19 maggio 2011

POVERTÁ EVANGELICA

Ci sono state notti splendide di luna piena, aria fredda e abbondante rugiada: e questo é un fatto che mi fa sempre piacere, anche se non ha la minima importanza per la storia. Poi ci sono state elezioni amministrative in Italia con risultati interessanti, che potrebbero lasciare qualche conseguenza se gli italiani ne sapranno approfittare.

La diocesi di Goiás ci ha inviato una relazione dettagliata del percorso fatto fin´ora in preparazione all´Assemblea Diocesana. L´autore/autrice é una sociologa competente: Carmen, la responsabile della Casa della Gioventú (CAJU) di Goiania. Al vescovo, alla diocesi e a Carmen che ha fatto un buon lavoro, spetta un doveroso e meritato riconoscimento per avere osato l´iniziativa di ascoltare la gente. Non succede tutti i giorni. Di solito i fedeli, in materia ecclesiastica ed ecclesiale, lasciano fare ai preti e ad alcuni laici addetti ai lavori.

"Mia madre é a letto, passiamo la maggior parte del tempo a lavorare, mio figlio é via, quando viene a casa ruba tutto". "Mi sento male perché sono solo, per questo resto in giro per strada; la solitudine é dura". "Sono sola, ho i miei nipoti, non sto a casa dei miei figli perché non ricevo attenzione". "Il mio ambiente familiare é spesso agitato, mio marito é alcoolatra". "Ho visto la persecuzione contro i preti, l´elite che era contro la Chiesa, oggi la Chiesa si trucca per contornare la situazione". "Mio fratello é in prigione e ho avuto paura quando la prigione ha preso fuoco". "Mi sento stanco, sono disoccupato, rimango isolato". "I miei figli vivono in cittá per studiare, io sono sola in campagna". “Vedo la mia famiglia stanca di tanto lavorare, mio marito é malato, ha poca salute, mi sento isolata dal mio handicap". "Ho dei figlia da tirare su, non ho casa, vivo in affitto, lavoro oggi per mangiare domani, non ho studi, ricevo vestiti in donazione, é difficile il lavoro come tagliatore di canna".

Queste sono alcune delle situazioni emerse nelle conversazioni. Chi vive fra la gente sa quanti santi e sante si spendono per gli altri ogni giorno, con amore e dedizione, in simili situazioni, e anche assai peggiori, di malattia e miseria umana da brivido. Di solito le persone superano dolori e fatiche piú grandi di loro, e solo per amore: amano e soffrono, pensano di non farcela, ma ogni volta che si guardano indietro constatano, con piacere e orgoglio, che ce l´hanno fatta. Non hanno banche a disposizione né amici ricchi a pagare le loro spese e coprire i loro debiti. Non hanno medici che fanno a gara per soccorrerli. Puó darsi che la "santitá" battesse le ali al funerale del Papa Beato, ma di sicuro é presente in abbondanza in mezzo ai comuni mortali anonimi nella lista dei santi: perché la santitá é cosa di Dio, e Dio é amore.

L´opzione fondamentale della Diocesi é la risposta perfetta a queste situazioni: la Chiesa sceglie di essere samaritana e dedicarsi piú ai feriti ed esclusi ai bordi della strada che a sé stessa e al proprio culto. Purtroppo é questo che abbiamo scritto sui posters appesi in tutte le chiese e sale parrocchiali, ma non é questo che facciamo prevalentemente. E non é questo che vogliono nemmeno, prevalentemente, i nostri “fedeli”, come risulta da questo commento di un operatore pastorale laico: “La diocesi di Goiás ultimamente é migliorata, in passato sembrava volersi occupare solo dei poveri!”. “Una volta – srive dom Tomás – la Chiesa non discuteva con i senza terra; li aiutava a rivendicare la terra, e basta”. Oggi il vento ha cambiato direzione.

