Foto: mi hanno spiegato che é una specie nostrana di zafferano, selvatica. Cresce nei posti umidi e ombreggiati.
Questa settimana noi abbiamo fatto diverse riunioni di programmazione, perché sono arrivate altre due suore latino-americane di una comunitá religiosa che si chiama "Missionárias da Igreja". Su Adital é uscita l´"analisi di congiuntura" della commissione collegata alla Conferenza dei Vescovi, che io avrei voluto tradurre e riassumere per voi, ma sono incappato in un disturbo che mi toglie lo sprint. Sapete, quí siamo in piena estate e bisogna stare prevenuti contro le diarree, ma io mi sono trascurato).
Mi accontenteró di passarvi un aneddoto che mi hanno raccontato, tra le risate, don Eligio e Severino. Una famiglia chiama don Eligio a casa per fare le esequie al loro papá (qui, spesso, si fanno in casa anche le esequie: questione di praticitá e di tante altre componenti culturali). Don Eligio va, e un figlio del defunto gli fa questo discorso: "Mio padre, una settimana fa, ha aderito a una Chiesa evangelica, ma é stata una conversione di ultima ora e noi vogliamo, ugualmente, il funerale cattolico. Siamo convinti che anche nostro padre lo vorrebbe, se fosse vivo".
Don Eligio dice: "Va bene, ma come mai si é convertito?" "Eh, sa - risponde il figlio - é venuto un pastore, e gli ha detto: "Se accetti Gesú come salvatore e redentore sarai salvo, e avrai la cura. Lo vuoi?" Lui, dal letto, ha gridato con tutte le forze: "Con l´aiuto della Madonna e del Divin Padre Eterno, lo voglio!" (Per chi non lo sapesse, in Goiás il Divin Pai Eterno rappresenta la santissima Trinitá, ma a lui é dedicato il piú grande santuario cattolico di Goiás e molti lo venerano non come Dio, ma come il piú grande dei santi). É diventato protestante con l´aiuto della Madonna.
Su adital é stato pubblicato anche un articolo di Ivo Poletto, segretario nazionale della Caritas, che sottolinea l´importanza delle domande poste (e proposte) da Evo Morales, presidente boliviano, a agli altri partecipanti dell´incontro di Copenaghen che ha concluso poco o niente. Io non vi traduco l´articolo, che sottolinea come sia sintomatico che l´unico presidente indio si dimostra anche il piú sensibile al problema ecologico: vi mando le sue domande cosí come le ho ricevute, giá tradotte, da un amico modenese che cita siti internazionali.
Detto e fatto, il Presidente boliviano, Evo Morales, all’evento-concerto (http://www.youimpact.it/showcontent.cfm?content=7960aba2-158f-4e8a-8a33-1af3b1ead743) e alla conferenza di Copenaghen lo aveva annunciato e mantiene la promessa. Data la mancanza di un accordo tra i governi, il popolo deve essere consultato in un referendum di scala globale e in occasione della Conferenza alternativa sui cambiamenti climatici dei popoli, delle genti e dei nativi che si terrà in Bolivia, a Cochabamba (http://pwccc.wordpress.com/) , dal 19 al 22 aprile prossimi si discuterà dell’indizione di un REFERENDUM MONDIALE SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI.
Ecco i punti (http://pwccc.wordpress.com/category/working-groups/04-referendum/) proposti nel referendum
1) Siete d'accordo nel ristabilire l'armonia con la natura, riconoscendo i diritti della Terra Madre?
SI o NO
2) Siete d'accordo nel cambiare il modello di consumo eccessivo e dei rifiuti rappresentato dal sistema capitalista?
SI o NO
3) Siete d'accordo che i paesi in via di sviluppo riducano e riassorbiscano le loro emissioni di gas a effetto serra affinchè la temperatura non salga di oltre 1 ° C?
SI o NO
4) Siete d'accordo con il trasferimento di tutto ciò che viene speso in guerre per l'assegnazione di un budget più grande da utilizzare per la difesa dai cambiamenti climatici?
SI o NO
5) Siete d'accordo nell’istituire un tribunale di giustizia climatica per giudicare coloro che distruggono la Madre Terra?
SI o NO
Questa è solo una proposta, su cui un gruppo di lavoro apposito esaminerà la pertinenza della proposta, le domande, e gli aspetti concreti per organizzare un referendum a livello globale, con la partecipazione di diversi popoli e governi progressisti.
Infine, vi offro la traduzione di un testo che é stato presentato su Adital dall´Arcivescovo di Tangeri sotto il titolo:"Ho visto Dio negro, povero e senza documenti". Tánger, 16 febbraio 2010:
"Immagina di aver dato alla luce domenica scorsa, in un ospedale pubblico marocchino. Un bambino bello!
Immagina che ti abbiano mandato a casa il giorno dopo, lunedí.
Immagina di essere tornata a casa stanca, sanguinando per il dopo-parto; ancora con dolori nell´utero, che lotta per tornare al suo posto.
Immagina che in casa ti aspettino tua figlia di due anni e due mesi e tuo marito.
Immagina che questa mattina, mentre facevi il bagno al bebê, ti sei accorta che respirava con difficoltá.
Immagina di essere andata di corsa all´ospedale pubblico marocchino.
Immagina che ti abbiano detto che non potevano occuparsi di te.
Immagina di essere tornata lá due volte.
Immagina che la terza volta il tuo bebê abbia smesso di respirare quasi sulla porta dell´ospedale.
Immagina di aver chiesto e di aver chiesto aiuto per il tuo bebê morto.
Immagina che lo abbiano portato all´obitorio dell´ospedale.
Immagina che tu, tua figlia e tuo marito siate stati condotti al distretto di polizia.
Ora, immaginati mentre ti contorci per il dolore nelle viscere, il dolore amaro della morte di tuo figlio, il dolore di un utero che ti ricorda che hai appena partorito, il dolore di un latte che é troppo per i tuoi seni duri come pietre. Peró immaginati NEGRA; immaginati AFRICANA; immaginati POVERA; immaginati SENZA DOCUMENTI.
Sei seduta, piegata sul tuo ventre in quell´ufficio sporco di un distretto di polizia, con poliziotti che vanno e vengono e ti parlano in una lingua che non capisci. Ti vedo lá, e tento di tradurre per te le domande che mi sembrano stupide, crudeli e disumane.
Vogliono sapere che cosa fai nel loro regno; come sei entrata e da quanto tempo sei qui. Vogliono sapere come vi chiamate voi, come si chiamano i vostri genitori e perché siete venuti.
Tuo marito grida e chiede pietá. Voi avete capito che tutte le domande hanno come scopo giustificare una deportazione nel deserto. Tuo marito grida e ti tranquillizza, chiamandoti "honey".
Tua figlia sorride, gioca col suo pupazzo e canta "haleluya".
La polizia cerca un interprete di arabo per l´inglese, per fare il processo e portarlo al Tribunale.
Mi dici che se ti deportano nel deserto e lá ti violentano non credi che resisterai al dolore, perché hai appena partorito.
Un poliziotto si avvicina a me e mi domanda: "Perché lo fai? Per piacere?" Questo amabile poliziotto indica come "questo" l´accompagnamento che sto tentando di dare a dei genitori prostrati dal dolore, il fatto di comprare un pó di cibo per una bimba che ha passato tutto il giorno senza mangiare nemmeno un bocconcino e perché tento di portare un pó di umanitá e di buon trattamento a questo maledetto distretto di polizia.
Allora lo guardo: mi fa orrore la sua freddezza, e gli rispondo che lo facciamo per amore. Vedo in lui questi esseri che mangiano, cagano e posano da poliziotti per continuare a mangiare e cagare. Mi fa pena.
Detengono tuo marito nel distretto e mi dicono che, come caso umanitario, ti lascieranno dormire a casa. Domani dovrai passare dal Tribunale insieme a tuo marito.
Ti rimpicciolisci. É la prima volta che ti vedo raddrizzare questo ventre che ti fa male. Gridi e piangi finché un poliziotto non ti ordina di tacere.
Non lo sopporto; gli chiedo per favore che capisca che tuo figlio é morto oggi; che hai appena partorito; che ti fanno male le viscere.
Mi rispondono con disprezzo che in questo regno esistono leggi; che si fa quello che dice il procuratore del re e che tu sei una NEGRA CLANDESTINA.
Domani andremo al Tribunale; domani, un uomo di questo regno deciderá se ti buttano assieme a tua figlia nel deserto, all´alba. Da lí in poi, la fortuna deciderá se sarai violentata o no; se tua figlia sará rapita o lei pure violentata.
Immagina che tutto questo sia accaduto oggi.
Immagina che tutte sentiamo dolore alle viscere".
E conclude l´Arcivescovo di Tangeri: "Cosí l´ho ricevuto e cosí lo rispedisco. E continueró a stare in ginocchio, perché oggi ho visto Dio in un negro e senza documenti".
26 febbraio 2010
21 febbraio 2010
IN BOCCA ALLA BALENA
Le foto: 1) un gruppo della comunitá di Córrego di Areias in attesa della messa. 2) Una orquidea selvatica che é fiorita in questi giorni: ha fiori strani, come fauci spalancate. Ha fame....
Il rito delle ceneri fa ancora centro. Mercoledí scorso, pur celebrando in periferia, ho avuto il piacere di veder arrivare una folla. In centro mi hanno detto che era una marea. Naturalmente bisogna fare un pó di sconto alle nostre valutazioni a occhio, perché queste moltitudini sono sicuramente piccole in confronto al totale della popolazione: tuttavia evidenziano che i simboli sono ancora attraenti. I brasiliani li amano, e l´amore ai simboli é senza dubbio un piccolo segnale di apertura al trascendente, di predisposizione alla ricettivitá della Parola di Dio e di un bisogno profondo che va oltre la soddisfazione dei desideri immediati. "Non di solo pane vive l´uomo". L´economia capitalista é mossa dai desideri immediati: li crea dove non ci sono, e fa impazzire la gente per accaparrarsi i soldi per soddisfarli. Essi sono le catene della moderna schiavitú. Se c´é gente che non é ancora completamente alienata e continua a "cercare oltre", vuol dire che l´umanitá é ancora viva e puó ancora liberarsi, intraprendere un cammino nel deserto e sognare una terra promessa.
