Foto: i vitelli hanno dato spettacolo nella sagra di San Giuseppe a Lobeira, un villaggio a 25 km dal centro di Itaberaí. Protagonisti involontari e ribelli. Visibilmente stressati dalla modesta folla dell´asta beneficente, hanno fatto salti e capriole tentando di scardinare i pali del recinto e costringendo i giovani a improvvise rincorse per riprenderli e soggiogarli. Una drammatizzazione vitellina per il divertimento della specie umana. Dal gioco col bestiame si passa alla messa a cui fa seguito la processione nell´unica via che attraversa il villaggio. Poi la festa é finita. Durante la processione ho provato a immaginare in quanti luoghi sperduti di questo pianeta la messa e la festa sono l´occasione per incontrarsi e sentirsi parte della comunitá umana. Come si puó dire che la religione é superflua e che basta vivere il Vangelo? Ho percorso 50 km tra le buche e sotto una polvere da far paura, ma sono soddisfatto.
Il tempo pasquale volge al termine, e io vi passo due frasi di un ritiro spirituale del nostro prete novello Padre Celso Carpenedo a un gruppo di laici della parrocchia, commentando il vangelo dei discepoli di Emmaus (Luca 24).
“Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato tutto come le donne avevano detto: ma vederlo...nessuno lo ha visto. E a tutt´oggi: vederlo... nessuno lo ha visto! La fede in Gesú risorto é stata trasmessa nei secoli attraverso la Parola”.
“Lo riconobbero allo spezzare del pane: perché quel gesto era tutta la sua vita. Gesú é questo: pane spezzato. Vita donata. Non celebritá, non accumulazione, non potere, non successo, non collette, non decime, ma solo amore e dono di sé”.
A proposito di amore, il papa quest´ultima domenica ha messo nella lista dei “beati” non un papa, ma una donna brasiliana, una suorina: irmã Dulce. Lei faceva anche molte collette, ma le faceva per amore. Poiché era di Salvador da Bahia (una santa baiana, chi l´avrebbe mai detto?), vi passo un breve articolo di un operatore pastorale del posto: Roberto Malvezzi, dal titolo: Angeli buoni. É pubblicato nel sito Adital.
“Il popolo baiano ha giá definito un modo affettuoso di rivolgersi ad Irmã Dulce: Angelo Buono. É bene ricordare he quí é la Baía di tutti i Santi, e anche di tutti i diavoli.
Dulce fu una persona tra le piú contraddittorie a prima vista. Si dedicó di corpo e anima, con tutte le sue forze, a dare un poco di dignitá a quelli che vivevano e vivono nella miseria a Salvador. Proprio cosí, la bellissima cittá conserva ancora povertá in abbondanza, benché non esistano piú gli Alagados e tanti altri paesaggi infami. Lei non si preoccupó mai da dove venisse il denaro per il suo lavoro. Se necessario, chiedeva ai padroni del potere. Per questo, essi fecero questione di avvicinarsi a lei, per strumentalizzare la sua immagine, anche quando governavano la Bahia con mano di ferro e producevano miseria.
Apparentemente apolitica, divebbe una icone della destra baianae anche della Chiesa conservatrice. In fin dei conti, per molti, é cosí che un cristiano deve servire i poveri. Ma lei era piú scaltra di quanto i suoi strumentalizzatori immaginavano. Quando era necessario, fu ribelle, occupó case, portó ammalati in ambienti in cui non erano desiderati, creó problemi dentro alla sua congregazione. Era accusata di preferire i poveri e la strada alla sua comunitá.
La Chiesa ha avuto altri angeli buoni. D. Helder sognava un millennio senza miseria. Dom Luciano, Mauro Morelli e altri, seguendo il sogno di Dom Helder, crearono il "Mutirão pela Superação da Fome e da Miséria”, CNBB. Nel campo la lotta giunse in modo organizzato, con le Pastorali Sociali, come quella della Terra, dei Pescatori, assieme alle Pastorali Urbane come quella Operaia, dei Minori, dei Migranti, ec..... La Pastorale dei Bambini salvó e salva ancora la vita di milioni di bimbi in questo paese e nel resto del mondo.
Quí nel sertão stiamo riuscendo a vincere la sete, la fame, le migrazioni e tante altre miserie che hanno afflitto generazioni e generazioni di nordestini, semplicemente con la raccolta dell´acqua piovana. Le Pastorali sono parte integrante di questo sforzo erculeo.
Ma, parlo anche degli angeli senza religione. Per piú di trent´anni abbiamo avuto nella CPT della Bahia la signora Marta Pinto dos Anjos. Avvocata, senza convinzioni religiose. Quando ci apprestavamo a dire un Padre Nostro, stringeva le nostre mani, abbassava la testa e rimaneva in silenzio. Ho conosciuto poche persone tanto dedicate ai poveri delle campagne della Bahia quanto Marta. Andó in pensione e sei mesi dopo morí vittima di un cancro.
La cosa che sempre attiró l´attenzione in Marta é che non é necessario essere cristiano né aspettare la vita eterna per realizzare una vera donazione di sé per la giustizia e il superamento della miseria. Cosí, ne esistono migliaia e milioni. Si trovano nei movimenti sociali, e perfino dentro a certi governi.
Ir. Dulce é sí un angelo buono. Dove c´é qualcuno che ha bisogno, lí c´é un universo. Tuttavia, persone come lei, cosí come Teresa di Calcutta, spuntano dove la miseria é abbondante. E la miseria abbonda dove l´ingiustizia é sovrabbondante. Non troveremo queste sante a Berlino o a Copenaghen. Lá c´é una sanitá pubblica che funziona, un sistema educativo, infine, una politica sociale nella quale non sono necessarie sante come loro. Perció, pure loro sono frutto di un contesto perverso. Ma la santitá dell´Angelo Buono é vera, perché la sua generositá fu vera. La cosa peggiore non é la scelta assistenziale – tante volte necessaria – ma l´indifferenza”.
L´assistenzialismo é il tipo di caritá piú facile tanto per chi la fa come per chi la riceve. Di solito soddisfa le necessitá piú urgenti senza esporre a fatiche eccessive di organizzazione né a rischi di esposizione. E la si fa con i soldi di persone che desiderano aiutare e non hanno tempo o voglia di scomodarsi troppo. Di solito io cerco di ridurlo al minimo indispensabile, ma sono in mezzo a dei poveri: quindi sono costretto a farlo continuamente. Stamattina, ad esempio, ho giá portato aiuti a tre persone per un valore di circa 250 euro. Non oso dire che sia un miracolo, ma sicuramente Dio ci mette una mano: tante volte mi capita che arrivano offerte nel momento giusto, quando non ne ho piú e si presenta qualcuno in situazione disperata. Sono quasi sempre medicinali o esami clinici carissimi, alimenti, oppure bollette di luce e acqua da pagare. “I poveri li avrete sempre con voi”: e qui, come dice Malvezzi, abbondano.
Guardate, per farvi un´idea, il biglietto che mi ha mandato Wilson dalla prigione: "Saluti, Preto (era il destinatario del biglietto, ndr), spero che quando questo le arriva in mano trovi lei e la sua famiglia pieno di pace! Preto, ho bisogno di un aiuto per mantenermi qui dentro, la famiglia non mi aiuta, perció ho bisogno di due gomitoli di filo bianco di mille metri per fare un tappeto se puoi trovarmi questo aiuto che Dio sia sempre con te ad illuminare te e la tua famiglia, e anche qualcosa da mangiare, biscotti e una margarina".