Non desta sorpresa che nella relazione di Carmen, che ha raccolto le risposte della “coordinazione diocesana ai clamori e racconti delle riunioni di ascolto, appaia in primo piano la necessitá di comunicare meglio l´opzione fondamentale della diocesi. Si constata che i mass media comunicano un altro modello di Chiesa e di religiositá. "La midia – dice il testo - é al servizio del sistema neoliberale, del suo rafforzamento e diffusione. Genera confusione anche dentro alla Chiesa, condiziona i comportamenti della gente, rafforza un tipo di Chiesa contrario alla nostra opzione diocesana e provoca un rovesciamento di valori della famiglia, formando una cultura di morte". Di fronte a tutto ció "siamo sfidati a sviluppare mezzi di comunicazione alternativi che favoriscano la coscienza critica della gente - uno di questi mezzi puó essere la produzione di materiale audio-visuale proprio per mezzo di una equipe diocesana di comunicazione".

Figuriamoci: come produrre materiale proprio restando fedeli alla nostra opzione fondamentale? Per competere con il mondo moderno delle comunicazioni sono necessarie apparecchiature costose e competenze. Come camminare "a piedi scalzi" nel mondo delle moderne telecomunicazioni, alla maniera di Gesú in Galilea? Eppure bisogna credere alle soluzioni alternative, se si vuole cambiare qualcosa. In altri tempi contrastammo la stampa della dittatura e delle multinazionali con i ciclostili a inchiostro, e nacque un movimento che ha cambiato il paese.

“Confusione anche dentro alla Chiesa” – dice il testo della Carmen. I cattolici, in Brasile, hanno cinque o sei canali televisivi, ma tutti impegnati, quasi esclusivamente, ad attirare la gente in chiesa e non a convocarla a trasformare il mondo. Non resta dubbio che questa é anche una risposta a un bisogno: la gente ha paura del futuro che si prospetta, e si aggrappa al culto per averne un conforto e un incoraggiamento. Chi ha un canale televisivo fiuta l´aria e sfrutta, con molto successo, questo sentimento.

Sono i tempi che corrono, un´onda che ha invaso il mondo. Attraverso i mass media, esattamente. Anche a Roma. Scrive un opinionista: "La Chiesa oggi vuole contare, essere rilevante politicamente. Ha messo da parte la scelta, che alcuni volevano, di una povertá fine a sé stessa". É un vento che pervade tutta la societá civile che diventa incivile: insultare i poveri e fare leggi per penalizzarli e scacciarli dalle cittá e dal paese é diventato normalissimo. Migliaia di poveretti fuggono dalla fame attraversando il deserto dentro ad autocisterne e il mare su barconi alla mercé delle onde, per finire in paesi dove saranno insultati e respinti. L´ottimismo e la speranza di un mondo fraterno non é piú nei cuori di tanti. Paura di essere irrilevanti? Quando mai la Chiesa é stata irrilevante politicamente? Semmai, scegliendo di gareggiare sul piano del potere politico e del dominio delle masse, rischia di diventare irrilevante per chi cerca Dio: il mondo moderno ama il potere, ma ama pure l´autenticitá. Se parli di Gesú Cristo, devi almeno tentare di fare come lui.

Ben inteso che la povertá evangelica non si riduce a una questione di denaro e beni posseduti: é una questione di amore. I preti che sceglievano di fare gli operai in fabbrica lo facevano per amore, per essere in mezzo agli operai un segno vivente dell´amore di Dio. Esistono poveri con la testa da ricchi, e ricchi con la testa da poveri. É un modo di sentire, di praticare il proprio rapporto con i beni, e di affrontare la vita. Tuttavia non puó nemmeno ridursi ad una faccenda intima e individuale. La povertá evangelica é apertura all´intera umanitá. Se io volessi essere il padrone della mia parrocchia, agirei da ricco anche se io, individualmente, facessi una vita da San Francesco di Assisi. Il quale chiamava “fratello” e “sorella” perfino l´acqua, il lupo, il vento e la morte. Se io sognassi una societá in cui é normale che ci siano esclusi e inclusi, padroni e servi, non sarei veramente povero nemmeno se appartenessi alla classe piú miserevole. La povertá evangelica é vivere giá ora lo spirito del Regno di Dio nelle relazioni con la famiglia, la societá, le altre religioni, gli atei, gli immigrati, i nomadi: e ovviamente, facendo quello che posso per il riconoscimento dei diritti e dignitá di ogni essere umano.

