Foto: 1) Il gruppo di italiani ad Aragarças, con anche la mia brutta faccia; 2) la seconda non c´entra col tema, é una veduta dal Corno alle Scale, scattata dai partecipanti a una ciappolata avvenuta in questi giorni.
Oggi la televisione e i giornali erano pieni zeppi di carnevale. In Italia penso che non sia cosí, voi avete un carnevale extra ogni tanto. Quí non é un fenomeno cosí generalizzato come vogliono far credere, ma la propaganda aiuta l´affare: perché anche questo, giá da parecchio tempo, é piú che altro un business. Se uno prende come criterio la strada statale che passa per Itaberaí, pensa che tutti i brasiliani stiano andando al carnevale: c´é stata per due giorni una flusso quasi ininterrotta di automobili dalla capitale, dirette ad Aruanã (sul Rio Araguaia), alla cittá di Goiás, o a qualche chácara in aperta campagna. Alcuni si sono fermati ad Itaberaí, perché quest´anno abbiamo anche noi le nostre brave fascie pubblicitarie che dichiarano: quí c´é il miglior carnevale della regione! Il mio quartiere, invece, é tranquillo. Non c´é nessun strepito. La gente sta a casa, eccetto forse alcuni giovanotti e ragazze che fanno una scappata nella piazza centrale. L´anziano che abita di fronte a me si é trasferito in campagna, a lavorare la terra. L´ho incontrato l´altro giorno in banca, tutto confuso perché non riusciva a ritirare la pensione col suo cartoncino, e ha chiesto a me il favore di fargli l´operazione. Al suo posto é venuto ad abitare un altro signore molto simpatico, che ama fare due chiacchiere ogni volta che incontra qualcuno. Sta costruendo la sua casa nuova ín un lotto distante una ventina di metri, ed ha preso in affitto provvisoriamente per seguire i lavori da vicino. Io sono andato a portare la comunione ai miei due o tre malati cronici e per il resto ho goduto la pace.
Siccome sono rimasto parecchio in casa colpito da un acciacco di giovinezza che mi ha paralizzato mezza faccia (niente di grave, sta giá guarendo, ma é molto fastidioso), ho letto diversi commenti sul carnevale: alcuni di carattere religioso-teologico, anche molto belli. Io peró non mi sento ispirato per andare al fondo della questione. Come mai, in un paese cosí religioso, e di una religiositá, per certi versi, anche troppo bigotta, sono in tanti a tuffarsi in un carnevale in cui predominano alcool, sesso, droga e consumismo? L´ho chiesto al mio collega Severino, che é brasiliano, e lui sorridendo ha risposto: "É o jeitinho brasileiro", cioé quel sapersi arrangiare e districarsi mettendo insieme, a volte, anche il diavolo e l´acqua santa.
Meno sbrigativo, Monsignor Demetrio Valentini, su Adital, commenta: "Sono giorni fatti per esprimere la gioia di vivere". Ma poi mette le mani avanti: "Cosí dovrebbe essere. Cosí puó essere, se agiremo con responsabilitá. Soprattutto se avremo cura della vita, che é contemporaneamente preziosa e fragile". E cita, a mó di esempio, alcune statistiche del carnevale che ogni anno si ripetono. "In tutto il Brasile, nell´intero anno 2008, sono stati registrati 39.076 omicidi. É una cifra spaventosa. Quante tensioni, squilibri, eccessi nel bere, perdita di motivazioni sane, abbandono delle prospettive religiose che danno un senso alla vita, pasticci mal risolti, si nascondono dietro ai tristi episodi che finiscono in un omicidio. Come si sente la mancanza di un clima di fede, che indica valori, che illumina situazioni, che rafforza la tolleranza, il dialogo, il superamento dei conflitti!"
L´osservazione del Vescovo mi pare giusta, ma forse tira troppo l´acqua al suo mulino (al nostro?). Non si dica che in Brasile non c´é un clima di fede e che le prospettive religiose sono assenti. Non ci sono tre televisioni cattoliche seguite giorno dopo giorno da centinaia di migliaia di spettatori? Le nostre chiese non sono piene zeppe? Non ci sono centinaia di Chiese e gruppi religiosi, molti dei quali impegnati con tutte le loro forze in una campagna costante contro tutti gli eccessi di alcool, sesso e droga, ingedienti comuni nel carnevale? E non é forse vero che le Chiese e la religiositá diffusa hanno quasi sempre un carattere spiritualista, e con questa scappatoia si adattano abbastanza bene al mercato? Il fatto é che il carnevale nessuno lo spiega, e probabilmente non é lui il nemico. É un´espressione culturale, uno zibaldone di cultura autoctona e voglia di stare insieme, aspetti sacrosanti e positivi di questa umanitá piena di vita, mescolati peró ad eccessi preoccupanti. Il governo ha messo a disposizione non so quanti milioni di preservativi per evitare che il grande evento nazionale moltiplichi le gravidanze e l´aids. Il carnevale é inarrestabile, e i suoi mali nascono a monte. L´educazione deve cominciare da altre basi.