Il mercoledí delle ceneri, dunque, é stata un´ottima opportunitá per riflettere e trasmettere l´allarme della Campagna della Fraternitá 2010, "Economia e Vita": "Non potete servire a Dio e al denaro". Il Vangelo di oggi aggiunge le altre due tentazioni. Il progetto di Dio é chiaro, quello del diavolo (del "male" che fermenta in noi, recita il prefazio della messa), é anche lui molto netto. Siamo noi a fare la confusione, seguendo un pó l´uno e un pó l´altro. O dichiariamo di seguire il primo e invece andiamo dietro al secondo: creiamo in noi una spaccatura tra le parole e i fatti, tra le intenzioni e la pratica. Oppure, ancora, tentiamo la fuga: separiamo la vita spirituale da quella reale. Seguiamo Dio in un pianeta a parte, il pianeta dello spirito. In quello noi disprezziamo i soldi e le cose materiali, e cerchiamo la vita eterna per salvarci dopo la morte. In questo pianeta terra, invece, ci impantaniamo nel denaro come qualsiasi pagano. La liturgia, in questo caso, ci fa un buon servizio: ci schiarisce le idee. Almeno per qualche attimo l´opposizione tra i due progetti appare chiara. Come in una notte buia, nel mezzo di un temporale, per un istante un lampo illumina il paesaggio. É un attimo soltanto, poi la visione subito scompare, ma almeno sappiamo che Dio non si trova su un pianeta lontano. Lui é quí, in mezzo a noi, ed é la soluzione per dare vita a questo mondo. Non ci chiama all´evasione, ma all´impegno.
A questo proposito, avete visto il film "Il milioniario"? A me é capitato di assisterlo nei giorni scorsi. Mi é sembrato una parabola della vita (delle bidonvilles dell´India, come di tutte le altre). Andatelo a vedere, se vi capita l´occasione. Mi sembra importante per capire, anche se é soltanto in forma di suggestione cinematografica, che per salvare il mondo non basta dare ai poveri un pó di soldi e una lezione di morale borghese. Il mondo dell´economia globale ha creato il sottomondo degli impoveriti, che é una minaccia al nostro ordine e non ci permetterá di dormire tranquilli ignorando "gli altri" e ricacciandoli ogni volta nei loro ghetti.
A Goiás abbiamo fatto pure tre giorni di esercizi spirituali diocesani, con gli operatori di pastorale (preti, laici e laiche, diaconi e suore). Mi ha piacevolmente sopreso, prima di tutto, lo spirito dei partecipanti. Ho sentito la diocesi molto migliore di quanto non mi aspettassi. C´é un bel clima tra noi. Non é il caso di lodarci troppo, ma credo che si possa dire che siamo in sintonia e affiatati nelle cose fondamentali. Anche i piú giovani e quelli (o quelle) che si sono inseriti da poco tempo. Considerando la dispersione di una diocesi di piú di venti mila chilometri quadrati e la precarietá delle condizioni per una buona formazione religiosa e intellettuale, avere in comune almeno la stessa tensione e voglia di essere autentici e annunciare il Gesú dei Vangeli e non semplicemente amministrare una routine religiosa, non é poco.
Un´altra buona sorpresa é stata la personalitá del relatore. Francesco Orofino, ex frate dei minori francescani, parecchi anni fa uscí dall´Ordine per continuare il suo ministero come laico. Attualmente é coordinatore nazionale del Centro Bíblico (CEBI)e svolge l’attività di promozione della lettura popolare della Bibbia e della lectio divina. Lavora fianco a fianco con Carlos Mesters, a Belo Horizonte. Queste sono persone che hanno qualche numero in piú di un comune (si fa per dire) biblista. Sono artisti, poeti, gente di vita spirituale profonda continuamente alla ricerca del volto del vero Dio della salvezza, e che osservano la vita a partire dai testi della Bibbia, ma é nella vita reale che lo cercano, non semplicemente nel libro.
Francesco Orofino ha preso come paradigma per la riflessione il libro di Giona. Una scelta sicuramente originale. Giona è uno dei libri più piccoli della Bibbia: appena 3 o 4 paginette. E’ collocato tra i libri dei profeti, ma non è un profeta. Ha qualche apparenza di libro storico (nomi di luoghi, numero di abitanti di Ninive) ma non lo é. In effetti é una parabola. Ognuno di noi puó imedesimarsi nel personaggio, Giona, a cui il racconto, in modo divertente e molto ironico, fa vivere delle situazioni assurde che sollevano degli interrogativi. Oppure, se volete, ognuno puó anche trovarsi in bocca alla balena, come lui: la quaresima puó essere la balena. Tutta la vita lo é, e ci "vomita" sempre da qualche parte. Vi risparmio il racconto, che potete leggervi da soli sulla bibbia, ma ne faccio qualche cenno per prendere lo spunto.
Dio chiede a Giona di andare a Ninive: “Vai a Ninive a dire alla gente di quella città che la loro corruzione è arrivata al limite, non li sopporto più e sto per distruggerli: non si salverà nessuno”. Giona si imbarca nella direzione opposta, verso la Spagna. Disobbedisce a Dio e fugge da lui, cerca di nascondersi. Dio allora manda una tempesta che scuote la nave e minaccia di affondarla. Durante la tempesta, Giona dorme profondamente. I marinai, pagani, pregano disperatamente i loro dei per salvarsi, e il profeta del Dio vero dorme! Sono i marinai che lo svegliano e lo costringono a una revisione di vita: "Chi sei? Che cosa fai qui, su questa nave? Qual´é la tua missione? Noi siamo in pericolo per tua causa, che cosa ci consigli di fare?" In effetti sembra ció che accade ogni giorno di questi tempi. Molta gente, in buona fede, ci chiede: "Perché voi cristiani non prendete sul serio il Vangelo in cui dite di credere? Perché non siete apertamente schierati dalla parte dei poveri, dalla parte dell´´ uguaglianza e della giustizia? Perché parlate di comunione e non condividere ció che avete? Perché avete tanti soldi e ve li tenete stretti come se fossero il vostro idolo? Perché parlate di amore ma ricorrete cosí spesso al potere, ai privilegi, alle amicizie potenti?" E via dicendo.
Buttano Giona a mare, un pesce lo ingoia, e lui, quando é nella pancia del pesce, sembra ravvedersi. Infatti fa una bellissima preghiera. Appena il pesce lo vomita sulla spiaggia, lui in effetti va a predicare ai Niniviti, ma é chiaro che in cuor suo spera che non si ravvedano e che Dio, alla fine, li distrugga. Infatti, dopo le prediche, va a farsi una capanna fuori cittá. Pare che si stia preparando a godersi lo spettacolo del fuoco che scende dal cielo. Invece i niniviti si convertono (perfino il re, cosa che non accade mai! - ha osservato Orofino), e ottengono il perdono, e Giona si arrabbia moltissimo e se la prende con Dio: "Perché li hai salvati?" Adesso la situazione é rovesciata: i niniviti stanno bene, invece il profeta é lá da solo, sotto un sole a picchio che gli brucia la testa fino a farlo svenire. Dio lo compatisce e fa crescere una pianta per fagli ombra. Giona si riprende e torna a ringalluzzirsi. E Dio manda un insetto a mangiare le radici della pianta, che si secca. Giona é di nuovo nei guai e torna a pregare, e Dio gli dice: "Vedi? Se ti sei disperato e mi hai fatto pena solo per aver preso un un pó di sole, perché non volevi che io salvassi i niniviti, che correvano il rischio di essere distrutti completamente dal fuoco?" In poche parole, é la storia (di fantasia) di una persona religiosa che crede di avere dei meriti davanti a Dio, e lo vorrebbe tutto per sé, al proprio servizio. Dio deve fare quello che voglio io! Deve salvare quelli che voglio io!
La Bibbia non finisce la storia. Nessuno sa se alla fine Giona si sia davvero convertito oppure no, ma sappiamo che era una testa dura: né l´invio, né la tempesta, né le critiche dei marinai, né la pancia del pesce, e nemmeno il sole rovente sono stati sufficienti a fargli accettare il progetto di Dio. Noi siamo piú o meno cosí. Sarei curioso di sapere se vi é venuto in mente qualcuno o qualcuna in particolare: gente che invece di mettersi al servizio della misericordia vogliono servire un Dio che spaventa e condanna! Temo, tuttavia, di avervi annoiati, perché dalle vostre parti impera lo scetticismo e le parabole non fanno colpo. E poi si parla di salvezza, ma cos´é la salvezza? Da che cosa dobbiamo salvarci? Sarei tentato di rispondere che dobbiamo salvarci dagli idoli, perché l´attuale ordine mondiale e anche i rapporti interpersonali di ciascuno di noi, in questo momento, sono regolati dall´idolatria e giustificati in suo nome. Ma lascio perdere, perché la questione é troppo ampia. Osservate che perfino il Dio che adoriamo, a volte, é un idolo: perché non lo abbiamo riconosciuto come Egli é, ma ce lo raffiguriamo come lo vogliamo noi. Anche il Gesú in cui crediamo non é quello dei vangeli, ma un nostro Gesú personale che si comporta magari secondo i canoni, ma é privo della passione per l´essere umano, e si guarda bene dall´irritare chi lo puó mettere in croce.
Prima di chiudere questa pagina, non voglio privarvi del terzo capitolo su "Economia e vita" scritto e pubblicato su Adital da Jung Mo Sung. Dovrebbe interessarvi, se non altro perché ha un bel nome brasiliano (non é nemmeno parente di Mao Tse Tung). Scherzi a parte, questo suo terzo articola ha molto a che vedere con la comprensione di temi che ho trattato sopra. Puó aiutarci a capire quanto siamo uguali a Giona, e come possiamo in qualche caso essere i marinai che costringono Giona a pensare. Puó darci una chiave di lettura per il film "Il milionario". E puó avvicinarci alla risposta della domanda "da che cosa dobbiamo salvarci?" - Yung é un teologo laico, che esercita come professore di corsi di dottorato a São Paulo.