Bisognerebbe che i poveri classificassero tra i loro angeli anche coloro che lottano per la giustizia, ma di solito non lo fanno. Sono persone umili, che non se la sentono di litigare ed esporsi in organizzazioni di lotta. Se si va un pó sotto, a conoscere la vita che hanno vissuto, si riesce a capirli. La misericordia é indispensabile, molto richiesta e molto gratificante.
P.S. - Mentre facevamo insieme la nostra oretta di camminata, Arcangelo mi ha ricordato che ieri il Parlamento ha approvato il nuovo codice forestale che riduce drasticamente le riserve forestali obbligatorie nelle fazendas. É una vittoria strepitosa dell´agro-business. Un bel regalo della Dilma a quelli che l´hanno eletta come barriera contro il neo-liberalismo selvaggio! Possiamo dire addio a uel poco che resta di foresta nativa e margini boschivi dei fiumi, e chissá cosa ne sará dell´Amazzonia. Ci sarebbe da arrabbiarsi e anche molto, ma é appena sceso il buio (di questi tempi il sole tramonta prima delle 18), é una serata dolce e amena, perché rovinarsi il fegato? Tanto non é solo colpa della Dilma e dei fazendeiros. Noi, che difendiamo l´ambiente a parole, abbiamo adottato uno stile di vita che é funzionale a usare la natura come fonte di lucro, senza nessun riguardo. I pensieri sono civili, ma il nostro stomaco e gli istinti sono ancora primordiali!
PS 2 - Errore: la Dilma, Presidente, non c´entra. Il nuovo codice forestale é un progetto di legge dei ruralisti (latifondisti) che é passato in Parlamento, deve ancora essere valutato dal Senato, e la Dilma si riserva di mettervi il veto.
25 maggio 2011
19 maggio 2011
POVERTÁ EVANGELICA
Ci sono state notti splendide di luna piena, aria fredda e abbondante rugiada: e questo é un fatto che mi fa sempre piacere, anche se non ha la minima importanza per la storia. Poi ci sono state elezioni amministrative in Italia con risultati interessanti, che potrebbero lasciare qualche conseguenza se gli italiani ne sapranno approfittare.
La diocesi di Goiás ci ha inviato una relazione dettagliata del percorso fatto fin´ora in preparazione all´Assemblea Diocesana. L´autore/autrice é una sociologa competente: Carmen, la responsabile della Casa della Gioventú (CAJU) di Goiania. Al vescovo, alla diocesi e a Carmen che ha fatto un buon lavoro, spetta un doveroso e meritato riconoscimento per avere osato l´iniziativa di ascoltare la gente. Non succede tutti i giorni. Di solito i fedeli, in materia ecclesiastica ed ecclesiale, lasciano fare ai preti e ad alcuni laici addetti ai lavori.
"Mia madre é a letto, passiamo la maggior parte del tempo a lavorare, mio figlio é via, quando viene a casa ruba tutto". "Mi sento male perché sono solo, per questo resto in giro per strada; la solitudine é dura". "Sono sola, ho i miei nipoti, non sto a casa dei miei figli perché non ricevo attenzione". "Il mio ambiente familiare é spesso agitato, mio marito é alcoolatra". "Ho visto la persecuzione contro i preti, l´elite che era contro la Chiesa, oggi la Chiesa si trucca per contornare la situazione". "Mio fratello é in prigione e ho avuto paura quando la prigione ha preso fuoco". "Mi sento stanco, sono disoccupato, rimango isolato". "I miei figli vivono in cittá per studiare, io sono sola in campagna". “Vedo la mia famiglia stanca di tanto lavorare, mio marito é malato, ha poca salute, mi sento isolata dal mio handicap". "Ho dei figlia da tirare su, non ho casa, vivo in affitto, lavoro oggi per mangiare domani, non ho studi, ricevo vestiti in donazione, é difficile il lavoro come tagliatore di canna".
Queste sono alcune delle situazioni emerse nelle conversazioni. Chi vive fra la gente sa quanti santi e sante si spendono per gli altri ogni giorno, con amore e dedizione, in simili situazioni, e anche assai peggiori, di malattia e miseria umana da brivido. Di solito le persone superano dolori e fatiche piú grandi di loro, e solo per amore: amano e soffrono, pensano di non farcela, ma ogni volta che si guardano indietro constatano, con piacere e orgoglio, che ce l´hanno fatta. Non hanno banche a disposizione né amici ricchi a pagare le loro spese e coprire i loro debiti. Non hanno medici che fanno a gara per soccorrerli. Puó darsi che la "santitá" battesse le ali al funerale del Papa Beato, ma di sicuro é presente in abbondanza in mezzo ai comuni mortali anonimi nella lista dei santi: perché la santitá é cosa di Dio, e Dio é amore.
L´opzione fondamentale della Diocesi é la risposta perfetta a queste situazioni: la Chiesa sceglie di essere samaritana e dedicarsi piú ai feriti ed esclusi ai bordi della strada che a sé stessa e al proprio culto. Purtroppo é questo che abbiamo scritto sui posters appesi in tutte le chiese e sale parrocchiali, ma non é questo che facciamo prevalentemente. E non é questo che vogliono nemmeno, prevalentemente, i nostri “fedeli”, come risulta da questo commento di un operatore pastorale laico: “La diocesi di Goiás ultimamente é migliorata, in passato sembrava volersi occupare solo dei poveri!”. “Una volta – srive dom Tomás – la Chiesa non discuteva con i senza terra; li aiutava a rivendicare la terra, e basta”. Oggi il vento ha cambiato direzione.
Non desta sorpresa che nella relazione di Carmen, che ha raccolto le risposte della “coordinazione diocesana ai clamori e racconti delle riunioni di ascolto, appaia in primo piano la necessitá di comunicare meglio l´opzione fondamentale della diocesi. Si constata che i mass media comunicano un altro modello di Chiesa e di religiositá. "La midia – dice il testo - é al servizio del sistema neoliberale, del suo rafforzamento e diffusione. Genera confusione anche dentro alla Chiesa, condiziona i comportamenti della gente, rafforza un tipo di Chiesa contrario alla nostra opzione diocesana e provoca un rovesciamento di valori della famiglia, formando una cultura di morte". Di fronte a tutto ció "siamo sfidati a sviluppare mezzi di comunicazione alternativi che favoriscano la coscienza critica della gente - uno di questi mezzi puó essere la produzione di materiale audio-visuale proprio per mezzo di una equipe diocesana di comunicazione".
Figuriamoci: come produrre materiale proprio restando fedeli alla nostra opzione fondamentale? Per competere con il mondo moderno delle comunicazioni sono necessarie apparecchiature costose e competenze. Come camminare "a piedi scalzi" nel mondo delle moderne telecomunicazioni, alla maniera di Gesú in Galilea? Eppure bisogna credere alle soluzioni alternative, se si vuole cambiare qualcosa. In altri tempi contrastammo la stampa della dittatura e delle multinazionali con i ciclostili a inchiostro, e nacque un movimento che ha cambiato il paese.
“Confusione anche dentro alla Chiesa” – dice il testo della Carmen. I cattolici, in Brasile, hanno cinque o sei canali televisivi, ma tutti impegnati, quasi esclusivamente, ad attirare la gente in chiesa e non a convocarla a trasformare il mondo. Non resta dubbio che questa é anche una risposta a un bisogno: la gente ha paura del futuro che si prospetta, e si aggrappa al culto per averne un conforto e un incoraggiamento. Chi ha un canale televisivo fiuta l´aria e sfrutta, con molto successo, questo sentimento.
