21 febbraio 2010

IN BOCCA ALLA BALENA

Le foto: 1) un gruppo della comunitá di Córrego di Areias in attesa della messa. 2) Una orquidea selvatica che é fiorita in questi giorni: ha fiori strani, come fauci spalancate. Ha fame....

Il rito delle ceneri fa ancora centro. Mercoledí scorso, pur celebrando in periferia, ho avuto il piacere di veder arrivare una folla. In centro mi hanno detto che era una marea. Naturalmente bisogna fare un pó di sconto alle nostre valutazioni a occhio, perché queste moltitudini sono sicuramente piccole in confronto al totale della popolazione: tuttavia evidenziano che i simboli sono ancora attraenti. I brasiliani li amano, e l´amore ai simboli é senza dubbio un piccolo segnale di apertura al trascendente, di predisposizione alla ricettivitá della Parola di Dio e di un bisogno profondo che va oltre la soddisfazione dei desideri immediati. "Non di solo pane vive l´uomo". L´economia capitalista é mossa dai desideri immediati: li crea dove non ci sono, e fa impazzire la gente per accaparrarsi i soldi per soddisfarli. Essi sono le catene della moderna schiavitú. Se c´é gente che non é ancora completamente alienata e continua a "cercare oltre", vuol dire che l´umanitá é ancora viva e puó ancora liberarsi, intraprendere un cammino nel deserto e sognare una terra promessa.

Il mercoledí delle ceneri, dunque, é stata un´ottima opportunitá per riflettere e trasmettere l´allarme della Campagna della Fraternitá 2010, "Economia e Vita": "Non potete servire a Dio e al denaro". Il Vangelo di oggi aggiunge le altre due tentazioni. Il progetto di Dio é chiaro, quello del diavolo (del "male" che fermenta in noi, recita il prefazio della messa), é anche lui molto netto. Siamo noi a fare la confusione, seguendo un pó l´uno e un pó l´altro. O dichiariamo di seguire il primo e invece andiamo dietro al secondo: creiamo in noi una spaccatura tra le parole e i fatti, tra le intenzioni e la pratica. Oppure, ancora, tentiamo la fuga: separiamo la vita spirituale da quella reale. Seguiamo Dio in un pianeta a parte, il pianeta dello spirito. In quello noi disprezziamo i soldi e le cose materiali, e cerchiamo la vita eterna per salvarci dopo la morte. In questo pianeta terra, invece, ci impantaniamo nel denaro come qualsiasi pagano. La liturgia, in questo caso, ci fa un buon servizio: ci schiarisce le idee. Almeno per qualche attimo l´opposizione tra i due progetti appare chiara. Come in una notte buia, nel mezzo di un temporale, per un istante un lampo illumina il paesaggio. É un attimo soltanto, poi la visione subito scompare, ma almeno sappiamo che Dio non si trova su un pianeta lontano. Lui é quí, in mezzo a noi, ed é la soluzione per dare vita a questo mondo. Non ci chiama all´evasione, ma all´impegno.

A questo proposito, avete visto il film "Il milioniario"? A me é capitato di assisterlo nei giorni scorsi. Mi é sembrato una parabola della vita (delle bidonvilles dell´India, come di tutte le altre). Andatelo a vedere, se vi capita l´occasione. Mi sembra importante per capire, anche se é soltanto in forma di suggestione cinematografica, che per salvare il mondo non basta dare ai poveri un pó di soldi e una lezione di morale borghese. Il mondo dell´economia globale ha creato il sottomondo degli impoveriti, che é una minaccia al nostro ordine e non ci permetterá di dormire tranquilli ignorando "gli altri" e ricacciandoli ogni volta nei loro ghetti.