"In un passato non molto distante, quando le persone si sentivano "impure" o, con parola piú moderna, depresse, andavano in chiesa o il qualche altro luogo sacro a pregare o partecipare a un rito. L´andare a un luogo sacro e partecipare a un rito sacro le aiutava a sentirsi piú pure, piú forti e degne di affrontare la vita. Ai nostri giorni la gente preferisce andare ad uno Shopping Center a fare acquisti e guardare le vetrine. E la cosa piú interessante é che escono di lá con piú vigore e animo per vivere. É come se il lo desiderio di vivere fosse stato rafforzato. Non é per caso che l´architettura degli shoppings ha molti elementi che ci ricordano i templi e le cattedrali.
Questo piccolo esempio ci mostra che esiste un tipo di esperienza spirituale che accade quotidianamente nelle persone attraverso il mondo dell´economia. Tali esperienze economico-spirituali é cosí forte oggi che, perfino nelle chiese, la questione del consumo ha una presenza molto forte. Questo non si verifica solo nella giá sufficientemente conosciuta e criticata teologia della prosperitá - presente nel mondo protestante, evangelico e cattolico - che insegna che la benedizione di Dio si manifesta ed é garantita dalla prosperitá economica. Ma anche in altre manifestazioni como l´orgoglio per il fatto che un prete o un pastore della propria chiesa vende molti compact disc o é molto richiesto per dare spettacoli. Preti e pastori di successo (spirituale-economico?) che di solito usano vestiti e auto di marche famose e care, stanno diventando modelli per i nuovi candidati al sacerdozio o al pastorato e anche per i giovani cristiani.
Con questo non voglio dire che frequentare uno shopping o comprare un indumento di moda sia vivere la spiritualitá del mercato. Questo sarebbe cadere nell´altro estremo. Il problema non sta nel comprare qualcosa di buono e bello in un centro acquisti (shopping center), ma nel sentirsi piú degno e "puro" per questo. La questione spirituale non sta nell´atto di comprare o nella mercanzia che si compra, ma nel senso piú profondo che uno trova e sperimenta in questa esperienza. Ció che mostra questo tipo di esperienza spirituale, che accade ai nostri tempi in ogni parte del mondo, é che questa non é solo una questione individuale, dovuto a un errore morale o spirituale di alcuni, ma ha radici in una trasformazione accaduta nel mondo moderno capitalista.
Max Weber ha sintetizzato questo quando ha scritto che l´ottenere piú e piú denaro é divenuto lo scopo supremo che orienta la vita nel capitalismo. Prima, le persone lavoravano e trattavano le questioni economiche in funzione delle loro necessitá vitali (la dimensione materiale della vita). Adesso, guadagnare é diventato lo scopo ultimo della vita. Oggi, con la cultura del consumo, consumare e ostentare il consumo é passato ad essere il senso ultimo della vita. Per questo la gente, quando si sente "perduta", "impura" o "meno-persona umana", va allo shopping. Non sono consapevoli di ció che stanno facendo; cioé non sanno di andare per acquisti o per guardare vetrine per realizzare il senso ultimo delle loro vite. Sono semplicemente trasportate da una forza maggiore. Cosí come il capitalista che cerca di ottenere sempre piú denaro per guadagnare piú denaro non é cosciente di farlo mosso dallo "spirito del capitalismo". Alla stessa maniera, il povero si sente come non umano, privo di dignitá, perché non é capace di consumare tanto quanto la societá gli chiede per riconoscere la sua dignitá.
Questa forza spirituale - che Weber chiamó correttamente "spirito del capitalismo" - che muove oggi le persone e la societá verso questa ossessione per il consumo e per il guadagno di denaro senza fine, é ció che il Nuovo Testamento chiama "poteri di distruzione o che Paolo chiama principati e potestá del male. Le persone sono coibite a vivere la spiritualitá del consumo o del mercato perché sono immerse nello spirito del capitalismo. Anche se esternamente portano simboli spirituali cristiani o di altre religioni piú tradizionali, molti sono sommersi e mossi dallo spirito del capitalismo.
In questo mondo, la conversione cristiana, a livello personale, significa aprire gli occhi per vedere le bugie di questa spiritualitá idolatrica (cf Giovanni, 8,44) e accorgersi che gli "shows della fede", per quanto siano grandiosi, non esprimono la fede in Gesú Cristo, cosí come la dignitá umana non viene dalla ricchiezza o dalle marche famose e care. Significa pure desiderare di incarnare l´amore di Dio in questo mondo, prendendo Gesú come modello di vita e di essere umano. Solo che sappiamo che la conversione personale é necessaria, ma non é sufficiente. Abbiamo bisogno anche che il "mondo" si converta! E com´é possibile questo? (Questo sará il tema dei prossimi articoli)".
Il rito delle ceneri fa ancora centro. Mercoledí scorso, pur celebrando in periferia, ho avuto il piacere di veder arrivare una folla. In centro mi hanno detto che era una marea. Naturalmente bisogna fare un pó di sconto alle nostre valutazioni a occhio, perché queste moltitudini sono sicuramente piccole in confronto al totale della popolazione: tuttavia evidenziano che i simboli sono ancora attraenti. I brasiliani li amano, e l´amore ai simboli é senza dubbio un piccolo segnale di apertura al trascendente, di predisposizione alla ricettivitá della Parola di Dio e di un bisogno profondo che va oltre la soddisfazione dei desideri immediati. "Non di solo pane vive l´uomo". L´economia capitalista é mossa dai desideri immediati: li crea dove non ci sono, e fa impazzire la gente per accaparrarsi i soldi per soddisfarli. Essi sono le catene della moderna schiavitú. Se c´é gente che non é ancora completamente alienata e continua a "cercare oltre", vuol dire che l´umanitá é ancora viva e puó ancora liberarsi, intraprendere un cammino nel deserto e sognare una terra promessa.
Il mercoledí delle ceneri, dunque, é stata un´ottima opportunitá per riflettere e trasmettere l´allarme della Campagna della Fraternitá 2010, "Economia e Vita": "Non potete servire a Dio e al denaro". Il Vangelo di oggi aggiunge le altre due tentazioni. Il progetto di Dio é chiaro, quello del diavolo (del "male" che fermenta in noi, recita il prefazio della messa), é anche lui molto netto. Siamo noi a fare la confusione, seguendo un pó l´uno e un pó l´altro. O dichiariamo di seguire il primo e invece andiamo dietro al secondo: creiamo in noi una spaccatura tra le parole e i fatti, tra le intenzioni e la pratica. Oppure, ancora, tentiamo la fuga: separiamo la vita spirituale da quella reale. Seguiamo Dio in un pianeta a parte, il pianeta dello spirito. In quello noi disprezziamo i soldi e le cose materiali, e cerchiamo la vita eterna per salvarci dopo la morte. In questo pianeta terra, invece, ci impantaniamo nel denaro come qualsiasi pagano. La liturgia, in questo caso, ci fa un buon servizio: ci schiarisce le idee. Almeno per qualche attimo l´opposizione tra i due progetti appare chiara. Come in una notte buia, nel mezzo di un temporale, per un istante un lampo illumina il paesaggio. É un attimo soltanto, poi la visione subito scompare, ma almeno sappiamo che Dio non si trova su un pianeta lontano. Lui é quí, in mezzo a noi, ed é la soluzione per dare vita a questo mondo. Non ci chiama all´evasione, ma all´impegno.
A questo proposito, avete visto il film "Il milioniario"? A me é capitato di assisterlo nei giorni scorsi. Mi é sembrato una parabola della vita (delle bidonvilles dell´India, come di tutte le altre). Andatelo a vedere, se vi capita l´occasione. Mi sembra importante per capire, anche se é soltanto in forma di suggestione cinematografica, che per salvare il mondo non basta dare ai poveri un pó di soldi e una lezione di morale borghese. Il mondo dell´economia globale ha creato il sottomondo degli impoveriti, che é una minaccia al nostro ordine e non ci permetterá di dormire tranquilli ignorando "gli altri" e ricacciandoli ogni volta nei loro ghetti.
A Goiás abbiamo fatto pure tre giorni di esercizi spirituali diocesani, con gli operatori di pastorale (preti, laici e laiche, diaconi e suore). Mi ha piacevolmente sopreso, prima di tutto, lo spirito dei partecipanti. Ho sentito la diocesi molto migliore di quanto non mi aspettassi. C´é un bel clima tra noi. Non é il caso di lodarci troppo, ma credo che si possa dire che siamo in sintonia e affiatati nelle cose fondamentali. Anche i piú giovani e quelli (o quelle) che si sono inseriti da poco tempo. Considerando la dispersione di una diocesi di piú di venti mila chilometri quadrati e la precarietá delle condizioni per una buona formazione religiosa e intellettuale, avere in comune almeno la stessa tensione e voglia di essere autentici e annunciare il Gesú dei Vangeli e non semplicemente amministrare una routine religiosa, non é poco.
Un´altra buona sorpresa é stata la personalitá del relatore. Francesco Orofino, ex frate dei minori francescani, parecchi anni fa uscí dall´Ordine per continuare il suo ministero come laico. Attualmente é coordinatore nazionale del Centro Bíblico (CEBI)e svolge l’attività di promozione della lettura popolare della Bibbia e della lectio divina. Lavora fianco a fianco con Carlos Mesters, a Belo Horizonte. Queste sono persone che hanno qualche numero in piú di un comune (si fa per dire) biblista. Sono artisti, poeti, gente di vita spirituale profonda continuamente alla ricerca del volto del vero Dio della salvezza, e che osservano la vita a partire dai testi della Bibbia, ma é nella vita reale che lo cercano, non semplicemente nel libro.
