19 agosto 2010

UN PROFETA NON MUORE

Foto: due immagini non recenti di Abel nella sua baracca in S. Dimas. Gentile concessione di Enery.

Avevo preparato un testo sulla festa dell´Assunta, che qui é celebrata come Nossa Senhora da Abadia e ha caratteristiche culturali e folcloristiche molto interessanti.
Poi é soraggiunta la morte di una persona molto cara e speciale per tutti noi di Itaberaí, e devo parlarvi di questo. Vi traduco e vi passo, perció, il testo che ho scritto ieri per il giornalino della Diocesi (con alcuni adattamenti per l´Italia). Della festa, semmai, diremo in altra occasione.

Itaberaí, 18 Agosto 2010 - Oggi, alle 8 del mattino, abbiamo sepolto il corpo di Abel Borges, 90 anni, che é morto ieri dopo una lunga malattia. La comunitá parrocchiale é in lutto, ma é stata soprattutto la comunitá di base del quartiere São Dimas, alla quale apparteneva, a presenziare alle esequie celebrate da tutti e tre i preti della parrocchia, e a manifestare la propria commozione e ammirazione durante il culto. Quasi tutti, uno per uno, hanno espresso la propria testimonianza. Hanno parlato di Abel come profeta, esempio di fedeltá a Gesú, instancabile e coraggioso proclamatore della Parola di Dio che egli sapeva tradurre in forma semplice ma sempre molto lucida, trasformandola in una luce che illuminava la vita. Alcuni hanno ricordato che quando "seu Abel" prendeva la parola nelle messe o nelle riunioni provocava nell´assemblea un silenzio assoluto di rispetto e ascolto devoto. Nonostante talvolta fosse ripetitivo, mai e poi mai la gente avrebbe permesso a qualcuno di interromperlo, perché nelle sue parole c´era sempre qualcosa che toccava il cuore, a somiglianza di Gesú: "Non abbiamo sentito ardere il nostro cuore?” (Luca 24, 32) e “Tu solo hai parole di vita eterna” (Giovanni, 6, 68).

Abel Borges nacque ad Itaberaí il 3 aprile 1920. Abitó sempre nel quartiere Vila São Dimas fino a nove anni fa, quando l´l´etá e la salute precaria lo portarono a trasferirsi nella Casa per Anziani. La comunitá di base di S.Dimas é, probabilmente, la piú antica della diocesi e della parrocchia di Itaberaí. Ebbe inizio intorno al 1970, quando ancora nessuno aveva nozione della Caminhada delle comunitá ecclesiali di base. Per iniziativa di Padre Antonio Cappi, modenese che in seguito si é sposato e si é dedicato all´insegnamento all´universitá cattolica di Goiania, la gente di Vila S. Dimas cominció a riunirsi per celebrare, pregare e cantare, ma soprattutto per realizzare campagne. Ricordo quelle a cui anch´io ho cooperato: la campagna per diffondere la coltivazione di orti familiari, quella per la costruzione di case popolari e gabinetti (molti non avevano il gabinetto e si rifugiavano dietro una pianta di banane dietro casa), un´altra per dotare le famiglie di un filtro per l´acqua. Questo si chiamava “promozione humana”. La gente partecipava in peso, allegramente e con entusiasmo. Diverse entitá pubbliche collaboravano e finanziavano gli acquisti di materiale, e c´era pure un laico italiano di Varese, ingegnere, per dirigere le costruzioni (novello sposo, era venuto a fare due anni di volontariato assieme alla sposa Giovanna). S. Dimas era uno dei quartieri piú poveri della cittá, e aveva bisogno di questi interventi. Era un popolo che sofferente, perseguitato costantemente dalla verminosi e altre infezioni per la mancanza di igiene nelle case, per gli insetti e la polvere, l´alimentazione scarsa e povera. A quel tempo "seu Abel” probabilmente partecipó di queste azioni, ma non si fece notare. Io non lo ricordo. La sua vocazione all´uso della parola non si era ancora manifestata.

Fu negli anni 1978-79, dopo che la Diocesi si era votata decisamente all´opzione di essere una Chiesa dei poveri e di poveri, e dopo che le Comunitá ecclesiali di base giá da alcuni anni si dedicavano alla riflessione sui problemi della vita alla luce della Parola di Dio, che Abel cominció a profetizzare. Fu specialmente quando il Padre Giuliano Barattini, con molto coraggio, aprí la strada e stimoló il diritto di parola ai poveri nelle messe domenicali, e non soltanto nelle riunioni dei piccoli gruppi come erano soliti fare. Formato alla scuola della sua comunitá di base e liberato dalla Parola stessa, egli divenne realmente un profeta e, dopo i primi brontolamente di qualcuno, si impose e fu accolto come tale da tutta la cittá. "Senza ombra di paura e senza nessun rispetto umano, come diceva la gente, e dotato di una luciditá impressionante nel suo linguaggiare semplice e sgrammaticato, non perdeva occasione di parlare i suoi cinque minuti. E continuó a farlo anche dopo il ricovero nella Casa per Anziani, intervenendo nelle messe all´interno della Casa e, di tanto in tanto, comparendo nella chiesa parrocchiale o in qualche comunitá. Come ho giá accennato, aveva il dono di una parola che traduceva e calava nella vita la Parola di Dio, come uno che sentiva la presenza di Gesú Cristo in ogni passo, in ogni momento, in ogni avvenimento.

Osservando la preoccupazione della gente negli ultimi giorni di malattia di Abel, quando era in coma, come lo ricordavano nella preghiera, e come commentano ora la sua vita e la sua scomparsa, ne ricavo la conferma di una veritá biblica sulla quale la riflessione ritorna sempre: il giusto non muore, il profeta non muore. La vita non é tolta ma trasformata. Abel continuerá a vivere nel Regno, e nel ricordo della sua gente. Prima lettera di Giovanni, 3, 2: "Sappiamo che quando Gesú si manifestará, saremo simili a lui, perché lo vedremo come lui é".

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