che il suo rientro in Italia sia definitivo, ma credo che lo abbia fatto per non sottomettersi una sequela interminabile di celebrazioni di commiato, che non gli piacciono. Volevamo organizzare una messa solenne come segno di affetto di tutta la parrocchia e lui ha chiesto di non farlo. Per l´etá e le condizioni di salute ho l´impressione che le sue intenzioni siano di restare lí. Se ne va un altro del gruppo modenese a Goiás, e sicuramente il piú significativo per personalitá e passione missionaria.
A Modena questo gemellaggio con Goiás fu un movimento. Ora rimaniamo in due, don Maurizio ostinato ed io recidivo. Siamo il resto d´Israele! Questa iniziativa nata dalla Fidei Donum sembra arrivata al tramonto quando mancano 3 anni al cinquantesimo anniversario.
Quando terminerá non sará una tragedia. Nessuno ha mai detto che questo tipo di collaborazione diretta tra due Chiese Particolari dovesse durare per sempre. É stata concepita come un aiuto temporaneo per sopperire alla mancanza di clero. Ora la Diocesi di Goiás ha il suo clero. Lo scopo a breve termine é stato raggiunto. La motivazione piú profonda della missione, quella che secondo il Papa che ha scritto la Fidei Donum é un elemento costitutivo della Chiesa stessa, é la comunione e solidarietá fra le Chiese locali. Esso dovrá e potrá continuare, ed é giá in atto, in diverse missioni verso altre aree del mondo e in modi diversi.
Nel mondo di oggi si é diffuso un notevole discredito, o quantomeno diffidenza, nei confronti delle missioni. Il clima é assai diverso da quello degli anni sessanta, quando la missione Fidei Donum cominció. Partimmo spinti da un´onda emotiva che contagiava tutta la societá e che sentiva le missioni come un atto d´amore. Il nostro pensiero era forse un pó ingenuo, ma semplice: Gesú, Figlio di Dio é sceso dal cielo e si é donato all´umanitá come pane spezzato per dare a tutti la vita piena. Noi, che amiamo questo suo progetto di salvezza, siamo chiamati ad offrirci a lui per continuarlo. Pure io, quando partii nel 67, pensavo solo questo. La missione era una conseguenza della fede. Credo che questo pensiero rimanga ancora valido, e sia incrollabile, perché é ció che ha fatto Gesú e che tutti gli scritti del Nuovo Testamento affermano con forza.
Poco alla volta ci hanno fatto scoprire ideologie conscie o inconscie che, nel passato e talvolta anche nel presenta, minano questo concetto di missione. La “modernitá” guarda alle missioni usando come unico criterio una visione illuminista, e noi siamo tutti un poco illuministi. É un criterio che ci sottopone all´analisi dell´eurocentrismo, neocolonialismo, violazione delle culture e dei modi di vivere, strumentalizzazione della fede per imporre in modo suadente il modello unico di societá. Sono critiche non prive di fondamento e corroborate dalla storia del vecchio colonialismo che sottomise molti popoli con la spada e la croce. Sono convinto che queste analisi abbiano un fondamento, e che sia doveroso dialogare con il mondo moderno per liberarse completamente la Chiesa e le sue missioni da simili piaghe. Non possiamo rinunciare, tuttavia, alla ragione profonda delle missioni che sono un elemento fondamentale della fede in Gesú Cristo.
Del resto, di tutto ció abbiamo giá preso coscienza da molto tempo. Il Consiglio Indigenista Missionario (CIMI) del Brasile e la teologia della liberazione ne hanno tenuto conto fin dagli anni sessanta, cercando in tutti i modi di essere al servizio dei popoli e non del sistema economico capitalista. Noi avevamo un principio che consideravamo assoluto: la missione é per aiutare ognuno a scoprire, attaverso l´incontro con Gesú Cristo, sé stesso e diventare soggetto della propria vita e della propria storia. E dal punto di vista storico, anche i piú illuministi dovrebbero fare attenzione alla presenza di questa forte ispirazione evangelica nella stessa vicenda delle conquiste coloniali. I gesuiti, i domenicani, e altre congregazioni religiose, ad esempio, non si adeguarono mai alla catechizzazione forzata degli indios, fino a divenire i piú strenui difensori dei loro diritti e dignitá. Dietro di loro c´era la societá cristiana dell´Europa che faceva di ogni erba un fascio considerando la diffusione del cristianesimo come un corollario e un buon pretesto: convertire e civilizzare per conquistare e sottomettere. Ma quei missionari non la pensavano cosí: si sentivano portatori di Cristo e di vita e dignitá umana. Naturalmente i vescovi spagnoli e portoghesi lavoravano su una linea diversa.