Francesco Orofino ha preso come paradigma per la riflessione il libro di Giona. Una scelta sicuramente originale. Giona è uno dei libri più piccoli della Bibbia: appena 3 o 4 paginette. E’ collocato tra i libri dei profeti, ma non è un profeta. Ha qualche apparenza di libro storico (nomi di luoghi, numero di abitanti di Ninive) ma non lo é. In effetti é una parabola. Ognuno di noi puó imedesimarsi nel personaggio, Giona, a cui il racconto, in modo divertente e molto ironico, fa vivere delle situazioni assurde che sollevano degli interrogativi. Oppure, se volete, ognuno puó anche trovarsi in bocca alla balena, come lui: la quaresima puó essere la balena. Tutta la vita lo é, e ci "vomita" sempre da qualche parte. Vi risparmio il racconto, che potete leggervi da soli sulla bibbia, ma ne faccio qualche cenno per prendere lo spunto.
Dio chiede a Giona di andare a Ninive: “Vai a Ninive a dire alla gente di quella città che la loro corruzione è arrivata al limite, non li sopporto più e sto per distruggerli: non si salverà nessuno”. Giona si imbarca nella direzione opposta, verso la Spagna. Disobbedisce a Dio e fugge da lui, cerca di nascondersi. Dio allora manda una tempesta che scuote la nave e minaccia di affondarla. Durante la tempesta, Giona dorme profondamente. I marinai, pagani, pregano disperatamente i loro dei per salvarsi, e il profeta del Dio vero dorme! Sono i marinai che lo svegliano e lo costringono a una revisione di vita: "Chi sei? Che cosa fai qui, su questa nave? Qual´é la tua missione? Noi siamo in pericolo per tua causa, che cosa ci consigli di fare?" In effetti sembra ció che accade ogni giorno di questi tempi. Molta gente, in buona fede, ci chiede: "Perché voi cristiani non prendete sul serio il Vangelo in cui dite di credere? Perché non siete apertamente schierati dalla parte dei poveri, dalla parte dell´´ uguaglianza e della giustizia? Perché parlate di comunione e non condividere ció che avete? Perché avete tanti soldi e ve li tenete stretti come se fossero il vostro idolo? Perché parlate di amore ma ricorrete cosí spesso al potere, ai privilegi, alle amicizie potenti?" E via dicendo.
Buttano Giona a mare, un pesce lo ingoia, e lui, quando é nella pancia del pesce, sembra ravvedersi. Infatti fa una bellissima preghiera. Appena il pesce lo vomita sulla spiaggia, lui in effetti va a predicare ai Niniviti, ma é chiaro che in cuor suo spera che non si ravvedano e che Dio, alla fine, li distrugga. Infatti, dopo le prediche, va a farsi una capanna fuori cittá. Pare che si stia preparando a godersi lo spettacolo del fuoco che scende dal cielo. Invece i niniviti si convertono (perfino il re, cosa che non accade mai! - ha osservato Orofino), e ottengono il perdono, e Giona si arrabbia moltissimo e se la prende con Dio: "Perché li hai salvati?" Adesso la situazione é rovesciata: i niniviti stanno bene, invece il profeta é lá da solo, sotto un sole a picchio che gli brucia la testa fino a farlo svenire. Dio lo compatisce e fa crescere una pianta per fagli ombra. Giona si riprende e torna a ringalluzzirsi. E Dio manda un insetto a mangiare le radici della pianta, che si secca. Giona é di nuovo nei guai e torna a pregare, e Dio gli dice: "Vedi? Se ti sei disperato e mi hai fatto pena solo per aver preso un un pó di sole, perché non volevi che io salvassi i niniviti, che correvano il rischio di essere distrutti completamente dal fuoco?" In poche parole, é la storia (di fantasia) di una persona religiosa che crede di avere dei meriti davanti a Dio, e lo vorrebbe tutto per sé, al proprio servizio. Dio deve fare quello che voglio io! Deve salvare quelli che voglio io!
La Bibbia non finisce la storia. Nessuno sa se alla fine Giona si sia davvero convertito oppure no, ma sappiamo che era una testa dura: né l´invio, né la tempesta, né le critiche dei marinai, né la pancia del pesce, e nemmeno il sole rovente sono stati sufficienti a fargli accettare il progetto di Dio. Noi siamo piú o meno cosí. Sarei curioso di sapere se vi é venuto in mente qualcuno o qualcuna in particolare: gente che invece di mettersi al servizio della misericordia vogliono servire un Dio che spaventa e condanna! Temo, tuttavia, di avervi annoiati, perché dalle vostre parti impera lo scetticismo e le parabole non fanno colpo. E poi si parla di salvezza, ma cos´é la salvezza? Da che cosa dobbiamo salvarci? Sarei tentato di rispondere che dobbiamo salvarci dagli idoli, perché l´attuale ordine mondiale e anche i rapporti interpersonali di ciascuno di noi, in questo momento, sono regolati dall´idolatria e giustificati in suo nome. Ma lascio perdere, perché la questione é troppo ampia. Osservate che perfino il Dio che adoriamo, a volte, é un idolo: perché non lo abbiamo riconosciuto come Egli é, ma ce lo raffiguriamo come lo vogliamo noi. Anche il Gesú in cui crediamo non é quello dei vangeli, ma un nostro Gesú personale che si comporta magari secondo i canoni, ma é privo della passione per l´essere umano, e si guarda bene dall´irritare chi lo puó mettere in croce.
Prima di chiudere questa pagina, non voglio privarvi del terzo capitolo su "Economia e vita" scritto e pubblicato su Adital da Jung Mo Sung. Dovrebbe interessarvi, se non altro perché ha un bel nome brasiliano (non é nemmeno parente di Mao Tse Tung). Scherzi a parte, questo suo terzo articola ha molto a che vedere con la comprensione di temi che ho trattato sopra. Puó aiutarci a capire quanto siamo uguali a Giona, e come possiamo in qualche caso essere i marinai che costringono Giona a pensare. Puó darci una chiave di lettura per il film "Il milionario". E puó avvicinarci alla risposta della domanda "da che cosa dobbiamo salvarci?" - Yung é un teologo laico, che esercita come professore di corsi di dottorato a São Paulo.
"In un passato non molto distante, quando le persone si sentivano "impure" o, con parola piú moderna, depresse, andavano in chiesa o il qualche altro luogo sacro a pregare o partecipare a un rito. L´andare a un luogo sacro e partecipare a un rito sacro le aiutava a sentirsi piú pure, piú forti e degne di affrontare la vita. Ai nostri giorni la gente preferisce andare ad uno Shopping Center a fare acquisti e guardare le vetrine. E la cosa piú interessante é che escono di lá con piú vigore e animo per vivere. É come se il lo desiderio di vivere fosse stato rafforzato. Non é per caso che l´architettura degli shoppings ha molti elementi che ci ricordano i templi e le cattedrali.
Questo piccolo esempio ci mostra che esiste un tipo di esperienza spirituale che accade quotidianamente nelle persone attraverso il mondo dell´economia. Tali esperienze economico-spirituali é cosí forte oggi che, perfino nelle chiese, la questione del consumo ha una presenza molto forte. Questo non si verifica solo nella giá sufficientemente conosciuta e criticata teologia della prosperitá - presente nel mondo protestante, evangelico e cattolico - che insegna che la benedizione di Dio si manifesta ed é garantita dalla prosperitá economica. Ma anche in altre manifestazioni como l´orgoglio per il fatto che un prete o un pastore della propria chiesa vende molti compact disc o é molto richiesto per dare spettacoli. Preti e pastori di successo (spirituale-economico?) che di solito usano vestiti e auto di marche famose e care, stanno diventando modelli per i nuovi candidati al sacerdozio o al pastorato e anche per i giovani cristiani.
Con questo non voglio dire che frequentare uno shopping o comprare un indumento di moda sia vivere la spiritualitá del mercato. Questo sarebbe cadere nell´altro estremo. Il problema non sta nel comprare qualcosa di buono e bello in un centro acquisti (shopping center), ma nel sentirsi piú degno e "puro" per questo. La questione spirituale non sta nell´atto di comprare o nella mercanzia che si compra, ma nel senso piú profondo che uno trova e sperimenta in questa esperienza. Ció che mostra questo tipo di esperienza spirituale, che accade ai nostri tempi in ogni parte del mondo, é che questa non é solo una questione individuale, dovuto a un errore morale o spirituale di alcuni, ma ha radici in una trasformazione accaduta nel mondo moderno capitalista.
Max Weber ha sintetizzato questo quando ha scritto che l´ottenere piú e piú denaro é divenuto lo scopo supremo che orienta la vita nel capitalismo. Prima, le persone lavoravano e trattavano le questioni economiche in funzione delle loro necessitá vitali (la dimensione materiale della vita). Adesso, guadagnare é diventato lo scopo ultimo della vita. Oggi, con la cultura del consumo, consumare e ostentare il consumo é passato ad essere il senso ultimo della vita. Per questo la gente, quando si sente "perduta", "impura" o "meno-persona umana", va allo shopping. Non sono consapevoli di ció che stanno facendo; cioé non sanno di andare per acquisti o per guardare vetrine per realizzare il senso ultimo delle loro vite. Sono semplicemente trasportate da una forza maggiore. Cosí come il capitalista che cerca di ottenere sempre piú denaro per guadagnare piú denaro non é cosciente di farlo mosso dallo "spirito del capitalismo". Alla stessa maniera, il povero si sente come non umano, privo di dignitá, perché non é capace di consumare tanto quanto la societá gli chiede per riconoscere la sua dignitá.
Questa forza spirituale - che Weber chiamó correttamente "spirito del capitalismo" - che muove oggi le persone e la societá verso questa ossessione per il consumo e per il guadagno di denaro senza fine, é ció che il Nuovo Testamento chiama "poteri di distruzione o che Paolo chiama principati e potestá del male. Le persone sono coibite a vivere la spiritualitá del consumo o del mercato perché sono immerse nello spirito del capitalismo. Anche se esternamente portano simboli spirituali cristiani o di altre religioni piú tradizionali, molti sono sommersi e mossi dallo spirito del capitalismo.