Quando io facevo la teologia, la povertá evangelica era ritenuta una colonna portante della vocazione dei preti. Noi abbiamo fatto gioiosamente la scelta di servire la Chiesa della Mater et Magistra, del documento Gaudium et spes, della Populorum Progressio, e di personaggi come Raul Foullerau, Abbé Pierre, Charles de Foucalt, Dom Helder Câmara e altri, che rivelavano nella Chiesa il cuore di Dio misericordioso che sta dalla parte di Lazzaro. Non esclude l´epulone, ma lo invita a condividere con Lazzaro prima che sia troppo tardi. Gesú, dopo gli anni della gioventú passati, probabilmente, a lavorare come un qualsiasi artigiano di un villaggio di campagna, a ventotto anni cominció a percorrere le strade di Galilea curando tutti e annunciando tempi di grazia e redenzione per i diseredati. Mangiava e vestiva quello che gli davano, ma non faceva collette. Non aveva l´aspetto di un Dio, non parlava da una situazione di potere e successo mediatico. Si identificava con la gente comune, ispirato da un cuore solidale e misericordioso: e dal sogno del Regno. Era irrilevante? Tuttaltro: suscitó subito preoccupazione e paura nei potenti: dove vuole arrivare questo ciarlatano? Parla di un Regno. Non ha l´aspetto di un re, ma la gente lo segue!”

Molti anni fa partecipai ad un corso di esercizi predicato da un prete francese che aveva scelto di vivere radicalmente la povertá evangelica e seguire alla lettera Gesú di Nazaret. Tutti lo chiamavano solo “Alfredinho”: niente titoli! Abitava in una favela del nordest brasiliano quando lá era uno dei luoghi piú poveri della terra. Povero tra i poveri, sempre scalzo e vestito di umili abiti di tela fatti a mano sul telaio come usavano i contadini, la sua parola era sempre e solo il vangelo. Molti vescovi lo chiamavano a predicare esercizi spirituali, e lui non accettava mai di essere pagato: viveva del suo lavoro manuale. Seguiva lo schema della “Teologia della zappa”, un libro scritto dal vescovo nordestino Dom Fragoso, di Crateus. Di lui mi raccontarono questo aneddoto: una sera bussó alla porta di casa di un vescovo che lo aveva chiamato per gli esercizi spirituali al clero. La domestica, vedendolo vestito a quel suo modo, pensó che fosse un mendicante e gli disse: “Il vescovo é in viaggio, e io non sono autorizzata a darle niente”. Gli chiuse la porta in faccia. Alfredinho si accucció poco lontano dalla porta, in un angolo buio, e vi passó la notte. Al mattino presto arrivó il vescovo per la colazione. Mentre beveva il caffé, preoccupato, chiese alla domestica: “Doveva arrivare padre Alfredinho per predicare gli esercizi, non é arrivato nessuno ieri será?” La domestica rispose: “Io ho visto solo un mendicante, aveva un aspetto che mi faceva paura, l´ho lasciato fuori dalla porta”. Il Vescovo capí e corse fuori a cercarlo: lo trovó seduto su un muretto che rosicchiava alcuni biscotti di manioca che aveva comprato.

La povertá di Alfredinho non era fine a sé stessa. Convertiva la gente. Riusciva quasi a convertire anche noi preti. Se fossimo tutti come lui forse non ci sarebbero tanti atei in giro per l´Europa.

La tendenza del momento, l´ho giá detto, non é favorevole. La crisi economica, prodotto della speculazione e dell´accumulazione capitalista sempre piú sfrenata, ha acuito la paura dell´impero economico-politico e dei vice-imperatori piccoli e grandi, spingendoli a stratagemmi legali e illegali per escludere i poveri e negare i diritti umani oltre a quelli dei lavoratori. La nostra societá occidentale ha paura di tutto, perfino delle opinioni scritte e dei dibattiti, e sembra camminare nella direzione del controllo dei corpi e delle menti di tutti, come la Bestia descritta dall´Apocalisse: "Inoltre obbligò tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, a farsi mettere un marchio sulla mano destra o sulla fronte. Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio, cioè il nome della bestia o il numero che corrisponde al suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il numero della bestia, perché è un numero d'uomo; e il suo numero è seicentosessantasei" (Apocalisse 13:16-18). Ma la Bestia non vincerá. La risurrezione di Cristo ce lo garantisce. Ci sono giá, in giro, ad ogni angolo anche il piú sperduto del mondo, tanti discepoli dell´Agnello che vivono l´amore e la povertá evangelica.

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