Un amico mi racconta lo stile di vita di alcuni giovani "carnevaleschi": "Una mia nipote di Brasilia mi ha chiesto al telefono di ospitarla per il carnevale, lei e quattro o cinque amici. L´ospitalitá non si nega a nessuno, tantomeno a un parente. É arrivata con altri cinque ragazzi, tutti sui diciotto-venti anni. Tre maschi e tre femmine. Avevo preparato due stanze grandi, pensando che volessero stare separati, ma hanno voluto rimanere tutti insieme anche a dormire. Il primo giorno sono rimasti lí in casa, senza parlare. Quasi non ci hanno rivolto la parola. Si curvano sul loro cellulare e smanettano continuamente messaggini per tutto il tempo. Il carnevale é una scusa per andare lontano da casa e soddisfare i loro capricci. Vivono in un mondo tutto loro". Spero che non siano tutti cosí, ma sicuramente sono milioni i giovanissimi che vanno al carnevale con questo spirito perché questo é il loro modo quotidiano di affrontare la vita.
Che cosa avranno visto e ascoltato questi giovani per trovarsi in questo stato d´animo? Si pensa subito ai problemi della famiglia. Ma non avranno anche respirato l´aria di un mondo ipocrita e corrotto? Non avranno perso l´interesse e la fiducia in istituzioni che servono sé stesse invece di servire la gente? Non avranno visto certe caste troppo attaccate alle loro poltrone? E le Chiese, anch´esse immischiate tante volte in giri di denaro e questioni di potere? Non avranno perso la fiducia e la stima nel Dio e nel Cristo che annunciamo, per come siamo noi che lo annunciamo? É un interrogativo sano, che ci invita a specchiarci in questi giovani per pensare e imparare. Non siamo quí per salvare e conservare intatte le nostre Istituzioni, ma per proclamare che Cristo ha salvato tutti e per rinnovare e riformare le Istituzioni affinché siano veramente segno di salvezza.
Mi viene in mente una riflessione di speranza offerta da un testo di Rahner, e quindi giá abbastanza antica. Quel teologo sosteneva che,siccome Cristo é morto e risorto per salvare ogni essere umano, il mondo in cui viviamo é un mondo salvato e imbevuto della grazia di Dio. Ne deduco che la sua grazia agisce pure sui giovani che vanno al carnevale, anche quelli che hanno le idee piú bislacche. In fondo al loro essere c´é, come in ogni altro, la passione per la veritá, la giustizia, l´amore profondo e veritiero. Questo ci fa sperare il meglio. Bisogna solo essere autentici per dare loro la possibilitá di un incontro piú consapevole ed efficace con Lui. Noi cristiani abbiamo il dovere, per rispondere all´amore di Dio, di essere veri. Le religiositá motivate da interessi o dal bisogno di fare bella figura non servono che a rafforzare il loro rifiuto: non rifiuto di Dio, ma di quello che noi gli diciamo che é Dio ma in realtá é solo un idolo costruito a nostra misura.
Essere veri: é una sfida anche per me prete. Il Vangelo di domani, il racconto delle beatitudini di Luca (6, 20-26), mi propone una verifica importante. "Guai a voi quando vi elogiano! Era cosí che gli antepassati trattavano i falsi profeti!" Vuol dire che se annunciassimo davvero il Vangelo senza adattarlo per evitare conflitti e antipatie, il nostro consenso diminuirebbe e ci guadagneremmo meno torte e complimenti. Dobbiamo stare attenti quando siamo toccati dalla popolaritá e sembra che tutti siano contenti del nostro operato: l´approvazione e l´elogio non sono sempre segno di un ministero buono e onesto. Dipende da chi siamo elogiati! Del resto basta guardarsi attorno, per vedere come sono scarse le simpatie per i coraggiosi profeti che non annacquano il Vangelo ma lo vivono e lo predicano con tutta la sua forza.
E concludo a mó di indovinello con questi due o tre versi di un poeta brasiliano: é un pensiero di fondo che spiega il titolo.
"Ce ne ho messo di tempo a capire che la maschera
É una cosa che la gente si toglie a carnevale
E usa gli altri giorni per tutta la vita".
Nessun commento:
Posta un commento