In questo mondo, la conversione cristiana, a livello personale, significa aprire gli occhi per vedere le bugie di questa spiritualitá idolatrica (cf Giovanni, 8,44) e accorgersi che gli "shows della fede", per quanto siano grandiosi, non esprimono la fede in Gesú Cristo, cosí come la dignitá umana non viene dalla ricchiezza o dalle marche famose e care. Significa pure desiderare di incarnare l´amore di Dio in questo mondo, prendendo Gesú come modello di vita e di essere umano. Solo che sappiamo che la conversione personale é necessaria, ma non é sufficiente. Abbiamo bisogno anche che il "mondo" si converta! E com´é possibile questo? (Questo sará il tema dei prossimi articoli)".
14 febbraio 2010
LE MASCHERE DI TUTTI I GIORNI
Foto: 1) Il gruppo di italiani ad Aragarças, con anche la mia brutta faccia; 2) la seconda non c´entra col tema, é una veduta dal Corno alle Scale, scattata dai partecipanti a una ciappolata avvenuta in questi giorni.
Oggi la televisione e i giornali erano pieni zeppi di carnevale. In Italia penso che non sia cosí, voi avete un carnevale extra ogni tanto. Quí non é un fenomeno cosí generalizzato come vogliono far credere, ma la propaganda aiuta l´affare: perché anche questo, giá da parecchio tempo, é piú che altro un business. Se uno prende come criterio la strada statale che passa per Itaberaí, pensa che tutti i brasiliani stiano andando al carnevale: c´é stata per due giorni una flusso quasi ininterrotta di automobili dalla capitale, dirette ad Aruanã (sul Rio Araguaia), alla cittá di Goiás, o a qualche chácara in aperta campagna. Alcuni si sono fermati ad Itaberaí, perché quest´anno abbiamo anche noi le nostre brave fascie pubblicitarie che dichiarano: quí c´é il miglior carnevale della regione! Il mio quartiere, invece, é tranquillo. Non c´é nessun strepito. La gente sta a casa, eccetto forse alcuni giovanotti e ragazze che fanno una scappata nella piazza centrale. L´anziano che abita di fronte a me si é trasferito in campagna, a lavorare la terra. L´ho incontrato l´altro giorno in banca, tutto confuso perché non riusciva a ritirare la pensione col suo cartoncino, e ha chiesto a me il favore di fargli l´operazione. Al suo posto é venuto ad abitare un altro signore molto simpatico, che ama fare due chiacchiere ogni volta che incontra qualcuno. Sta costruendo la sua casa nuova ín un lotto distante una ventina di metri, ed ha preso in affitto provvisoriamente per seguire i lavori da vicino. Io sono andato a portare la comunione ai miei due o tre malati cronici e per il resto ho goduto la pace.
Siccome sono rimasto parecchio in casa colpito da un acciacco di giovinezza che mi ha paralizzato mezza faccia (niente di grave, sta giá guarendo, ma é molto fastidioso), ho letto diversi commenti sul carnevale: alcuni di carattere religioso-teologico, anche molto belli. Io peró non mi sento ispirato per andare al fondo della questione. Come mai, in un paese cosí religioso, e di una religiositá, per certi versi, anche troppo bigotta, sono in tanti a tuffarsi in un carnevale in cui predominano alcool, sesso, droga e consumismo? L´ho chiesto al mio collega Severino, che é brasiliano, e lui sorridendo ha risposto: "É o jeitinho brasileiro", cioé quel sapersi arrangiare e districarsi mettendo insieme, a volte, anche il diavolo e l´acqua santa.
Meno sbrigativo, Monsignor Demetrio Valentini, su Adital, commenta: "Sono giorni fatti per esprimere la gioia di vivere". Ma poi mette le mani avanti: "Cosí dovrebbe essere. Cosí puó essere, se agiremo con responsabilitá. Soprattutto se avremo cura della vita, che é contemporaneamente preziosa e fragile". E cita, a mó di esempio, alcune statistiche del carnevale che ogni anno si ripetono. "In tutto il Brasile, nell´intero anno 2008, sono stati registrati 39.076 omicidi. É una cifra spaventosa. Quante tensioni, squilibri, eccessi nel bere, perdita di motivazioni sane, abbandono delle prospettive religiose che danno un senso alla vita, pasticci mal risolti, si nascondono dietro ai tristi episodi che finiscono in un omicidio. Come si sente la mancanza di un clima di fede, che indica valori, che illumina situazioni, che rafforza la tolleranza, il dialogo, il superamento dei conflitti!"
L´osservazione del Vescovo mi pare giusta, ma forse tira troppo l´acqua al suo mulino (al nostro?). Non si dica che in Brasile non c´é un clima di fede e che le prospettive religiose sono assenti. Non ci sono tre televisioni cattoliche seguite giorno dopo giorno da centinaia di migliaia di spettatori? Le nostre chiese non sono piene zeppe? Non ci sono centinaia di Chiese e gruppi religiosi, molti dei quali impegnati con tutte le loro forze in una campagna costante contro tutti gli eccessi di alcool, sesso e droga, ingedienti comuni nel carnevale? E non é forse vero che le Chiese e la religiositá diffusa hanno quasi sempre un carattere spiritualista, e con questa scappatoia si adattano abbastanza bene al mercato? Il fatto é che il carnevale nessuno lo spiega, e probabilmente non é lui il nemico. É un´espressione culturale, uno zibaldone di cultura autoctona e voglia di stare insieme, aspetti sacrosanti e positivi di questa umanitá piena di vita, mescolati peró ad eccessi preoccupanti. Il governo ha messo a disposizione non so quanti milioni di preservativi per evitare che il grande evento nazionale moltiplichi le gravidanze e l´aids. Il carnevale é inarrestabile, e i suoi mali nascono a monte. L´educazione deve cominciare da altre basi.
Un amico mi racconta lo stile di vita di alcuni giovani "carnevaleschi": "Una mia nipote di Brasilia mi ha chiesto al telefono di ospitarla per il carnevale, lei e quattro o cinque amici. L´ospitalitá non si nega a nessuno, tantomeno a un parente. É arrivata con altri cinque ragazzi, tutti sui diciotto-venti anni. Tre maschi e tre femmine. Avevo preparato due stanze grandi, pensando che volessero stare separati, ma hanno voluto rimanere tutti insieme anche a dormire. Il primo giorno sono rimasti lí in casa, senza parlare. Quasi non ci hanno rivolto la parola. Si curvano sul loro cellulare e smanettano continuamente messaggini per tutto il tempo. Il carnevale é una scusa per andare lontano da casa e soddisfare i loro capricci. Vivono in un mondo tutto loro". Spero che non siano tutti cosí, ma sicuramente sono milioni i giovanissimi che vanno al carnevale con questo spirito perché questo é il loro modo quotidiano di affrontare la vita.
Che cosa avranno visto e ascoltato questi giovani per trovarsi in questo stato d´animo? Si pensa subito ai problemi della famiglia. Ma non avranno anche respirato l´aria di un mondo ipocrita e corrotto? Non avranno perso l´interesse e la fiducia in istituzioni che servono sé stesse invece di servire la gente? Non avranno visto certe caste troppo attaccate alle loro poltrone? E le Chiese, anch´esse immischiate tante volte in giri di denaro e questioni di potere? Non avranno perso la fiducia e la stima nel Dio e nel Cristo che annunciamo, per come siamo noi che lo annunciamo? É un interrogativo sano, che ci invita a specchiarci in questi giovani per pensare e imparare. Non siamo quí per salvare e conservare intatte le nostre Istituzioni, ma per proclamare che Cristo ha salvato tutti e per rinnovare e riformare le Istituzioni affinché siano veramente segno di salvezza.
Mi viene in mente una riflessione di speranza offerta da un testo di Rahner, e quindi giá abbastanza antica. Quel teologo sosteneva che,siccome Cristo é morto e risorto per salvare ogni essere umano, il mondo in cui viviamo é un mondo salvato e imbevuto della grazia di Dio. Ne deduco che la sua grazia agisce pure sui giovani che vanno al carnevale, anche quelli che hanno le idee piú bislacche. In fondo al loro essere c´é, come in ogni altro, la passione per la veritá, la giustizia, l´amore profondo e veritiero. Questo ci fa sperare il meglio. Bisogna solo essere autentici per dare loro la possibilitá di un incontro piú consapevole ed efficace con Lui. Noi cristiani abbiamo il dovere, per rispondere all´amore di Dio, di essere veri. Le religiositá motivate da interessi o dal bisogno di fare bella figura non servono che a rafforzare il loro rifiuto: non rifiuto di Dio, ma di quello che noi gli diciamo che é Dio ma in realtá é solo un idolo costruito a nostra misura.
Essere veri: é una sfida anche per me prete. Il Vangelo di domani, il racconto delle beatitudini di Luca (6, 20-26), mi propone una verifica importante. "Guai a voi quando vi elogiano! Era cosí che gli antepassati trattavano i falsi profeti!" Vuol dire che se annunciassimo davvero il Vangelo senza adattarlo per evitare conflitti e antipatie, il nostro consenso diminuirebbe e ci guadagneremmo meno torte e complimenti. Dobbiamo stare attenti quando siamo toccati dalla popolaritá e sembra che tutti siano contenti del nostro operato: l´approvazione e l´elogio non sono sempre segno di un ministero buono e onesto. Dipende da chi siamo elogiati! Del resto basta guardarsi attorno, per vedere come sono scarse le simpatie per i coraggiosi profeti che non annacquano il Vangelo ma lo vivono e lo predicano con tutta la sua forza.
E concludo a mó di indovinello con questi due o tre versi di un poeta brasiliano: é un pensiero di fondo che spiega il titolo.
"Ce ne ho messo di tempo a capire che la maschera
É una cosa che la gente si toglie a carnevale
E usa gli altri giorni per tutta la vita".