Sono i tempi che corrono, un´onda che ha invaso il mondo. Attraverso i mass media, esattamente. Anche a Roma. Scrive un opinionista: "La Chiesa oggi vuole contare, essere rilevante politicamente. Ha messo da parte la scelta, che alcuni volevano, di una povertá fine a sé stessa". É un vento che pervade tutta la societá civile che diventa incivile: insultare i poveri e fare leggi per penalizzarli e scacciarli dalle cittá e dal paese é diventato normalissimo. Migliaia di poveretti fuggono dalla fame attraversando il deserto dentro ad autocisterne e il mare su barconi alla mercé delle onde, per finire in paesi dove saranno insultati e respinti. L´ottimismo e la speranza di un mondo fraterno non é piú nei cuori di tanti. Paura di essere irrilevanti? Quando mai la Chiesa é stata irrilevante politicamente? Semmai, scegliendo di gareggiare sul piano del potere politico e del dominio delle masse, rischia di diventare irrilevante per chi cerca Dio: il mondo moderno ama il potere, ma ama pure l´autenticitá. Se parli di Gesú Cristo, devi almeno tentare di fare come lui.
Ben inteso che la povertá evangelica non si riduce a una questione di denaro e beni posseduti: é una questione di amore. I preti che sceglievano di fare gli operai in fabbrica lo facevano per amore, per essere in mezzo agli operai un segno vivente dell´amore di Dio. Esistono poveri con la testa da ricchi, e ricchi con la testa da poveri. É un modo di sentire, di praticare il proprio rapporto con i beni, e di affrontare la vita. Tuttavia non puó nemmeno ridursi ad una faccenda intima e individuale. La povertá evangelica é apertura all´intera umanitá. Se io volessi essere il padrone della mia parrocchia, agirei da ricco anche se io, individualmente, facessi una vita da San Francesco di Assisi. Il quale chiamava “fratello” e “sorella” perfino l´acqua, il lupo, il vento e la morte. Se io sognassi una societá in cui é normale che ci siano esclusi e inclusi, padroni e servi, non sarei veramente povero nemmeno se appartenessi alla classe piú miserevole. La povertá evangelica é vivere giá ora lo spirito del Regno di Dio nelle relazioni con la famiglia, la societá, le altre religioni, gli atei, gli immigrati, i nomadi: e ovviamente, facendo quello che posso per il riconoscimento dei diritti e dignitá di ogni essere umano.
Quando io facevo la teologia, la povertá evangelica era ritenuta una colonna portante della vocazione dei preti. Noi abbiamo fatto gioiosamente la scelta di servire la Chiesa della Mater et Magistra, del documento Gaudium et spes, della Populorum Progressio, e di personaggi come Raul Foullerau, Abbé Pierre, Charles de Foucalt, Dom Helder Câmara e altri, che rivelavano nella Chiesa il cuore di Dio misericordioso che sta dalla parte di Lazzaro. Non esclude l´epulone, ma lo invita a condividere con Lazzaro prima che sia troppo tardi. Gesú, dopo gli anni della gioventú passati, probabilmente, a lavorare come un qualsiasi artigiano di un villaggio di campagna, a ventotto anni cominció a percorrere le strade di Galilea curando tutti e annunciando tempi di grazia e redenzione per i diseredati. Mangiava e vestiva quello che gli davano, ma non faceva collette. Non aveva l´aspetto di un Dio, non parlava da una situazione di potere e successo mediatico. Si identificava con la gente comune, ispirato da un cuore solidale e misericordioso: e dal sogno del Regno. Era irrilevante? Tuttaltro: suscitó subito preoccupazione e paura nei potenti: dove vuole arrivare questo ciarlatano? Parla di un Regno. Non ha l´aspetto di un re, ma la gente lo segue!”
Molti anni fa partecipai ad un corso di esercizi predicato da un prete francese che aveva scelto di vivere radicalmente la povertá evangelica e seguire alla lettera Gesú di Nazaret. Tutti lo chiamavano solo “Alfredinho”: niente titoli! Abitava in una favela del nordest brasiliano quando lá era uno dei luoghi piú poveri della terra. Povero tra i poveri, sempre scalzo e vestito di umili abiti di tela fatti a mano sul telaio come usavano i contadini, la sua parola era sempre e solo il vangelo. Molti vescovi lo chiamavano a predicare esercizi spirituali, e lui non accettava mai di essere pagato: viveva del suo lavoro manuale. Seguiva lo schema della “Teologia della zappa”, un libro scritto dal vescovo nordestino Dom Fragoso, di Crateus. Di lui mi raccontarono questo aneddoto: una sera bussó alla porta di casa di un vescovo che lo aveva chiamato per gli esercizi spirituali al clero. La domestica, vedendolo vestito a quel suo modo, pensó che fosse un mendicante e gli disse: “Il vescovo é in viaggio, e io non sono autorizzata a darle niente”. Gli chiuse la porta in faccia. Alfredinho si accucció poco lontano dalla porta, in un angolo buio, e vi passó la notte. Al mattino presto arrivó il vescovo per la colazione. Mentre beveva il caffé, preoccupato, chiese alla domestica: “Doveva arrivare padre Alfredinho per predicare gli esercizi, non é arrivato nessuno ieri será?” La domestica rispose: “Io ho visto solo un mendicante, aveva un aspetto che mi faceva paura, l´ho lasciato fuori dalla porta”. Il Vescovo capí e corse fuori a cercarlo: lo trovó seduto su un muretto che rosicchiava alcuni biscotti di manioca che aveva comprato.
La povertá di Alfredinho non era fine a sé stessa. Convertiva la gente. Riusciva quasi a convertire anche noi preti. Se fossimo tutti come lui forse non ci sarebbero tanti atei in giro per l´Europa.
La tendenza del momento, l´ho giá detto, non é favorevole. La crisi economica, prodotto della speculazione e dell´accumulazione capitalista sempre piú sfrenata, ha acuito la paura dell´impero economico-politico e dei vice-imperatori piccoli e grandi, spingendoli a stratagemmi legali e illegali per escludere i poveri e negare i diritti umani oltre a quelli dei lavoratori. La nostra societá occidentale ha paura di tutto, perfino delle opinioni scritte e dei dibattiti, e sembra camminare nella direzione del controllo dei corpi e delle menti di tutti, come la Bestia descritta dall´Apocalisse: "Inoltre obbligò tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, a farsi mettere un marchio sulla mano destra o sulla fronte. Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio, cioè il nome della bestia o il numero che corrisponde al suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il numero della bestia, perché è un numero d'uomo; e il suo numero è seicentosessantasei" (Apocalisse 13:16-18). Ma la Bestia non vincerá. La risurrezione di Cristo ce lo garantisce. Ci sono giá, in giro, ad ogni angolo anche il piú sperduto del mondo, tanti discepoli dell´Agnello che vivono l´amore e la povertá evangelica.
La diocesi di Goiás ci ha inviato una relazione dettagliata del percorso fatto fin´ora in preparazione all´Assemblea Diocesana. L´autore/autrice é una sociologa competente: Carmen, la responsabile della Casa della Gioventú (CAJU) di Goiania. Al vescovo, alla diocesi e a Carmen che ha fatto un buon lavoro, spetta un doveroso e meritato riconoscimento per avere osato l´iniziativa di ascoltare la gente. Non succede tutti i giorni. Di solito i fedeli, in materia ecclesiastica ed ecclesiale, lasciano fare ai preti e ad alcuni laici addetti ai lavori.