Mi fermo qui. A scrivere questi appunti dopo aver letto i giornali italiani sembra di vivere sulle nuvole. Ma l´Italia di oggi é un caso a parte.
11 settembre 2011
RITORNO ALLA ROUTINE
“La voce di Javhé sulle acque, il Dio della gloria tuona, Javhé sulle acque torrenziali. La voce di Javhé con potere, la voce di Javhé nello splendore! La voce di Javhé spezza i cedri, Javhé spezza i cedri del Libano, fa saltellare il Libano come un vitello e il Sarion come un figlio di bufalo”. Salmo 29.
Quando ritorno dall´Italia, accade quasi sempre che mi ritrovo in mezzo al fiume in piena delle attivitá e preoccupazioni quotidiane di queste comunitá di Goias, e mi tuffo. Non c´é modo di sfuggire. La corrente mi travolge. Sono venuto qui con l´aspettativa di trovare il processo in corso di preparazione dell´Assemblea Diocesana in totale confusione e piantato nella melma delle contraddizioni. Che di fatto sono tante. Tuttavia gli operatori pastorali, preti, laici e suore, non hanno desistito davanti alle difficoltá e sono andati avanti. Navighiamo contro corrente verso un rinnovamento delle scelte diocesane per i prossimi 4 o 5 anni, scelte che vogliamo a tutti i costi fedeli al Concilio Vaticano II e coerenti nel cammino di discepoli di Gesú. Sono scelte ignorate dai mídia e, sostanzialmente, anche dall´opinione pubblica. Ma si vede che nel mese di agosto la voce di Dio ha tuonato forte nella nostra diocesi, e sono stati fatti lunghi passi che fanno bene sperare, pur con tutti i limiti. Questa settimana abbiamo fatto un incontro degli operatori pastorali della parrocchia di Itaberaí (giovedí scorso), poi l´assemblea regionale delle 7 parrocchie della Regione Urú (sabato), e ho visto una regione pastorale molto impegnata e consapevole. Non mancano le critiche e la visione delle incongruenze e incoerenze, ma la volontá c´é.
D´altra parte ci sono dei fatti, perché la vita continua. Abbiamo la partenza di don Eligio, che ci tocca piú da vicino. Ha comprato il biglietto di andata e ritorno, partirá sabato prossimo 17 settembre e ritornerá, se ritornerá, in dicembre. A noi mancherá molto, perché nonostante i problemi di salute non si é mai fermato completamente e il suo aiuto non é mai cosa da poco. Ma in vista del calvario di visite mediche, esami e dolori che deve sopportare, é una decisione piú che comprensibile. Ha bisogno almeno di una pausa per misurare meglio le proprie condizioni e, possibilmente, migliorarle. Poi diciamo che, trattandosi di don Eligio, non si puó fare altro che lasciare la decisione a lui.
Ho giá incontrato quasi una decina di comunitá rurali e di periferia, dopo il mio ritorno. Con la messa o con la preghiera delle ore e la lettura biblica. Non ho ancora celebrato nelle chiese del centro: con queste avró le messe di questa domenica. É sempre molto gratificante celebrare e parlare con queste comunitá dopo un periodo nelle parrocchie italiane, perché quí il rapporto é assai meno formale. Non é che quí tutto ció che sogniamo di piccole comunitá specchio del Vangelo sia realizzato pienamente, ma almeno se ne sente un poco il sapore: comunitá che non hanno bisogno di un tempio, perché sono esse stesse il tempio in cui si fa presente Gesú Cristo. Comunitá missionarie senza enfasi e senza proselitismo, con la testimonianza vissuta in totale semplicitá e naturalezza. La messa attorno a un tavolino, spesso con il cane di famiglia sdraiato sotto il tavolo, e la gente attorno attenta e come assetata di fede e speranza evangelica. Il Corpo di Cristo é sulla mensa, é nella lettura della Parola, nella preghiera eucaristica, ma é anche nella comunitá stessa. E il Corpo di Cristo é in ogni fratello uomo o donna abitante della regione e in tutto il mondo.
