Ieri, 9 novembre, Itaberai ha compiuto 140 anni di autonomia del comune: istituito nel 1868, durante l'impero di Dom Pedro II. Pensiamo un pò, noi italiani, che siamo abituati a cercare le origini delle nostre città nell'alto medioevo, quando non addirittura ai tempi dell'impero romano! Nonostante questo, l'indipendenza del Brasile è stata realizzata molto prima che in Italia, nel 1822. E la Costituzione repubblicana pure: nel 1889. Per festeggiare hanno fatto una corsa di automobili e di kart, e una sfilata di carri allegorici organizzata dalle scuole, che hanno rappresentato la storia di Itaberaì e ricordato tutti i sindaci dal 1966 in poi, considerati i promotori del progresso della città. Quel bambino che vedete nella foto ha l'intenzione di impersonare il sindaco attuale. Insomma, un pizzico di trionfalismo e un altro pizzico di cultura consumista. Però i bambini si sono divertiti (e ben arrostiti, sui camion sotto il solleone) e così pure la gente è contenta e orgogliosa. Una festa paesana, in cui la politica fa capolino ma non osa mostrarsi a tutto campo.
Noi, tuttavia, la sprechiamo. I nostri fiumi li trasformiamo in fogne. Rasiamo al suolo la foresta e la savana, ricchi riservatori di acqua, con i trattori, il fuoco e i catenoni. Ci rifiutiamo di ridurre le emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera, perchè costa troppo: meglio spendere per forare altre montagne e cementificare altre aree con grandi opere. Così provochiamo cambiamenti climatici e interrompiamo il ciclo delle precipitazioni, che sono il modo con cui l'acqua si purifica e si ridistribuisce rinnovandosi in qualità e quantità. Poi, sul più bello, proponiamo di vendere l'acqua alle imprese private per trasformarla in business. L'acqua, il bene di cui tutti hanno bisogno e a cui tutti hanno diritto, privatizzata: ma siamo matti? Anche i mendicanti hanno il diritto di bere. In Brasile si usa il detto: "Un bicchiere d'acqua non si nega a nessuno". E Gesù affermò: "Chi avrà dato anche solo un bicchiere d'acqua a uno di questi piccoli, lo avrà fatto a me". Ricordo ancora il tempo in cui mandavano noi bambini nel bosco, con un fiasco, a prendere alla sorgente l'acqua da bere. In casa c'era solo l'acqua del pozzo e quella piovana della cisterna, per il bestiame e l'orto. Quando pozzo e cisterna seccavano, i grandi andavano alla fontana più vicina con le botti. Se non difendiamo l'acqua e il diritto di tutti ad usufruirne, è segno che vogliamo proprio la rovina. La nostra stessa stupidità ci punirà.
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