"Mia madre é a letto, passiamo la maggior parte del tempo a lavorare, mio figlio é via, quando viene a casa ruba tutto". "Mi sento male perché sono solo, per questo resto in giro per strada; la solitudine é dura". "Sono sola, ho i miei nipoti, non sto a casa dei miei figli perché non ricevo attenzione". "Il mio ambiente familiare é spesso agitato, mio marito é alcoolatra". "Ho visto la persecuzione contro i preti, l´elite che era contro la Chiesa, oggi la Chiesa si trucca per contornare la situazione". "Mio fratello é in prigione e ho avuto paura quando la prigione ha preso fuoco". "Mi sento stanco, sono disoccupato, rimango isolato". "I miei figli vivono in cittá per studiare, io sono sola in campagna". “Vedo la mia famiglia stanca di tanto lavorare, mio marito é malato, ha poca salute, mi sento isolata dal mio handicap". "Ho dei figlia da tirare su, non ho casa, vivo in affitto, lavoro oggi per mangiare domani, non ho studi, ricevo vestiti in donazione, é difficile il lavoro come tagliatore di canna".
Queste sono alcune delle situazioni emerse nelle conversazioni. Chi vive fra la gente sa quanti santi e sante si spendono per gli altri ogni giorno, con amore e dedizione, in simili situazioni, e anche assai peggiori, di malattia e miseria umana da brivido. Di solito le persone superano dolori e fatiche piú grandi di loro, e solo per amore: amano e soffrono, pensano di non farcela, ma ogni volta che si guardano indietro constatano, con piacere e orgoglio, che ce l´hanno fatta. Non hanno banche a disposizione né amici ricchi a pagare le loro spese e coprire i loro debiti. Non hanno medici che fanno a gara per soccorrerli. Puó darsi che la "santitá" battesse le ali al funerale del Papa Beato, ma di sicuro é presente in abbondanza in mezzo ai comuni mortali anonimi nella lista dei santi: perché la santitá é cosa di Dio, e Dio é amore.
L´opzione fondamentale della Diocesi é la risposta perfetta a queste situazioni: la Chiesa sceglie di essere samaritana e dedicarsi piú ai feriti ed esclusi ai bordi della strada che a sé stessa e al proprio culto. Purtroppo é questo che abbiamo scritto sui posters appesi in tutte le chiese e sale parrocchiali, ma non é questo che facciamo prevalentemente. E non é questo che vogliono nemmeno, prevalentemente, i nostri “fedeli”, come risulta da questo commento di un operatore pastorale laico: “La diocesi di Goiás ultimamente é migliorata, in passato sembrava volersi occupare solo dei poveri!”. “Una volta – srive dom Tomás – la Chiesa non discuteva con i senza terra; li aiutava a rivendicare la terra, e basta”. Oggi il vento ha cambiato direzione.
Non desta sorpresa che nella relazione di Carmen, che ha raccolto le risposte della “coordinazione diocesana ai clamori e racconti delle riunioni di ascolto, appaia in primo piano la necessitá di comunicare meglio l´opzione fondamentale della diocesi. Si constata che i mass media comunicano un altro modello di Chiesa e di religiositá. "La midia – dice il testo - é al servizio del sistema neoliberale, del suo rafforzamento e diffusione. Genera confusione anche dentro alla Chiesa, condiziona i comportamenti della gente, rafforza un tipo di Chiesa contrario alla nostra opzione diocesana e provoca un rovesciamento di valori della famiglia, formando una cultura di morte". Di fronte a tutto ció "siamo sfidati a sviluppare mezzi di comunicazione alternativi che favoriscano la coscienza critica della gente - uno di questi mezzi puó essere la produzione di materiale audio-visuale proprio per mezzo di una equipe diocesana di comunicazione".
Figuriamoci: come produrre materiale proprio restando fedeli alla nostra opzione fondamentale? Per competere con il mondo moderno delle comunicazioni sono necessarie apparecchiature costose e competenze. Come camminare "a piedi scalzi" nel mondo delle moderne telecomunicazioni, alla maniera di Gesú in Galilea? Eppure bisogna credere alle soluzioni alternative, se si vuole cambiare qualcosa. In altri tempi contrastammo la stampa della dittatura e delle multinazionali con i ciclostili a inchiostro, e nacque un movimento che ha cambiato il paese.
“Confusione anche dentro alla Chiesa” – dice il testo della Carmen. I cattolici, in Brasile, hanno cinque o sei canali televisivi, ma tutti impegnati, quasi esclusivamente, ad attirare la gente in chiesa e non a convocarla a trasformare il mondo. Non resta dubbio che questa é anche una risposta a un bisogno: la gente ha paura del futuro che si prospetta, e si aggrappa al culto per averne un conforto e un incoraggiamento. Chi ha un canale televisivo fiuta l´aria e sfrutta, con molto successo, questo sentimento.
Sono i tempi che corrono, un´onda che ha invaso il mondo. Attraverso i mass media, esattamente. Anche a Roma. Scrive un opinionista: "La Chiesa oggi vuole contare, essere rilevante politicamente. Ha messo da parte la scelta, che alcuni volevano, di una povertá fine a sé stessa". É un vento che pervade tutta la societá civile che diventa incivile: insultare i poveri e fare leggi per penalizzarli e scacciarli dalle cittá e dal paese é diventato normalissimo. Migliaia di poveretti fuggono dalla fame attraversando il deserto dentro ad autocisterne e il mare su barconi alla mercé delle onde, per finire in paesi dove saranno insultati e respinti. L´ottimismo e la speranza di un mondo fraterno non é piú nei cuori di tanti. Paura di essere irrilevanti? Quando mai la Chiesa é stata irrilevante politicamente? Semmai, scegliendo di gareggiare sul piano del potere politico e del dominio delle masse, rischia di diventare irrilevante per chi cerca Dio: il mondo moderno ama il potere, ma ama pure l´autenticitá. Se parli di Gesú Cristo, devi almeno tentare di fare come lui.
Ben inteso che la povertá evangelica non si riduce a una questione di denaro e beni posseduti: é una questione di amore. I preti che sceglievano di fare gli operai in fabbrica lo facevano per amore, per essere in mezzo agli operai un segno vivente dell´amore di Dio. Esistono poveri con la testa da ricchi, e ricchi con la testa da poveri. É un modo di sentire, di praticare il proprio rapporto con i beni, e di affrontare la vita. Tuttavia non puó nemmeno ridursi ad una faccenda intima e individuale. La povertá evangelica é apertura all´intera umanitá. Se io volessi essere il padrone della mia parrocchia, agirei da ricco anche se io, individualmente, facessi una vita da San Francesco di Assisi. Il quale chiamava “fratello” e “sorella” perfino l´acqua, il lupo, il vento e la morte. Se io sognassi una societá in cui é normale che ci siano esclusi e inclusi, padroni e servi, non sarei veramente povero nemmeno se appartenessi alla classe piú miserevole. La povertá evangelica é vivere giá ora lo spirito del Regno di Dio nelle relazioni con la famiglia, la societá, le altre religioni, gli atei, gli immigrati, i nomadi: e ovviamente, facendo quello che posso per il riconoscimento dei diritti e dignitá di ogni essere umano.