Quando ritorno dall´Italia, accade quasi sempre che mi ritrovo in mezzo al fiume in piena delle attivitá e preoccupazioni quotidiane di queste comunitá di Goias, e mi tuffo. Non c´é modo di sfuggire. La corrente mi travolge. Sono venuto qui con l´aspettativa di trovare il processo in corso di preparazione dell´Assemblea Diocesana in totale confusione e piantato nella melma delle contraddizioni. Che di fatto sono tante. Tuttavia gli operatori pastorali, preti, laici e suore, non hanno desistito davanti alle difficoltá e sono andati avanti. Navighiamo contro corrente verso un rinnovamento delle scelte diocesane per i prossimi 4 o 5 anni, scelte che vogliamo a tutti i costi fedeli al Concilio Vaticano II e coerenti nel cammino di discepoli di Gesú. Sono scelte ignorate dai mídia e, sostanzialmente, anche dall´opinione pubblica. Ma si vede che nel mese di agosto la voce di Dio ha tuonato forte nella nostra diocesi, e sono stati fatti lunghi passi che fanno bene sperare, pur con tutti i limiti. Questa settimana abbiamo fatto un incontro degli operatori pastorali della parrocchia di Itaberaí (giovedí scorso), poi l´assemblea regionale delle 7 parrocchie della Regione Urú (sabato), e ho visto una regione pastorale molto impegnata e consapevole. Non mancano le critiche e la visione delle incongruenze e incoerenze, ma la volontá c´é.
D´altra parte ci sono dei fatti, perché la vita continua. Abbiamo la partenza di don Eligio, che ci tocca piú da vicino. Ha comprato il biglietto di andata e ritorno, partirá sabato prossimo 17 settembre e ritornerá, se ritornerá, in dicembre. A noi mancherá molto, perché nonostante i problemi di salute non si é mai fermato completamente e il suo aiuto non é mai cosa da poco. Ma in vista del calvario di visite mediche, esami e dolori che deve sopportare, é una decisione piú che comprensibile. Ha bisogno almeno di una pausa per misurare meglio le proprie condizioni e, possibilmente, migliorarle. Poi diciamo che, trattandosi di don Eligio, non si puó fare altro che lasciare la decisione a lui.
Ho giá incontrato quasi una decina di comunitá rurali e di periferia, dopo il mio ritorno. Con la messa o con la preghiera delle ore e la lettura biblica. Non ho ancora celebrato nelle chiese del centro: con queste avró le messe di questa domenica. É sempre molto gratificante celebrare e parlare con queste comunitá dopo un periodo nelle parrocchie italiane, perché quí il rapporto é assai meno formale. Non é che quí tutto ció che sogniamo di piccole comunitá specchio del Vangelo sia realizzato pienamente, ma almeno se ne sente un poco il sapore: comunitá che non hanno bisogno di un tempio, perché sono esse stesse il tempio in cui si fa presente Gesú Cristo. Comunitá missionarie senza enfasi e senza proselitismo, con la testimonianza vissuta in totale semplicitá e naturalezza. La messa attorno a un tavolino, spesso con il cane di famiglia sdraiato sotto il tavolo, e la gente attorno attenta e come assetata di fede e speranza evangelica. Il Corpo di Cristo é sulla mensa, é nella lettura della Parola, nella preghiera eucaristica, ma é anche nella comunitá stessa. E il Corpo di Cristo é in ogni fratello uomo o donna abitante della regione e in tutto il mondo.
1 settembre 2011
VIAGGIO E RITORNO
Foto: avventure in Italia. 1) Quando sto per sorpassare una ferrari. 2) Quando sono ai piedi del Sella ma non ho tempo per scalare la cima. 3) Alessia, figlia di mio nipote.
Da ieri sono di nuovo ad Itaberaí. Scrivo queste poche righe per salutare quelli che non ho potuto salutare quando ero a Serramazzoni.