A Goiás abbiamo fatto pure tre giorni di esercizi spirituali diocesani, con gli operatori di pastorale (preti, laici e laiche, diaconi e suore). Mi ha piacevolmente sopreso, prima di tutto, lo spirito dei partecipanti. Ho sentito la diocesi molto migliore di quanto non mi aspettassi. C´é un bel clima tra noi. Non é il caso di lodarci troppo, ma credo che si possa dire che siamo in sintonia e affiatati nelle cose fondamentali. Anche i piú giovani e quelli (o quelle) che si sono inseriti da poco tempo. Considerando la dispersione di una diocesi di piú di venti mila chilometri quadrati e la precarietá delle condizioni per una buona formazione religiosa e intellettuale, avere in comune almeno la stessa tensione e voglia di essere autentici e annunciare il Gesú dei Vangeli e non semplicemente amministrare una routine religiosa, non é poco.

Un´altra buona sorpresa é stata la personalitá del relatore. Francesco Orofino, ex frate dei minori francescani, parecchi anni fa uscí dall´Ordine per continuare il suo ministero come laico. Attualmente é coordinatore nazionale del Centro Bíblico (CEBI)e svolge l’attività di promozione della lettura popolare della Bibbia e della lectio divina. Lavora fianco a fianco con Carlos Mesters, a Belo Horizonte. Queste sono persone che hanno qualche numero in piú di un comune (si fa per dire) biblista. Sono artisti, poeti, gente di vita spirituale profonda continuamente alla ricerca del volto del vero Dio della salvezza, e che osservano la vita a partire dai testi della Bibbia, ma é nella vita reale che lo cercano, non semplicemente nel libro.

Francesco Orofino ha preso come paradigma per la riflessione il libro di Giona. Una scelta sicuramente originale. Giona è uno dei libri più piccoli della Bibbia: appena 3 o 4 paginette. E’ collocato tra i libri dei profeti, ma non è un profeta. Ha qualche apparenza di libro storico (nomi di luoghi, numero di abitanti di Ninive) ma non lo é. In effetti é una parabola. Ognuno di noi puó imedesimarsi nel personaggio, Giona, a cui il racconto, in modo divertente e molto ironico, fa vivere delle situazioni assurde che sollevano degli interrogativi. Oppure, se volete, ognuno puó anche trovarsi in bocca alla balena, come lui: la quaresima puó essere la balena. Tutta la vita lo é, e ci "vomita" sempre da qualche parte. Vi risparmio il racconto, che potete leggervi da soli sulla bibbia, ma ne faccio qualche cenno per prendere lo spunto.

Dio chiede a Giona di andare a Ninive: “Vai a Ninive a dire alla gente di quella città che la loro corruzione è arrivata al limite, non li sopporto più e sto per distruggerli: non si salverà nessuno”. Giona si imbarca nella direzione opposta, verso la Spagna. Disobbedisce a Dio e fugge da lui, cerca di nascondersi. Dio allora manda una tempesta che scuote la nave e minaccia di affondarla. Durante la tempesta, Giona dorme profondamente. I marinai, pagani, pregano disperatamente i loro dei per salvarsi, e il profeta del Dio vero dorme! Sono i marinai che lo svegliano e lo costringono a una revisione di vita: "Chi sei? Che cosa fai qui, su questa nave? Qual´é la tua missione? Noi siamo in pericolo per tua causa, che cosa ci consigli di fare?" In effetti sembra ció che accade ogni giorno di questi tempi. Molta gente, in buona fede, ci chiede: "Perché voi cristiani non prendete sul serio il Vangelo in cui dite di credere? Perché non siete apertamente schierati dalla parte dei poveri, dalla parte dell´´ uguaglianza e della giustizia? Perché parlate di comunione e non condividere ció che avete? Perché avete tanti soldi e ve li tenete stretti come se fossero il vostro idolo? Perché parlate di amore ma ricorrete cosí spesso al potere, ai privilegi, alle amicizie potenti?" E via dicendo.