Quando io facevo la teologia, la povertá evangelica era ritenuta una colonna portante della vocazione dei preti. Noi abbiamo fatto gioiosamente la scelta di servire la Chiesa della Mater et Magistra, del documento Gaudium et spes, della Populorum Progressio, e di personaggi come Raul Foullerau, Abbé Pierre, Charles de Foucalt, Dom Helder Câmara e altri, che rivelavano nella Chiesa il cuore di Dio misericordioso che sta dalla parte di Lazzaro. Non esclude l´epulone, ma lo invita a condividere con Lazzaro prima che sia troppo tardi. Gesú, dopo gli anni della gioventú passati, probabilmente, a lavorare come un qualsiasi artigiano di un villaggio di campagna, a ventotto anni cominció a percorrere le strade di Galilea curando tutti e annunciando tempi di grazia e redenzione per i diseredati. Mangiava e vestiva quello che gli davano, ma non faceva collette. Non aveva l´aspetto di un Dio, non parlava da una situazione di potere e successo mediatico. Si identificava con la gente comune, ispirato da un cuore solidale e misericordioso: e dal sogno del Regno. Era irrilevante? Tuttaltro: suscitó subito preoccupazione e paura nei potenti: dove vuole arrivare questo ciarlatano? Parla di un Regno. Non ha l´aspetto di un re, ma la gente lo segue!”
Molti anni fa partecipai ad un corso di esercizi predicato da un prete francese che aveva scelto di vivere radicalmente la povertá evangelica e seguire alla lettera Gesú di Nazaret. Tutti lo chiamavano solo “Alfredinho”: niente titoli! Abitava in una favela del nordest brasiliano quando lá era uno dei luoghi piú poveri della terra. Povero tra i poveri, sempre scalzo e vestito di umili abiti di tela fatti a mano sul telaio come usavano i contadini, la sua parola era sempre e solo il vangelo. Molti vescovi lo chiamavano a predicare esercizi spirituali, e lui non accettava mai di essere pagato: viveva del suo lavoro manuale. Seguiva lo schema della “Teologia della zappa”, un libro scritto dal vescovo nordestino Dom Fragoso, di Crateus. Di lui mi raccontarono questo aneddoto: una sera bussó alla porta di casa di un vescovo che lo aveva chiamato per gli esercizi spirituali al clero. La domestica, vedendolo vestito a quel suo modo, pensó che fosse un mendicante e gli disse: “Il vescovo é in viaggio, e io non sono autorizzata a darle niente”. Gli chiuse la porta in faccia. Alfredinho si accucció poco lontano dalla porta, in un angolo buio, e vi passó la notte. Al mattino presto arrivó il vescovo per la colazione. Mentre beveva il caffé, preoccupato, chiese alla domestica: “Doveva arrivare padre Alfredinho per predicare gli esercizi, non é arrivato nessuno ieri será?” La domestica rispose: “Io ho visto solo un mendicante, aveva un aspetto che mi faceva paura, l´ho lasciato fuori dalla porta”. Il Vescovo capí e corse fuori a cercarlo: lo trovó seduto su un muretto che rosicchiava alcuni biscotti di manioca che aveva comprato.
La povertá di Alfredinho non era fine a sé stessa. Convertiva la gente. Riusciva quasi a convertire anche noi preti. Se fossimo tutti come lui forse non ci sarebbero tanti atei in giro per l´Europa.
La tendenza del momento, l´ho giá detto, non é favorevole. La crisi economica, prodotto della speculazione e dell´accumulazione capitalista sempre piú sfrenata, ha acuito la paura dell´impero economico-politico e dei vice-imperatori piccoli e grandi, spingendoli a stratagemmi legali e illegali per escludere i poveri e negare i diritti umani oltre a quelli dei lavoratori. La nostra societá occidentale ha paura di tutto, perfino delle opinioni scritte e dei dibattiti, e sembra camminare nella direzione del controllo dei corpi e delle menti di tutti, come la Bestia descritta dall´Apocalisse: "Inoltre obbligò tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, a farsi mettere un marchio sulla mano destra o sulla fronte. Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio, cioè il nome della bestia o il numero che corrisponde al suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il numero della bestia, perché è un numero d'uomo; e il suo numero è seicentosessantasei" (Apocalisse 13:16-18). Ma la Bestia non vincerá. La risurrezione di Cristo ce lo garantisce. Ci sono giá, in giro, ad ogni angolo anche il piú sperduto del mondo, tanti discepoli dell´Agnello che vivono l´amore e la povertá evangelica.
12 maggio 2011
FATICOSI PERCORSI DI LIBERAZIONE
Foto: suppongo che vi piacerá vedere la frutta di Donizete. Per alcuni é forse una novitá. In Italia si conosce il fiore: passiflora. Che in Brasile tutti chiamano maracujá, ottimo per succhi di frutta che dissetano e conciliano il sonno. Oltrettutto quelli delle foto sono giganteschi. (E ho il sospetto che le sementi, dono del governo, siano OGM!)
1 - Ho celebrato la messa a casa di Donizete e Dativa sabato pomeriggio scorso, col sole a picco. La storia di questa giovane coppia é la stessa di tanti senza-terra: anni di lotta e di accampamento per ottenere la terra della Riforma Agraria, poi finalmente l´INCRA (Istituto Nazionale Colonizzazione e Riforma Agraria) compró la fazenda dell´impresa Encol (fallita) e assegnó pezzetti di terra buona a una quarantina di famiglie. Cosí nacque l´”assentamento Luís Ório". Assentamento é un´area di terra assegnata dalla Riforma Agraria.
Luís Ório era il coordinatore del settore Centro-Ovest della Commissione Pastorale della Terra. Abitava ad Itaberaí, ed era sempre rimasto al fianco degli accampati durante tutta la lotta, senza risparmio di forze, aiutandoli a organizzarsi e farsi sentire. Morí in un incidente stradale proprio nei pressi dell´assentamento a cui hanno dato il suo nome. Fu una figura di spicco, un esempio di cristiano impegnato, generoso e tenace. Merita qualche cenno biografico, ma so molto poco.
So che era di una famiglia del Rio Grande del Sud, discendente di Italiani, ed arrivó in Goiás nell´80 come seminarista che abbandonava il seminario di Viamont, nel Sud, e voleva diventare prete nella diocesi di Goiás. Erano i tempi in cui i seminaristi erano affidati ai parroci, e Luís Ório, assieme ad altri due, fu invitato a studiare e fare esperienza pastorale ad Itaberaí, sotto la guida di don Giuliano Barattini, il parroco di quegli anni. La valutazione nei suoi confronti era ottima sia nell´aspetto religioso e intellettuale, che in quello umano e di rapporto con la gente. Solo che il seminarista si innamoró di Eleusa e si sposarono. Era giá inserito nella Pastorale della Terra e, a quel punto, fu libero per accettare l´elezione a Coordinatore del Regionale Centro Ovest. Ma continuó pure attivo, e molto richiesto, nella pastorale delle comunitá ecclesiali di base. Tanto che verso il 1997 si candidó ufficialmente e pubblicamente al diaconato permanente, che il Sinodo Diocesano aveva deciso di adottare. Credeva che in Diocesi si sarebbe fatta un eccezione, e questa forma di diaconato sarebbe stata conferita pure alle donne. Quando lo informarono che "assolutamente non era possibile", egli disse: "Se non possono e donne, che nella chiesa sono le piú numerose a svolgere un diaconato di fatto, non possono nemmeno gli uomini. Non é roba per me!" La Diocesi di Goiás ha dato il suo nome al Centro Diocesano di Pastorale.
Adesso Donizete e Dativa sono agricoltori poveri ma in condizioni di costruirsi un futuro. Si stanno facendo la casa poco alla volta e coltivano frutta e verdura con tutte le tecniche possibili a chi ha pochi soldi da investire. Nell´assentamento l´Incra promuove corsi quasi mensili di tecnologie per l´agricoltura familiare. La situazione di Donizete ricorda un pó quella delle nostre famiglie di contadini dopo la guerra: molto impegno, molto lavoro, pochi soldi e comoditá, e la speranza di non imbattersi in una malattia che li impedisca di lavorare e mandi tutto in rovina. Ma con la soddisfazione di essere padroni del proprio naso.