Oggi la televisione e i giornali erano pieni zeppi di carnevale. In Italia penso che non sia cosí, voi avete un carnevale extra ogni tanto. Quí non é un fenomeno cosí generalizzato come vogliono far credere, ma la propaganda aiuta l´affare: perché anche questo, giá da parecchio tempo, é piú che altro un business. Se uno prende come criterio la strada statale che passa per Itaberaí, pensa che tutti i brasiliani stiano andando al carnevale: c´é stata per due giorni una flusso quasi ininterrotta di automobili dalla capitale, dirette ad Aruanã (sul Rio Araguaia), alla cittá di Goiás, o a qualche chácara in aperta campagna. Alcuni si sono fermati ad Itaberaí, perché quest´anno abbiamo anche noi le nostre brave fascie pubblicitarie che dichiarano: quí c´é il miglior carnevale della regione! Il mio quartiere, invece, é tranquillo. Non c´é nessun strepito. La gente sta a casa, eccetto forse alcuni giovanotti e ragazze che fanno una scappata nella piazza centrale. L´anziano che abita di fronte a me si é trasferito in campagna, a lavorare la terra. L´ho incontrato l´altro giorno in banca, tutto confuso perché non riusciva a ritirare la pensione col suo cartoncino, e ha chiesto a me il favore di fargli l´operazione. Al suo posto é venuto ad abitare un altro signore molto simpatico, che ama fare due chiacchiere ogni volta che incontra qualcuno. Sta costruendo la sua casa nuova ín un lotto distante una ventina di metri, ed ha preso in affitto provvisoriamente per seguire i lavori da vicino. Io sono andato a portare la comunione ai miei due o tre malati cronici e per il resto ho goduto la pace.
Siccome sono rimasto parecchio in casa colpito da un acciacco di giovinezza che mi ha paralizzato mezza faccia (niente di grave, sta giá guarendo, ma é molto fastidioso), ho letto diversi commenti sul carnevale: alcuni di carattere religioso-teologico, anche molto belli. Io peró non mi sento ispirato per andare al fondo della questione. Come mai, in un paese cosí religioso, e di una religiositá, per certi versi, anche troppo bigotta, sono in tanti a tuffarsi in un carnevale in cui predominano alcool, sesso, droga e consumismo? L´ho chiesto al mio collega Severino, che é brasiliano, e lui sorridendo ha risposto: "É o jeitinho brasileiro", cioé quel sapersi arrangiare e districarsi mettendo insieme, a volte, anche il diavolo e l´acqua santa.
Meno sbrigativo, Monsignor Demetrio Valentini, su Adital, commenta: "Sono giorni fatti per esprimere la gioia di vivere". Ma poi mette le mani avanti: "Cosí dovrebbe essere. Cosí puó essere, se agiremo con responsabilitá. Soprattutto se avremo cura della vita, che é contemporaneamente preziosa e fragile". E cita, a mó di esempio, alcune statistiche del carnevale che ogni anno si ripetono. "In tutto il Brasile, nell´intero anno 2008, sono stati registrati 39.076 omicidi. É una cifra spaventosa. Quante tensioni, squilibri, eccessi nel bere, perdita di motivazioni sane, abbandono delle prospettive religiose che danno un senso alla vita, pasticci mal risolti, si nascondono dietro ai tristi episodi che finiscono in un omicidio. Come si sente la mancanza di un clima di fede, che indica valori, che illumina situazioni, che rafforza la tolleranza, il dialogo, il superamento dei conflitti!"
L´osservazione del Vescovo mi pare giusta, ma forse tira troppo l´acqua al suo mulino (al nostro?). Non si dica che in Brasile non c´é un clima di fede e che le prospettive religiose sono assenti. Non ci sono tre televisioni cattoliche seguite giorno dopo giorno da centinaia di migliaia di spettatori? Le nostre chiese non sono piene zeppe? Non ci sono centinaia di Chiese e gruppi religiosi, molti dei quali impegnati con tutte le loro forze in una campagna costante contro tutti gli eccessi di alcool, sesso e droga, ingedienti comuni nel carnevale? E non é forse vero che le Chiese e la religiositá diffusa hanno quasi sempre un carattere spiritualista, e con questa scappatoia si adattano abbastanza bene al mercato? Il fatto é che il carnevale nessuno lo spiega, e probabilmente non é lui il nemico. É un´espressione culturale, uno zibaldone di cultura autoctona e voglia di stare insieme, aspetti sacrosanti e positivi di questa umanitá piena di vita, mescolati peró ad eccessi preoccupanti. Il governo ha messo a disposizione non so quanti milioni di preservativi per evitare che il grande evento nazionale moltiplichi le gravidanze e l´aids. Il carnevale é inarrestabile, e i suoi mali nascono a monte. L´educazione deve cominciare da altre basi.
Un amico mi racconta lo stile di vita di alcuni giovani "carnevaleschi": "Una mia nipote di Brasilia mi ha chiesto al telefono di ospitarla per il carnevale, lei e quattro o cinque amici. L´ospitalitá non si nega a nessuno, tantomeno a un parente. É arrivata con altri cinque ragazzi, tutti sui diciotto-venti anni. Tre maschi e tre femmine. Avevo preparato due stanze grandi, pensando che volessero stare separati, ma hanno voluto rimanere tutti insieme anche a dormire. Il primo giorno sono rimasti lí in casa, senza parlare. Quasi non ci hanno rivolto la parola. Si curvano sul loro cellulare e smanettano continuamente messaggini per tutto il tempo. Il carnevale é una scusa per andare lontano da casa e soddisfare i loro capricci. Vivono in un mondo tutto loro". Spero che non siano tutti cosí, ma sicuramente sono milioni i giovanissimi che vanno al carnevale con questo spirito perché questo é il loro modo quotidiano di affrontare la vita.
Che cosa avranno visto e ascoltato questi giovani per trovarsi in questo stato d´animo? Si pensa subito ai problemi della famiglia. Ma non avranno anche respirato l´aria di un mondo ipocrita e corrotto? Non avranno perso l´interesse e la fiducia in istituzioni che servono sé stesse invece di servire la gente? Non avranno visto certe caste troppo attaccate alle loro poltrone? E le Chiese, anch´esse immischiate tante volte in giri di denaro e questioni di potere? Non avranno perso la fiducia e la stima nel Dio e nel Cristo che annunciamo, per come siamo noi che lo annunciamo? É un interrogativo sano, che ci invita a specchiarci in questi giovani per pensare e imparare. Non siamo quí per salvare e conservare intatte le nostre Istituzioni, ma per proclamare che Cristo ha salvato tutti e per rinnovare e riformare le Istituzioni affinché siano veramente segno di salvezza.
Mi viene in mente una riflessione di speranza offerta da un testo di Rahner, e quindi giá abbastanza antica. Quel teologo sosteneva che,siccome Cristo é morto e risorto per salvare ogni essere umano, il mondo in cui viviamo é un mondo salvato e imbevuto della grazia di Dio. Ne deduco che la sua grazia agisce pure sui giovani che vanno al carnevale, anche quelli che hanno le idee piú bislacche. In fondo al loro essere c´é, come in ogni altro, la passione per la veritá, la giustizia, l´amore profondo e veritiero. Questo ci fa sperare il meglio. Bisogna solo essere autentici per dare loro la possibilitá di un incontro piú consapevole ed efficace con Lui. Noi cristiani abbiamo il dovere, per rispondere all´amore di Dio, di essere veri. Le religiositá motivate da interessi o dal bisogno di fare bella figura non servono che a rafforzare il loro rifiuto: non rifiuto di Dio, ma di quello che noi gli diciamo che é Dio ma in realtá é solo un idolo costruito a nostra misura.
Essere veri: é una sfida anche per me prete. Il Vangelo di domani, il racconto delle beatitudini di Luca (6, 20-26), mi propone una verifica importante. "Guai a voi quando vi elogiano! Era cosí che gli antepassati trattavano i falsi profeti!" Vuol dire che se annunciassimo davvero il Vangelo senza adattarlo per evitare conflitti e antipatie, il nostro consenso diminuirebbe e ci guadagneremmo meno torte e complimenti. Dobbiamo stare attenti quando siamo toccati dalla popolaritá e sembra che tutti siano contenti del nostro operato: l´approvazione e l´elogio non sono sempre segno di un ministero buono e onesto. Dipende da chi siamo elogiati! Del resto basta guardarsi attorno, per vedere come sono scarse le simpatie per i coraggiosi profeti che non annacquano il Vangelo ma lo vivono e lo predicano con tutta la sua forza.
E concludo a mó di indovinello con questi due o tre versi di un poeta brasiliano: é un pensiero di fondo che spiega il titolo.
"Ce ne ho messo di tempo a capire che la maschera
É una cosa che la gente si toglie a carnevale
E usa gli altri giorni per tutta la vita".
6 febbraio 2010
CARNEVALE E QUARESIMA
Foto: un amico lettore di "Palaveggio anni 40" mi ha mandato due belle foto dell´oratorio di Santa Lucia di Palaveggio, che ha visitato con gli amici di Vignola in una delle loro solite escursioni domenicali a piedi. Un bel ricordo: é l´oratorio del mio primo catechismo. C´é l´esterno e l´interno.
A pochi giorni dal carnevale, anche ad Itaberaí é giá cominciato il frastuono che lo contrassegna: qualche ora al giorno di baccano, ma buono e allegro, che almeno nella sostanza rivela la voglia della gente di stare insieme e dimenticare i guai e gli interessi, le fatiche e le pene. É una cosa biblica, e merita di essere apprezzata. Anche Neemia, dopo aver letto pubblicamente agli israeliti ritornati dall´esilio il libro della legge e chiesto un segno di accettazione e rispetto, li invita a fare festa: "Questo é un giorno consacrato al Signore, non siate tristi e non piangete". Piangevano, perché al ritorno avevano trovato la loro cittá distrutta, i campi erano passati ad altre mani, per loro c´era solo miseria nera e tutto da ricostruire. Il capo, tuttavia, sa che la tristezza e il mugugno non portano da nessuna parte. "Andate a casa - dice - e mangiate carni grasse, bevete qualcosa di dolce e datene a chi non ha preparato niente. Questo é un giorno del Signore e l´allegria del Signore sará la vostra forza!" (Neemia, 8, 10-11).