Buttano Giona a mare, un pesce lo ingoia, e lui, quando é nella pancia del pesce, sembra ravvedersi. Infatti fa una bellissima preghiera. Appena il pesce lo vomita sulla spiaggia, lui in effetti va a predicare ai Niniviti, ma é chiaro che in cuor suo spera che non si ravvedano e che Dio, alla fine, li distrugga. Infatti, dopo le prediche, va a farsi una capanna fuori cittá. Pare che si stia preparando a godersi lo spettacolo del fuoco che scende dal cielo. Invece i niniviti si convertono (perfino il re, cosa che non accade mai! - ha osservato Orofino), e ottengono il perdono, e Giona si arrabbia moltissimo e se la prende con Dio: "Perché li hai salvati?" Adesso la situazione é rovesciata: i niniviti stanno bene, invece il profeta é lá da solo, sotto un sole a picchio che gli brucia la testa fino a farlo svenire. Dio lo compatisce e fa crescere una pianta per fagli ombra. Giona si riprende e torna a ringalluzzirsi. E Dio manda un insetto a mangiare le radici della pianta, che si secca. Giona é di nuovo nei guai e torna a pregare, e Dio gli dice: "Vedi? Se ti sei disperato e mi hai fatto pena solo per aver preso un un pó di sole, perché non volevi che io salvassi i niniviti, che correvano il rischio di essere distrutti completamente dal fuoco?" In poche parole, é la storia (di fantasia) di una persona religiosa che crede di avere dei meriti davanti a Dio, e lo vorrebbe tutto per sé, al proprio servizio. Dio deve fare quello che voglio io! Deve salvare quelli che voglio io!

La Bibbia non finisce la storia. Nessuno sa se alla fine Giona si sia davvero convertito oppure no, ma sappiamo che era una testa dura: né l´invio, né la tempesta, né le critiche dei marinai, né la pancia del pesce, e nemmeno il sole rovente sono stati sufficienti a fargli accettare il progetto di Dio. Noi siamo piú o meno cosí. Sarei curioso di sapere se vi é venuto in mente qualcuno o qualcuna in particolare: gente che invece di mettersi al servizio della misericordia vogliono servire un Dio che spaventa e condanna! Temo, tuttavia, di avervi annoiati, perché dalle vostre parti impera lo scetticismo e le parabole non fanno colpo. E poi si parla di salvezza, ma cos´é la salvezza? Da che cosa dobbiamo salvarci? Sarei tentato di rispondere che dobbiamo salvarci dagli idoli, perché l´attuale ordine mondiale e anche i rapporti interpersonali di ciascuno di noi, in questo momento, sono regolati dall´idolatria e giustificati in suo nome. Ma lascio perdere, perché la questione é troppo ampia. Osservate che perfino il Dio che adoriamo, a volte, é un idolo: perché non lo abbiamo riconosciuto come Egli é, ma ce lo raffiguriamo come lo vogliamo noi. Anche il Gesú in cui crediamo non é quello dei vangeli, ma un nostro Gesú personale che si comporta magari secondo i canoni, ma é privo della passione per l´essere umano, e si guarda bene dall´irritare chi lo puó mettere in croce.

Prima di chiudere questa pagina, non voglio privarvi del terzo capitolo su "Economia e vita" scritto e pubblicato su Adital da Jung Mo Sung. Dovrebbe interessarvi, se non altro perché ha un bel nome brasiliano (non é nemmeno parente di Mao Tse Tung). Scherzi a parte, questo suo terzo articola ha molto a che vedere con la comprensione di temi che ho trattato sopra. Puó aiutarci a capire quanto siamo uguali a Giona, e come possiamo in qualche caso essere i marinai che costringono Giona a pensare. Puó darci una chiave di lettura per il film "Il milionario". E puó avvicinarci alla risposta della domanda "da che cosa dobbiamo salvarci?" - Yung é un teologo laico, che esercita come professore di corsi di dottorato a São Paulo.

"In un passato non molto distante, quando le persone si sentivano "impure" o, con parola piú moderna, depresse, andavano in chiesa o il qualche altro luogo sacro a pregare o partecipare a un rito. L´andare a un luogo sacro e partecipare a un rito sacro le aiutava a sentirsi piú pure, piú forti e degne di affrontare la vita. Ai nostri giorni la gente preferisce andare ad uno Shopping Center a fare acquisti e guardare le vetrine. E la cosa piú interessante é che escono di lá con piú vigore e animo per vivere. É come se il lo desiderio di vivere fosse stato rafforzato. Non é per caso che l´architettura degli shoppings ha molti elementi che ci ricordano i templi e le cattedrali.