Oltre al maracujá e alle verdure che vende sul mercato locale, Donizete pianta riso riso e granoturco per il consumo di familia, e alleva alcune mucche da latte. Di questi tempi il prezzo dei cereali é molto basso e non conviene coltivarli per la vendita. É una produzione lucrativa solo per le grandi monoculture. Il frutteto, nonostante il suo podere abbia sofferto poco tempo fa un grandinata, é ancora prospero, come potete vedere. Ha due o tre qualitá di frutti, tutti di una bellezza eccezionale.
Tornando alla nostra messa, l´abbiamo celebrata sotto un portichetto assai angusto, fuori casa. C´era poca gente, ma la casa é troppo stretta anche per pochi. La comunitá degli assentados non ha corrisposto bene al suo invito. "C´é un mucchio di "crentes" e "discrentes" ha detto Dariva, che é una signora piccola, esile e umile, ma non le manca lo spirito. I "crentes" sono gli evangelici pentecostali, i "discrentes" sono i cattolici non praticanti.
In realtá so che ci sono problemi piú grossi di questi nell´assentamento: situazioni di invidia e di inimicizie tra famiglie, qualcuno sorpreso a rubare, eccetera. Succede. Sono pochi, abitano lontani uno dall´altro, e sono divisi da interessi. É come nella parabola dell´esodo biblico: pur essendo usciti vincitori dalla lotta contro la schiavitú egiziana grazie a un atto di fede nel Signore che ama il suo popolo, camminano ancora nel deserto tra mille difficoltá e infedeltá. Sviluppare mentalitá ed abitudini di lavoro in comune é un processo difficile e lento, che avrebbe bisogno di essere piú aiutato. Nemmeno il vento, oggi, soffia a favore: i giovani pensano ad un futuro in cittá. Non é ancora la Terra Promessa. Per questo bisogna diffidare quando i media ci mostrano il Regno dei cieli trionfante nei grandi eventi di massa che voi ben conoscete. Gli eventi di massa, quando non c´é a monte una coscientizzazione e non c´é libertá di pensiero, di parola e di ricerca della veritá, servono a ingannare gli allocchi.
1 - Ho celebrato la messa a casa di Donizete e Dativa sabato pomeriggio scorso, col sole a picco. La storia di questa giovane coppia é la stessa di tanti senza-terra: anni di lotta e di accampamento per ottenere la terra della Riforma Agraria, poi finalmente l´INCRA (Istituto Nazionale Colonizzazione e Riforma Agraria) compró la fazenda dell´impresa Encol (fallita) e assegnó pezzetti di terra buona a una quarantina di famiglie. Cosí nacque l´”assentamento Luís Ório". Assentamento é un´area di terra assegnata dalla Riforma Agraria.
Luís Ório era il coordinatore del settore Centro-Ovest della Commissione Pastorale della Terra. Abitava ad Itaberaí, ed era sempre rimasto al fianco degli accampati durante tutta la lotta, senza risparmio di forze, aiutandoli a organizzarsi e farsi sentire. Morí in un incidente stradale proprio nei pressi dell´assentamento a cui hanno dato il suo nome. Fu una figura di spicco, un esempio di cristiano impegnato, generoso e tenace. Merita qualche cenno biografico, ma so molto poco.
So che era di una famiglia del Rio Grande del Sud, discendente di Italiani, ed arrivó in Goiás nell´80 come seminarista che abbandonava il seminario di Viamont, nel Sud, e voleva diventare prete nella diocesi di Goiás. Erano i tempi in cui i seminaristi erano affidati ai parroci, e Luís Ório, assieme ad altri due, fu invitato a studiare e fare esperienza pastorale ad Itaberaí, sotto la guida di don Giuliano Barattini, il parroco di quegli anni. La valutazione nei suoi confronti era ottima sia nell´aspetto religioso e intellettuale, che in quello umano e di rapporto con la gente. Solo che il seminarista si innamoró di Eleusa e si sposarono. Era giá inserito nella Pastorale della Terra e, a quel punto, fu libero per accettare l´elezione a Coordinatore del Regionale Centro Ovest. Ma continuó pure attivo, e molto richiesto, nella pastorale delle comunitá ecclesiali di base. Tanto che verso il 1997 si candidó ufficialmente e pubblicamente al diaconato permanente, che il Sinodo Diocesano aveva deciso di adottare. Credeva che in Diocesi si sarebbe fatta un eccezione, e questa forma di diaconato sarebbe stata conferita pure alle donne. Quando lo informarono che "assolutamente non era possibile", egli disse: "Se non possono e donne, che nella chiesa sono le piú numerose a svolgere un diaconato di fatto, non possono nemmeno gli uomini. Non é roba per me!" La Diocesi di Goiás ha dato il suo nome al Centro Diocesano di Pastorale.
Adesso Donizete e Dativa sono agricoltori poveri ma in condizioni di costruirsi un futuro. Si stanno facendo la casa poco alla volta e coltivano frutta e verdura con tutte le tecniche possibili a chi ha pochi soldi da investire. Nell´assentamento l´Incra promuove corsi quasi mensili di tecnologie per l´agricoltura familiare. La situazione di Donizete ricorda un pó quella delle nostre famiglie di contadini dopo la guerra: molto impegno, molto lavoro, pochi soldi e comoditá, e la speranza di non imbattersi in una malattia che li impedisca di lavorare e mandi tutto in rovina. Ma con la soddisfazione di essere padroni del proprio naso.
Oltre al maracujá e alle verdure che vende sul mercato locale, Donizete pianta riso riso e granoturco per il consumo di familia, e alleva alcune mucche da latte. Di questi tempi il prezzo dei cereali é molto basso e non conviene coltivarli per la vendita. É una produzione lucrativa solo per le grandi monoculture. Il frutteto, nonostante il suo podere abbia sofferto poco tempo fa un grandinata, é ancora prospero, come potete vedere. Ha due o tre qualitá di frutti, tutti di una bellezza eccezionale.
Tornando alla nostra messa, l´abbiamo celebrata sotto un portichetto assai angusto, fuori casa. C´era poca gente, ma la casa é troppo stretta anche per pochi. La comunitá degli assentados non ha corrisposto bene al suo invito. "C´é un mucchio di "crentes" e "discrentes" ha detto Dariva, che é una signora piccola, esile e umile, ma non le manca lo spirito. I "crentes" sono gli evangelici pentecostali, i "discrentes" sono i cattolici non praticanti.
In realtá so che ci sono problemi piú grossi di questi nell´assentamento: situazioni di invidia e di inimicizie tra famiglie, qualcuno sorpreso a rubare, eccetera. Succede. Sono pochi, abitano lontani uno dall´altro, e sono divisi da interessi. É come nella parabola dell´esodo biblico: pur essendo usciti vincitori dalla lotta contro la schiavitú egiziana grazie a un atto di fede nel Signore che ama il suo popolo, camminano ancora nel deserto tra mille difficoltá e infedeltá. Sviluppare mentalitá ed abitudini di lavoro in comune é un processo difficile e lento, che avrebbe bisogno di essere piú aiutato. Nemmeno il vento, oggi, soffia a favore: i giovani pensano ad un futuro in cittá. Non é ancora la Terra Promessa. Per questo bisogna diffidare quando i media ci mostrano il Regno dei cieli trionfante nei grandi eventi di massa che voi ben conoscete. Gli eventi di massa, quando non c´é a monte una coscientizzazione e non c´é libertá di pensiero, di parola e di ricerca della veritá, servono a ingannare gli allocchi.