Il carnevale moderno é omologato e industrializzato, uguale dappertutto: per molti si riduce ad un´orgia di consumismo condita con una buona dose di irresponsabilitá. Quello piú antico e originale, ad Itaberaí, avviene in questi giorni in modo appena simbolico e preparatorio: si chiama "Zé Pereira". É il nome di un personaggio-simbolo, che rappresenta un diavolo, e che nel pomeriggio comincia a girare per le vie della cittá trascinandosi dietro una folla, soprattutto di ragazzi e giovincelli. Una volta, girava: perché adesso monta su un camion lui e tutta la squadra incaricata di fare confusione. Cosa fanno? Esplodono mortaretti, gridano e acclamano le battute e i gesti minacciosi e buffi di Zé Pereira. Creano il clima del carnevale. Pare che l´origine di questa tradizione provenga dalla cultura negra. Era il carnevale degli schiavi, e Zé Pereira per loro non era una diavolo, ma forse la personificazione di uno spirito di allegria e libertá, o quello di qualche padrone che volevano prendere in giro. Lo hanno trasformato in diavolo i coloni portoghesi, per i quali tutto ció che era dei negri aveva un ché di diabolico, tuttavia lo hanno adottato anche loro perché piaceva. Conveniva anche ai padroni che gli schiavi si sfogassero un poco. Tra la gente di classe media e alta credo che si continui a presentarlo come pericoloso, perché mi ha telefonato una ragazza che voleva andare alla messe in una comunitá di periferia e mi ha detto: "Mi viene a prendere?" "Ma come, dico io, non vorrai che ti scarrozzi in macchina per ogni messa?" "No, padre - mi ha risposto - é che c´é in giro Zé Pereira, e io ho paura!" Zé Pereira continuerá a girare fino al carnevale vero, quello del samba in piazza.
C´é anche chi sfida la tradizione. Il Vescovo, ad esempio, ha messo in agenda un Ritiro Spirituale Diocesano per laici nei giorni di carnevale, nel vecchio monastero. Credo che abbia fatto il pieno (60 posti). In effetti, alla faccia delle leggende europee, il Brasile non é tutto carnevale. Molti, soprattutto tra i poveri e la gente di campagna, lo odiano, e ad altri non interessa niente. Potersi ritirare qualche giorno in un luogo tranquillo a parlare tra amici, di Dio e della vita, é piú attraente. Del resto non é del tutto un´invenzione moderna: alcuni anni fa realizzavamo le tre giorni di studio e formazione della parrocchia in pieno carnevale, e vi partecipavano in massa. Poi, col tempo, questo uso fu soppresso, perché toglieva la possibilitá ai cristiani piú impegnati di stare tra la gente in festa, che é pure una cosa lodevole. Ci sono poi i carismatici cattolici e tutte le chiese evangeliche pentecostali, che il carnevale lo vedono come una festa del demonio e del peccato, e si ritirano per festeggiarlo a modo loro tra giochi e preghiere.
Quello che vediamo accadere nel mondo, invece, é tutt´altro che un carnevale: la strage - calamitá naturale e politico-economica - di Haiti, lo stillicidio ipocrita delle guerre di Afganistan e Iraq spacciate per operazioni di pace, i conflitti dell´Asia e dell´Africa, la speculazione finanziaria (e finanziata dai governi) che continua, il nodo della guerra di Israele-Palestina, eccetera. E qui nel sud del Brasile le alluvioni, che hanno colpito soprattutto i piú poveri che abitano in baracche sulle rive dei fiumi o sui pendii esposti alle frane. Noi, in parrocchia, stiamo giá preparando la quaresima, e per me la quaresima si riassume in una riflessione sulle tentazioni fondamentali di Gesú nel deserto, che sono le nostre tentazioni (l´ossessione del potere, del successo, del possedere e accumulare, di abbandonarsi alla fame del corpo) e sulle scelte che lui ha fatto opponendo la Parola di Dio alle soffiate del diavolo.
Viene a proposito, quindi, l´invito della Conferenza Episcopale e del Conic (Consiglio Nazionale delle Chiese cristiane), a fare la quaresima ripensando all´economia e a come viviamo la fede nei rapporti col denaro. Sí, l´economia é un tema da meditare in quaresima! É un tema che mette in gioco la nostra fede. Come spiega giustamente il teologo Brasiliano Yung Mo Sung, che si é impegnato a pubblicare un articolo su Adital ogni settimana finché dura la Quaresima, l´invito non é ad occuparsi di economia "ripetendo i vecchi schemi mentali e riducendo la CF a discussioni su temi e questioni economiche, come per esempio la disoccupazione, la povertá, l´economia solidale, ecc......" "Il tema proposto per la CF non é l´economia, ma la relazione tra "economia e vita", vista nella prospettiva della fede cristiana.
"In molte tradizioni religiose, sia in Occidente che in Oriente - scrive Yung Mo Sung - c´é la tendenza a spiritualizzare la nozione della vita. Per esempio, quando dei cristiani parlano di salvezza, una gran parte pensa nella salvezza dell´anima. Cioé si preoccupano della vita eterna dell´anima. La vita che interessa realmente é quella di un essere "incorporeo", senza corpo. In questo modo il concetto di vita si spiritualizza (nel senso peggiore) perdendo la sua dimensione corporea-materiale. Per questo la missione delle chiese si concentra nell´evangelizzazione o nella Predicazione della Parola intese senza niente a che vedere con gli aspetti materiali ed economici della vita umana". Per questo motivo, aggiungo io, a volte il maggiore fervore religioso che si riaccende nelle parrocchie coincide con un maggiore disinteresse per le pastorali sociali. "L´importante, per loro, é salvare l´anima. In gruppi di questo genere, il tema della CF non é importante per la missione della Chiesa e sará dimenticato presto, subito dopo la Campagna, ammesso che non sia lasciato da parte giá da ora". In proposito, ieri sera ho avuto due grandi soddisfazioni. La prima é che ho incontrato l´equipe di pastorale carceraria in ripresa: si sono riuniti in un folto gruppo a preparare la visita in carcere del sabato mattina, e stamattina ce l´hanno messa tutta e hanno subito conquistato le simpatie di un gruppetto di carcerati. La seconda é che nell´incontro di studio delle Comunitá di Base hanno commentato cosí la campagna: "Noi non siamo angeli, e la nostra anima (spirito) é attaccata al corpo: uno non funziona senza l´altro (questo l´ho detto io)". "Quando un egoista e accumulatore di ricchezza si presenta fervoroso in Chiesa, Dio penserá: "Costui mi prende per i fondelli. Lá fuori ne combina di tutti i colori, per fare soldi venderebbe anche la mamma. E poi viene quí e mi offre l´anima, solo l´anima. Ma io gli ho dato anche un corpo, e mio Figlio per salvargli l´anima ci ha sacrificato il suo corpo" (e questo l´hanno detto loro, piú o meno in questi termini).
Continua Yung Mo Sung: "Questa separazione é rafforzata anche, sia pure inconsapevolmente e senza intenzione, dai gruppi che si fanno carico, in nome della propria fede, di lotte economiche e sociali, ma non riescono ad elaborare un discorso religioso-spirituale capace di articolare in modo coerente il rapporto tra economia e fede. Questi gruppi tendono a giustificare le loro lotte e preoccupazioni in nome dell´etica (il Bene Comune) o della dottrina sociale della Chiesa, ma non riguardo all´evangelizzazione, alla salvezza o alla missione della Chiesa. Purtroppo molti cristiani impegnati nel campo economico-sociale-politico hanno delle difficoltá a parlare di evangelizzazione, salvezza o missione, come se questo non facesse parte del "cristianesimo di liberazione" o come se la liberazione non avesse niente a che vedere con la salvezza. (Probabilmente buona parte di questo é dovuto ai teologi, assessori e formatori).
"La CF di quest´anno deve aiutare le comunitá a prendere piú coscienza della materialitá della vita e della intima relazione tra la dimensione materiale e la salvezza. La Bibbia, a differenza dalla filosofia greca che divide l´essere umano in anima e corpo, ci insegna che, nel creare, Dio ha soffiato nel naso dell´uomo "un soffio di vita e l´uomo é diventato un essere vivente" (Gn 2,7). Noi siamo esseri viventi e come tali lottiamo contro la morte. L´immagine del "soffio di vita" ci ricorda che la vita é il dono piú prezioso che abbiamo ricevuto da Dio, che la vita viene da "dentro" di Dio il nostro é il Dio della vita) e che, come soffio, la vita é qualcosa di fragile che ha bisogno di cure e difese continue. Per questo la Bibbia continua la narrativa dicendo che Dio fece spuntare dalla terra "ogni specie di albero formoso a vedersi e buono da mangiare". La vita umana é da vivere in bellezza, e con cibo buono e condiviso".
E conclude: "Se perdiamo di vista la dimensione materiale-economica della vita, perdiamo di vista l´essere umano reale e concreto e, cosí, perdiamo il nucleo della missione cristiana e ció che fa sí che valga la pena essere cristiani oggi, nonostante tutto". E con queste parole dell´autore, concludo pure io. In seguito vi posto il video con l´inno della Campagna della Fraternitá brasiliana, non ci metto le parole perché sono convinto che ormai siate intenditori di portoghese (e poi, oltre alle immagini e al canto, c´é pure il testo scritto e le citazioni bibliche in legenda).