Questo piccolo esempio ci mostra che esiste un tipo di esperienza spirituale che accade quotidianamente nelle persone attraverso il mondo dell´economia. Tali esperienze economico-spirituali é cosí forte oggi che, perfino nelle chiese, la questione del consumo ha una presenza molto forte. Questo non si verifica solo nella giá sufficientemente conosciuta e criticata teologia della prosperitá - presente nel mondo protestante, evangelico e cattolico - che insegna che la benedizione di Dio si manifesta ed é garantita dalla prosperitá economica. Ma anche in altre manifestazioni como l´orgoglio per il fatto che un prete o un pastore della propria chiesa vende molti compact disc o é molto richiesto per dare spettacoli. Preti e pastori di successo (spirituale-economico?) che di solito usano vestiti e auto di marche famose e care, stanno diventando modelli per i nuovi candidati al sacerdozio o al pastorato e anche per i giovani cristiani.

Con questo non voglio dire che frequentare uno shopping o comprare un indumento di moda sia vivere la spiritualitá del mercato. Questo sarebbe cadere nell´altro estremo. Il problema non sta nel comprare qualcosa di buono e bello in un centro acquisti (shopping center), ma nel sentirsi piú degno e "puro" per questo. La questione spirituale non sta nell´atto di comprare o nella mercanzia che si compra, ma nel senso piú profondo che uno trova e sperimenta in questa esperienza. Ció che mostra questo tipo di esperienza spirituale, che accade ai nostri tempi in ogni parte del mondo, é che questa non é solo una questione individuale, dovuto a un errore morale o spirituale di alcuni, ma ha radici in una trasformazione accaduta nel mondo moderno capitalista.

Max Weber ha sintetizzato questo quando ha scritto che l´ottenere piú e piú denaro é divenuto lo scopo supremo che orienta la vita nel capitalismo. Prima, le persone lavoravano e trattavano le questioni economiche in funzione delle loro necessitá vitali (la dimensione materiale della vita). Adesso, guadagnare é diventato lo scopo ultimo della vita. Oggi, con la cultura del consumo, consumare e ostentare il consumo é passato ad essere il senso ultimo della vita. Per questo la gente, quando si sente "perduta", "impura" o "meno-persona umana", va allo shopping. Non sono consapevoli di ció che stanno facendo; cioé non sanno di andare per acquisti o per guardare vetrine per realizzare il senso ultimo delle loro vite. Sono semplicemente trasportate da una forza maggiore. Cosí come il capitalista che cerca di ottenere sempre piú denaro per guadagnare piú denaro non é cosciente di farlo mosso dallo "spirito del capitalismo". Alla stessa maniera, il povero si sente come non umano, privo di dignitá, perché non é capace di consumare tanto quanto la societá gli chiede per riconoscere la sua dignitá.

Questa forza spirituale - che Weber chiamó correttamente "spirito del capitalismo" - che muove oggi le persone e la societá verso questa ossessione per il consumo e per il guadagno di denaro senza fine, é ció che il Nuovo Testamento chiama "poteri di distruzione o che Paolo chiama principati e potestá del male. Le persone sono coibite a vivere la spiritualitá del consumo o del mercato perché sono immerse nello spirito del capitalismo. Anche se esternamente portano simboli spirituali cristiani o di altre religioni piú tradizionali, molti sono sommersi e mossi dallo spirito del capitalismo.

In questo mondo, la conversione cristiana, a livello personale, significa aprire gli occhi per vedere le bugie di questa spiritualitá idolatrica (cf Giovanni, 8,44) e accorgersi che gli "shows della fede", per quanto siano grandiosi, non esprimono la fede in Gesú Cristo, cosí come la dignitá umana non viene dalla ricchiezza o dalle marche famose e care. Significa pure desiderare di incarnare l´amore di Dio in questo mondo, prendendo Gesú come modello di vita e di essere umano. Solo che sappiamo che la conversione personale é necessaria, ma non é sufficiente. Abbiamo bisogno anche che il "mondo" si converta! E com´é possibile questo? (Questo sará il tema dei prossimi articoli)".

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