7 maggio 2011
L´ORA DELLE TENEBRE
Foto: Impegnato in un intervento di pulitura e ristrutturazione della casa nel quartiere, sono tornato momentaneamente ad abitare con i colleghi nella casa parrocchiale. In casa mia c´é solo tanta polvere e odore di vernici. Non ho preparato bene il testo per questo post e non ho scattato fotografie. Vi pubblico di nuovo alcune immagini dell´ordinazione di Celso Carpenedo, come la settimana scorsa.
Liturgicamente siamo nel tempo della Resurrezione, ma nella vita reale é sempre anche il tempo della passione e l´ora delle tenebre, come la chiamarono gli scrittori dei Vangeli. ). É arrivata anche per l´amico don Paolo Boschini, la Parrocchia BVA e la Diocesi di Modena. A loro tutta la solidarietá mia e del collega don Eligio, che ne é preoccupatissimo.
Modena, 3 maggio 2011 - L’arcivescovo mons. Antonio Lanfranchi e tutta la Chiesa di Modena-Nonantola esprimono vicinanza e solidarietà a don Paolo Boschini ed alla comunità parrocchiale della Beata Vergine Addolorata, vittime, nei giorni scorsi di gesti intimidatori di matrice mafiosa, con gli sfregi alla mostra “Scampia. Volti che interrogano” di Davide Cerullo, allestita in chiesa, le minacce al parroco e ad una catechista.
La Chiesa di Modena rinnova il suo impegno, non di oggi, per una cultura della legalità che vede al centro l’uomo: Pastorale Giovanile e Caritas, da tempo, attraverso numerosi strumenti, come i percorsi di Animatamente, Casa 21 Marzo, Martedì del Vescovo e campi estivi, realizzano esperienze di conoscenza, educazione e scambio, rivolti particolarmente ai giovani, collaborando anche all’animazione delle celebrazioni cittadine del 21 marzo, Giornata della memoria e dell’impegno per le vittime delle mafie.
La comunità cristiana modenese si sente sostenuta da Consiglio comunale di Modena, Consiglio Provinciale, Libera, Azione Cattolica e da quanti, in questi giorni hanno espresso, in molti modi, la propria vicinanza e solidarietà.
Afferma ancora una volta che non c’è nulla di cristiano in un modello culturale che si fonda sulla sopraffazione e la violenza.
L’arcivescovo mons. Lanfranchi parteciperà domenica 8 maggio alla veglia “In memoria di me”, organizzata nella parrocchia della Beata Vergine Addolorata “in memoria dei servitori dello Stato caduti nella difesa delle istituzioni e a sostegno di tutte le persone che mettono il loro impegno a servizio della legalità nella vita pubblica, specialmente nelle situazioni dove sono forti la violenza e le intimidazioni”.
Possiamo esserne certi, ció che disse Gesú non era una vaga e ipotetica premonizione: "Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi". Basta tentare di denunciare e organizzare qualcosa per sanare una delle tante piaghe che gravano sulla nostra societá malata e producono dolore e morte, per diventare bersaglio degli empi e cadere vittime dell´odio delle piú diverse mafie del Principe delle tenebre. Non c´é niente di nuovo: la novitá, per me, é dover esprimere solidarietá ad una Chiesa italiana alla quale, in un passato non molto lontano, ci si aspettava solidarietá. Ai nostri giorni, quí in Goiás, godiamo una situazione di pace e di una certa popolaritá favorevole, ma chi ha lavorato quí negli anni 70 e 80 ha conosciuto bene la durezza delle persecuzioni e intimidazioni. Fummo attaccati e minacciati da forze della dittatura militare e da organizzazioni armate dei latifondisti, perfino con denuncie calunniose per azionare contro di noi le autoritá ecclesiastiche romane. Ma erano tempi migliori di oggi, e non mancó mai la stima e il sostegno di grande parte della popolazione. In questi momenti é fondamentale camminare uniti, seguire l´esempio di Gesú per non avvilirsi, e mettere tutto in piazza perché i nemici della giustizia amano lavorare nel buio della notte. Di solito, oltre alle intimidazioní, l´avversario del Regno di Dio usa l´arma del discredito: "Crederanno di fare cosa gradita a Dio".
Tempi tristi! l´illegalitá alza la voce! In Italia abbiamo la situazione anomala che tutti sanno, unica al mondo: il reo che ottiene il consenso popolare e vanta una legittimazione confessionale per giudicare il giudice. Tuttavia il fenomeno della diffusione della criminalitá é mondiale. "Sempre più dobbiamo distogliere gli occhi per non irritarci e soccombere. Si gioisce ormai per l'uccisione dei nemici, si fa festa perché non sono scampati all'ira e alla vendetta. Si tornano a bombardare i vicini, come un secolo fa....." E: "La cosa importante è riuscire a mantenere la gioia (o a riconquistarla) anche dentro la consapevolezza che non cambieremo il corso della storia. La Pasqua, da questo punto di vista, è una bella lezione". Queste parole me le ha scritte un amico di vecchia data, e mi hanno tirato su all´istante. Se l´immersione nel mistero pasquale ci fa sentire Dio presente accanto a noi perfino nella condivisione della sofferenza e del sentimento di impotenza e ci dona una gioia che ha le radici nella fede e nella trascendenza, l´amicizia é pure un sacramento umano capace di aggiungere un surplus di serenitá e pace.
C´é stato un tempo in cui si respirava piú ottimismo e speranza, e in piú noi eravamo giovani e la Pasqua l´avevamo quasi sempre nel cuore. Ricordi? Una sera, quando eravamo ancora seminaristi (teologi), fummo sorpresi da un vento impetuoso al Passo di Annibale e ci rifugiammo nel minuscolo oratorio della Foce per passarvi la notte. Lí dentro, pigiati come sardine (eravamo in quattro e uno era anche grassoccio) e accompagnati dalla musica della bufera che scuoteva la tenda con cui avevamo chiuso la porta dell´oratorio, recitammo il rosario prima di dormire: e fu un rosario che ricordo come uno dei piú belli della vita. Un´altra notte, nella prima tappa di una passeggiata in vespa sulle Dolomiti del Brenta, piantammo la tenda nel bosco ai margini della via Gardesana, dalle parti di Riva del Garda. Anche lí, noi due soli, recitammo il rosario. Pregavamo e ridevamo, perché gli automobilisti che scorgevano la tenda ci suonavano il clacson pensando che fossimo qualche coppietta in amore. Oggi chi oserebbe attendarsi al buio accanto a una strada di grande traffico? Decisamente, il mondo é cambiato.
In Brasile, attualmente, il pericolo piú grande é la delinquenza comune: e la paura generalizzata, che ammorba la societá ed é strumentalizzata per ogni tipo di manipolazione di massa per ottenerne soldi e potere. Anche quí a Itaberaí, dove la probabilitá di cadere in un´imboscata o un assalto a mano armata é poco probabile (ma possibile, e non sarebbe la prima volta), si dissemina la paura. Stasera ho percorso una settantina di chilometri in mezzo ai boschi e ai pascoli per celebrare in una comunitá, e il mio compagno di viaggio mi spiegava quali sono i posti dove ci si puó aspettare un agguato. Sono strade dissestate, si procede lentamente, e al buio tutto puó accadere. Io faccio questi percorsi da sempre, e mai sono stati pericolosi come oggi. L´unico assalto l´ho avuto alcuni anni fa a Goiás, in piena notte, dentro casa, da un giovane alcolizzato. Sono sempre del parere che la vita é pericolosa ma bella, e non vale la pena lasciarsi imprigionare dalla paura. La felicitá e la pace sono dentro di noi, dono della fede. "Calpesterete serpenti e non vi faranno male..." - promise Gesú. Per meglio dire: un pó di male lo possono fare, ma é meglio vivere finché si é vivi.