Ho fatto un viaggio tranquillo da Bologna a Roma, e poi da Roma a Guarulhos (San Paulo) con l´Alitalia. Puntualissima. Non c´era molta gente in giro, gli aerei erano pieni ma non stretti come scatole di sardine. Sono arrivato a San Paolo alle 5 del mattino ora locale, sotto la pioggia, con 18 gradi di temperatura.
A San Paolo, l´aereo della Tam che doveva portarmi a Goiania per le 9 e mezza ha ritardato due ore per un guasto al registratore di volo. Severino ed Eligio, che erano andati affettuosamente a ricevermi all´aeroporto, hanno dovuto aspettare. Quí in Goiás la musica é diversa: non piove e il clima é caldo e secco. Di notte la temperatura si aggira sui 20 gradi, ma di giorno si va a 32 o 33 gradi. Nel pomeriggio sembra di essere su un braciere, perché di umiditá non ce n´é proprio.
Il viaggio in Italia mi ha lasciato, complessivamente, buone impressioni. Forse perché ho passato molte ore in compagnia di amici e ho parlato con molta gente. Certo, il momento é difficile. C´é disorientamento, litigiositá, paura, soprattutto per l´impressionante scarsitá di dirigenti dotati di rispetto della moralitá e legalitá e impegno per il bene comune. Inutile commentare, tutti sanno. C´é anche tanta gente che cerca il bene, e ha bisogno di mantenere viva la speranza: forse é sempre piú il tempo di attaccarsi alle promesse di Dio e credere che ci sia un resto, forse una diaspora, che un giorno fará rialzare le sorti del popolo di Dio.
Come annunciava Geremia in questo brano che si legge nell´ufficio delle letture di oggi (Geremia 30,18 - 31,9):
Così dice il Signore:
«Ecco restaurerò la sorte delle tende di Giacobbe
e avrò compassione delle sue dimore.
La città sarà ricostruita sulle rovine
e il palazzo sorgerà di nuovo al suo posto.
19 Ne usciranno inni di lode, voci di gente festante.
Li moltiplicherò e non diminuiranno,
li onorerò e non saranno disprezzati,
i loro figli saranno come una volta,
la loro assemblea sarà stabile dinanzi a me;
mentre punirò tutti i loro avversari.
Il loro capo sarà uno di essi
e da essi uscirà il loro comandante;
io lo farò avvicinare ed egli si accosterà a me.
Poiché chi è colui che arrischia la vita
per avvicinarsi a me?
Oracolo del Signore.
Voi sarete il mio popolo
e io il vostro Dio.
Ecco la tempesta del Signore, il suo furore si scatena,
una tempesta travolgente;
si abbatte sul capo dei malvagi.
Non cesserà l'ira ardente del Signore,
finché non abbia compiuto e attuato
i progetti del suo cuore.
Alla fine dei giorni lo comprenderete!
In quel tempo - oracolo del Signore -
io sarò Dio per tutte le tribù di Israele
ed esse saranno il mio popolo».
Così dice il Signore:
«Ha trovato grazia nel deserto un popolo di scampati alla spada;
Israele si avvia a una quieta dimora».
Da lontano gli è apparso il Signore:
«Ti ho amato di amore eterno,
per questo ti conservo ancora pietà.
Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata,
vergine di Israele.
Di nuovo ti ornerai dei tuoi tamburi
e uscirai fra la danza dei festanti.
Di nuovo pianterai vigne sulle colline di Samaria;
i piantatori, dopo aver piantato, raccoglieranno.
Verrà il giorno in cui grideranno le vedette
sulle montagne di Efraim:
Su, saliamo a Sion, andiamo dal Signore nostro Dio».
Poiché dice il Signore:
«Innalzate canti di gioia per Giacobbe,
esultate per la prima delle nazioni,
fate udire la vostra lode e dite:
Il Signore ha salvato il suo popolo, un resto di Israele».
Ecco, li riconduco dal paese del settentrione
e li raduno dall'estremità della terra;
fra di essi sono il cieco e lo zoppo,
la donna incinta e la partoriente;
ritorneranno qui in gran folla.
Essi erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni;
li condurrò a fiumi d'acqua
per una strada dritta in cui non inciamperanno;
perché io sono un padre per Israele,
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