A pochi giorni dal carnevale, anche ad Itaberaí é giá cominciato il frastuono che lo contrassegna: qualche ora al giorno di baccano, ma buono e allegro, che almeno nella sostanza rivela la voglia della gente di stare insieme e dimenticare i guai e gli interessi, le fatiche e le pene. É una cosa biblica, e merita di essere apprezzata. Anche Neemia, dopo aver letto pubblicamente agli israeliti ritornati dall´esilio il libro della legge e chiesto un segno di accettazione e rispetto, li invita a fare festa: "Questo é un giorno consacrato al Signore, non siate tristi e non piangete". Piangevano, perché al ritorno avevano trovato la loro cittá distrutta, i campi erano passati ad altre mani, per loro c´era solo miseria nera e tutto da ricostruire. Il capo, tuttavia, sa che la tristezza e il mugugno non portano da nessuna parte. "Andate a casa - dice - e mangiate carni grasse, bevete qualcosa di dolce e datene a chi non ha preparato niente. Questo é un giorno del Signore e l´allegria del Signore sará la vostra forza!" (Neemia, 8, 10-11).
Il carnevale moderno é omologato e industrializzato, uguale dappertutto: per molti si riduce ad un´orgia di consumismo condita con una buona dose di irresponsabilitá. Quello piú antico e originale, ad Itaberaí, avviene in questi giorni in modo appena simbolico e preparatorio: si chiama "Zé Pereira". É il nome di un personaggio-simbolo, che rappresenta un diavolo, e che nel pomeriggio comincia a girare per le vie della cittá trascinandosi dietro una folla, soprattutto di ragazzi e giovincelli. Una volta, girava: perché adesso monta su un camion lui e tutta la squadra incaricata di fare confusione. Cosa fanno? Esplodono mortaretti, gridano e acclamano le battute e i gesti minacciosi e buffi di Zé Pereira. Creano il clima del carnevale. Pare che l´origine di questa tradizione provenga dalla cultura negra. Era il carnevale degli schiavi, e Zé Pereira per loro non era una diavolo, ma forse la personificazione di uno spirito di allegria e libertá, o quello di qualche padrone che volevano prendere in giro. Lo hanno trasformato in diavolo i coloni portoghesi, per i quali tutto ció che era dei negri aveva un ché di diabolico, tuttavia lo hanno adottato anche loro perché piaceva. Conveniva anche ai padroni che gli schiavi si sfogassero un poco. Tra la gente di classe media e alta credo che si continui a presentarlo come pericoloso, perché mi ha telefonato una ragazza che voleva andare alla messe in una comunitá di periferia e mi ha detto: "Mi viene a prendere?" "Ma come, dico io, non vorrai che ti scarrozzi in macchina per ogni messa?" "No, padre - mi ha risposto - é che c´é in giro Zé Pereira, e io ho paura!" Zé Pereira continuerá a girare fino al carnevale vero, quello del samba in piazza.
C´é anche chi sfida la tradizione. Il Vescovo, ad esempio, ha messo in agenda un Ritiro Spirituale Diocesano per laici nei giorni di carnevale, nel vecchio monastero. Credo che abbia fatto il pieno (60 posti). In effetti, alla faccia delle leggende europee, il Brasile non é tutto carnevale. Molti, soprattutto tra i poveri e la gente di campagna, lo odiano, e ad altri non interessa niente. Potersi ritirare qualche giorno in un luogo tranquillo a parlare tra amici, di Dio e della vita, é piú attraente. Del resto non é del tutto un´invenzione moderna: alcuni anni fa realizzavamo le tre giorni di studio e formazione della parrocchia in pieno carnevale, e vi partecipavano in massa. Poi, col tempo, questo uso fu soppresso, perché toglieva la possibilitá ai cristiani piú impegnati di stare tra la gente in festa, che é pure una cosa lodevole. Ci sono poi i carismatici cattolici e tutte le chiese evangeliche pentecostali, che il carnevale lo vedono come una festa del demonio e del peccato, e si ritirano per festeggiarlo a modo loro tra giochi e preghiere.
Quello che vediamo accadere nel mondo, invece, é tutt´altro che un carnevale: la strage - calamitá naturale e politico-economica - di Haiti, lo stillicidio ipocrita delle guerre di Afganistan e Iraq spacciate per operazioni di pace, i conflitti dell´Asia e dell´Africa, la speculazione finanziaria (e finanziata dai governi) che continua, il nodo della guerra di Israele-Palestina, eccetera. E qui nel sud del Brasile le alluvioni, che hanno colpito soprattutto i piú poveri che abitano in baracche sulle rive dei fiumi o sui pendii esposti alle frane. Noi, in parrocchia, stiamo giá preparando la quaresima, e per me la quaresima si riassume in una riflessione sulle tentazioni fondamentali di Gesú nel deserto, che sono le nostre tentazioni (l´ossessione del potere, del successo, del possedere e accumulare, di abbandonarsi alla fame del corpo) e sulle scelte che lui ha fatto opponendo la Parola di Dio alle soffiate del diavolo.
Viene a proposito, quindi, l´invito della Conferenza Episcopale e del Conic (Consiglio Nazionale delle Chiese cristiane), a fare la quaresima ripensando all´economia e a come viviamo la fede nei rapporti col denaro. Sí, l´economia é un tema da meditare in quaresima! É un tema che mette in gioco la nostra fede. Come spiega giustamente il teologo Brasiliano Yung Mo Sung, che si é impegnato a pubblicare un articolo su Adital ogni settimana finché dura la Quaresima, l´invito non é ad occuparsi di economia "ripetendo i vecchi schemi mentali e riducendo la CF a discussioni su temi e questioni economiche, come per esempio la disoccupazione, la povertá, l´economia solidale, ecc......" "Il tema proposto per la CF non é l´economia, ma la relazione tra "economia e vita", vista nella prospettiva della fede cristiana.
"In molte tradizioni religiose, sia in Occidente che in Oriente - scrive Yung Mo Sung - c´é la tendenza a spiritualizzare la nozione della vita. Per esempio, quando dei cristiani parlano di salvezza, una gran parte pensa nella salvezza dell´anima. Cioé si preoccupano della vita eterna dell´anima. La vita che interessa realmente é quella di un essere "incorporeo", senza corpo. In questo modo il concetto di vita si spiritualizza (nel senso peggiore) perdendo la sua dimensione corporea-materiale. Per questo la missione delle chiese si concentra nell´evangelizzazione o nella Predicazione della Parola intese senza niente a che vedere con gli aspetti materiali ed economici della vita umana". Per questo motivo, aggiungo io, a volte il maggiore fervore religioso che si riaccende nelle parrocchie coincide con un maggiore disinteresse per le pastorali sociali. "L´importante, per loro, é salvare l´anima. In gruppi di questo genere, il tema della CF non é importante per la missione della Chiesa e sará dimenticato presto, subito dopo la Campagna, ammesso che non sia lasciato da parte giá da ora". In proposito, ieri sera ho avuto due grandi soddisfazioni. La prima é che ho incontrato l´equipe di pastorale carceraria in ripresa: si sono riuniti in un folto gruppo a preparare la visita in carcere del sabato mattina, e stamattina ce l´hanno messa tutta e hanno subito conquistato le simpatie di un gruppetto di carcerati. La seconda é che nell´incontro di studio delle Comunitá di Base hanno commentato cosí la campagna: "Noi non siamo angeli, e la nostra anima (spirito) é attaccata al corpo: uno non funziona senza l´altro (questo l´ho detto io)". "Quando un egoista e accumulatore di ricchezza si presenta fervoroso in Chiesa, Dio penserá: "Costui mi prende per i fondelli. Lá fuori ne combina di tutti i colori, per fare soldi venderebbe anche la mamma. E poi viene quí e mi offre l´anima, solo l´anima. Ma io gli ho dato anche un corpo, e mio Figlio per salvargli l´anima ci ha sacrificato il suo corpo" (e questo l´hanno detto loro, piú o meno in questi termini).
Continua Yung Mo Sung: "Questa separazione é rafforzata anche, sia pure inconsapevolmente e senza intenzione, dai gruppi che si fanno carico, in nome della propria fede, di lotte economiche e sociali, ma non riescono ad elaborare un discorso religioso-spirituale capace di articolare in modo coerente il rapporto tra economia e fede. Questi gruppi tendono a giustificare le loro lotte e preoccupazioni in nome dell´etica (il Bene Comune) o della dottrina sociale della Chiesa, ma non riguardo all´evangelizzazione, alla salvezza o alla missione della Chiesa. Purtroppo molti cristiani impegnati nel campo economico-sociale-politico hanno delle difficoltá a parlare di evangelizzazione, salvezza o missione, come se questo non facesse parte del "cristianesimo di liberazione" o come se la liberazione non avesse niente a che vedere con la salvezza. (Probabilmente buona parte di questo é dovuto ai teologi, assessori e formatori).
"La CF di quest´anno deve aiutare le comunitá a prendere piú coscienza della materialitá della vita e della intima relazione tra la dimensione materiale e la salvezza. La Bibbia, a differenza dalla filosofia greca che divide l´essere umano in anima e corpo, ci insegna che, nel creare, Dio ha soffiato nel naso dell´uomo "un soffio di vita e l´uomo é diventato un essere vivente" (Gn 2,7). Noi siamo esseri viventi e come tali lottiamo contro la morte. L´immagine del "soffio di vita" ci ricorda che la vita é il dono piú prezioso che abbiamo ricevuto da Dio, che la vita viene da "dentro" di Dio il nostro é il Dio della vita) e che, come soffio, la vita é qualcosa di fragile che ha bisogno di cure e difese continue. Per questo la Bibbia continua la narrativa dicendo che Dio fece spuntare dalla terra "ogni specie di albero formoso a vedersi e buono da mangiare". La vita umana é da vivere in bellezza, e con cibo buono e condiviso".
E conclude: "Se perdiamo di vista la dimensione materiale-economica della vita, perdiamo di vista l´essere umano reale e concreto e, cosí, perdiamo il nucleo della missione cristiana e ció che fa sí che valga la pena essere cristiani oggi, nonostante tutto". E con queste parole dell´autore, concludo pure io. In seguito vi posto il video con l´inno della Campagna della Fraternitá brasiliana, non ci metto le parole perché sono convinto che ormai siate intenditori di portoghese (e poi, oltre alle immagini e al canto, c´é pure il testo scritto e le citazioni bibliche in legenda).
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