Liturgicamente siamo nel tempo della Resurrezione, ma nella vita reale é sempre anche il tempo della passione e l´ora delle tenebre, come la chiamarono gli scrittori dei Vangeli. ). É arrivata anche per l´amico don Paolo Boschini, la Parrocchia BVA e la Diocesi di Modena. A loro tutta la solidarietá mia e del collega don Eligio, che ne é preoccupatissimo.
Modena, 3 maggio 2011 - L’arcivescovo mons. Antonio Lanfranchi e tutta la Chiesa di Modena-Nonantola esprimono vicinanza e solidarietà a don Paolo Boschini ed alla comunità parrocchiale della Beata Vergine Addolorata, vittime, nei giorni scorsi di gesti intimidatori di matrice mafiosa, con gli sfregi alla mostra “Scampia. Volti che interrogano” di Davide Cerullo, allestita in chiesa, le minacce al parroco e ad una catechista.
La Chiesa di Modena rinnova il suo impegno, non di oggi, per una cultura della legalità che vede al centro l’uomo: Pastorale Giovanile e Caritas, da tempo, attraverso numerosi strumenti, come i percorsi di Animatamente, Casa 21 Marzo, Martedì del Vescovo e campi estivi, realizzano esperienze di conoscenza, educazione e scambio, rivolti particolarmente ai giovani, collaborando anche all’animazione delle celebrazioni cittadine del 21 marzo, Giornata della memoria e dell’impegno per le vittime delle mafie.
La comunità cristiana modenese si sente sostenuta da Consiglio comunale di Modena, Consiglio Provinciale, Libera, Azione Cattolica e da quanti, in questi giorni hanno espresso, in molti modi, la propria vicinanza e solidarietà.
Afferma ancora una volta che non c’è nulla di cristiano in un modello culturale che si fonda sulla sopraffazione e la violenza.
L’arcivescovo mons. Lanfranchi parteciperà domenica 8 maggio alla veglia “In memoria di me”, organizzata nella parrocchia della Beata Vergine Addolorata “in memoria dei servitori dello Stato caduti nella difesa delle istituzioni e a sostegno di tutte le persone che mettono il loro impegno a servizio della legalità nella vita pubblica, specialmente nelle situazioni dove sono forti la violenza e le intimidazioni”.
Possiamo esserne certi, ció che disse Gesú non era una vaga e ipotetica premonizione: "Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi". Basta tentare di denunciare e organizzare qualcosa per sanare una delle tante piaghe che gravano sulla nostra societá malata e producono dolore e morte, per diventare bersaglio degli empi e cadere vittime dell´odio delle piú diverse mafie del Principe delle tenebre. Non c´é niente di nuovo: la novitá, per me, é dover esprimere solidarietá ad una Chiesa italiana alla quale, in un passato non molto lontano, ci si aspettava solidarietá. Ai nostri giorni, quí in Goiás, godiamo una situazione di pace e di una certa popolaritá favorevole, ma chi ha lavorato quí negli anni 70 e 80 ha conosciuto bene la durezza delle persecuzioni e intimidazioni. Fummo attaccati e minacciati da forze della dittatura militare e da organizzazioni armate dei latifondisti, perfino con denuncie calunniose per azionare contro di noi le autoritá ecclesiastiche romane. Ma erano tempi migliori di oggi, e non mancó mai la stima e il sostegno di grande parte della popolazione. In questi momenti é fondamentale camminare uniti, seguire l´esempio di Gesú per non avvilirsi, e mettere tutto in piazza perché i nemici della giustizia amano lavorare nel buio della notte. Di solito, oltre alle intimidazioní, l´avversario del Regno di Dio usa l´arma del discredito: "Crederanno di fare cosa gradita a Dio".
Tempi tristi! l´illegalitá alza la voce! In Italia abbiamo la situazione anomala che tutti sanno, unica al mondo: il reo che ottiene il consenso popolare e vanta una legittimazione confessionale per giudicare il giudice. Tuttavia il fenomeno della diffusione della criminalitá é mondiale. "Sempre più dobbiamo distogliere gli occhi per non irritarci e soccombere. Si gioisce ormai per l'uccisione dei nemici, si fa festa perché non sono scampati all'ira e alla vendetta. Si tornano a bombardare i vicini, come un secolo fa....." E: "La cosa importante è riuscire a mantenere la gioia (o a riconquistarla) anche dentro la consapevolezza che non cambieremo il corso della storia. La Pasqua, da questo punto di vista, è una bella lezione". Queste parole me le ha scritte un amico di vecchia data, e mi hanno tirato su all´istante. Se l´immersione nel mistero pasquale ci fa sentire Dio presente accanto a noi perfino nella condivisione della sofferenza e del sentimento di impotenza e ci dona una gioia che ha le radici nella fede e nella trascendenza, l´amicizia é pure un sacramento umano capace di aggiungere un surplus di serenitá e pace.
C´é stato un tempo in cui si respirava piú ottimismo e speranza, e in piú noi eravamo giovani e la Pasqua l´avevamo quasi sempre nel cuore. Ricordi? Una sera, quando eravamo ancora seminaristi (teologi), fummo sorpresi da un vento impetuoso al Passo di Annibale e ci rifugiammo nel minuscolo oratorio della Foce per passarvi la notte. Lí dentro, pigiati come sardine (eravamo in quattro e uno era anche grassoccio) e accompagnati dalla musica della bufera che scuoteva la tenda con cui avevamo chiuso la porta dell´oratorio, recitammo il rosario prima di dormire: e fu un rosario che ricordo come uno dei piú belli della vita. Un´altra notte, nella prima tappa di una passeggiata in vespa sulle Dolomiti del Brenta, piantammo la tenda nel bosco ai margini della via Gardesana, dalle parti di Riva del Garda. Anche lí, noi due soli, recitammo il rosario. Pregavamo e ridevamo, perché gli automobilisti che scorgevano la tenda ci suonavano il clacson pensando che fossimo qualche coppietta in amore. Oggi chi oserebbe attendarsi al buio accanto a una strada di grande traffico? Decisamente, il mondo é cambiato.
In Brasile, attualmente, il pericolo piú grande é la delinquenza comune: e la paura generalizzata, che ammorba la societá ed é strumentalizzata per ogni tipo di manipolazione di massa per ottenerne soldi e potere. Anche quí a Itaberaí, dove la probabilitá di cadere in un´imboscata o un assalto a mano armata é poco probabile (ma possibile, e non sarebbe la prima volta), si dissemina la paura. Stasera ho percorso una settantina di chilometri in mezzo ai boschi e ai pascoli per celebrare in una comunitá, e il mio compagno di viaggio mi spiegava quali sono i posti dove ci si puó aspettare un agguato. Sono strade dissestate, si procede lentamente, e al buio tutto puó accadere. Io faccio questi percorsi da sempre, e mai sono stati pericolosi come oggi. L´unico assalto l´ho avuto alcuni anni fa a Goiás, in piena notte, dentro casa, da un giovane alcolizzato. Sono sempre del parere che la vita é pericolosa ma bella, e non vale la pena lasciarsi imprigionare dalla paura. La felicitá e la pace sono dentro di noi, dono della fede. "Calpesterete serpenti e non vi faranno male..." - promise Gesú. Per meglio dire: un pó di male lo possono fare, ma é meglio vivere finché si é vivi.
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