Foto: 1) La nostra chiesa parrocchiale in ristrutturazione: rifatti il tetto, le finestre, l´impianto elettrico, eccetera. La gente ancora no. 2) Orchidee "arundina", chiamate anche "orchidee bambú". Io le avevo viste sulle Ande, vicino a Macchu Picchu, in Perú. Il vicino della canonica ha fatto un palazzetto e le ha piantate come ornamento del muro esterno. Roba fine!
In Brasile non abbiamo la pasquetta. Si passa di colpo dalla mistica della settimana santa e della veglia pasquale, all´ordinaria amministrazione. Un pó la ci si trascina dietro, nei pensieri, perché la settimana santa é una cosa davvero forte. Non si puó non ricordare, rimuginare, fare la critica e l´autocritica di ció che si é visto, sentito e fatto. Lunedí i preti della diocesi di Goiás, assieme al vescovo, sono andati a passare la giornata in riva a un fiumiciattolo, a riposare e fare il bagno. Felici e casti "come angeli". Una bella idea! Don Eligio ed io avevamo altri impegni e non ci siamo andati. Alle 5 del mattino abbiamo portato il nostro confratello (e parroco) Severino (padre Severino) all´aereoporto di Goiania, a prendere l´aereo per Rio de Janeiro. Si é preso una settimana per stare coi suoi fratelli che abitano lá. Dopo il chech-in lo abbiamo salutato e siamo andati in centro a sbrigare altre faccende. Don Eligio ha passato quasi un´ora e mezza nella libreria paulus, credo che abbia comprato dei libri. Mi ha aspettato lá. Gli hanno dato in omaggio una bottiglietta per l´acqua e il vino, di quelle che si usano nelle messe campali: noi le usiamo continuamente, perché andiamo quasi ogni sera a celebrare nelle comunitá di campagna. Posso testimoniare che é andata in mille pezzi ieri pomeriggio. Gli é caduta. Sono arrivato in casa che, ridendo tristemente, stava mettendone insieme i suoi resti mortali con la scopa.
Severino ha preso la vacanza a Rio nel momento giusto. I suoi fratelli abitano nell´Ilha do Governador, vicino all´aeroporto nuovo, una delle zone piú basse dell´antica capitale. In questi giorni laggiú ha diluviato, e l´acqua ha fatto un disastro: interi quartieri sott´acqua, slavine sui pendii dei "morros". Piú di cento morti, hanno detto i giornali. E fino ad ora non siamo riusciti a comunicare con lui. Non ha lasciato numeri di telefono, e il suo cellulare registra ma non comunica. Forse lo ha lasciato a casa, chiuso a chiave in camera. Ha portato il notebook, ma non risponde ai messaggi. Magari sta passeggiando in barca, oppure aiutando a ripulire le immondizie trasportate dalle piene fin dentro alle case. Non ne sappiamo nulla. Speriamo che sia ancora vivo, e cosí torneremo all´aereoporto lunedí prossimo, a prenderlo.
Pure quí in Goiás, la settimana scorsa sono cadute piogge torrenziali per diverse ore al giorno. Soltanto che, come al solito, nella nostra zona la natura é piú clemente. L´ultimo temporale é passato, rapidamente, la sera del Sabato Santo. Con la festa di Pasqua, come ogni anno, sono comparsi i primi segni della stagione secca che si avvicina. Lunedí si é alzato un venticello che é andato gradualmente aumentando di intensitá fino a diventare freddo. Da ieri il cielo é di zaffiro, e la notte si va sotto i quindici gradi. Torneranno ondate di caldo durante il giorno, perché é ancora presto, ma il panno che abbiamo messo nel letto difficilmente lo toglieremo prima di agosto.
Martedí sera ho celebrato all´aperto e la gente era infreddolita. Una signora che soffre di un tipo di epilessia, impressionata dal vento, ha cominciato a dare segni di un attacco. Per qualche minuto ho dovuto interrompere la celebrazione per lasciare che la aiutassero a ritrovare la respirazione giusta, perché sembrava soffocata. Quando é fresco la messa é piú tranquilla, perché infagottano i bambini e quelli si addormentano (infagottare i bimbi é uno degli effetti del benessere che é arrivato: alcuni anni fa un bambino infagottato era una scena molto rara). E anche i cani si mettono a dormicchiare sotto i tavoli. Immancabilmente ce n´é uno che va sotto il tavolino che serve da mensa eucaristica, e nessuno lo smuove. Dev´essere il piú devoto. Chissá cosa pensano quegli animali quando vedono gli esseri umani pregare. Mi sa che un pochino di presenza soprannaturale la sentano anche loro! A Itaberaí ce n´é una squadra che ha seguito anche tutta la processione della Via Crucis del Venerdí Santo, per le vie del paese, dalle 6 alle 8 del mattino.
La notte scorsa il termometro é sceso, addirittura, sotto i dieci gradi. Un freddo cane. Peró il la sera ho sperimentato una delle soddisfazioni migliori della vita. Avevo un incontro che si chiama "Scuola della Fede", proprio nella sede centrale della parrocchia. Abbiamo studiato a fondo la storia del battesimo dell´eunuco, il "processo" della scoperta e accoglienza della fede, negli Atti degli Apostoli. L´evangelista Luca ce l´ha messa tutta, e ha fatto un capolavoro, a parte la scomparsa improvvisa di Filippo ad opera dello Spirito Santo, che nessuno ci capisce niente e la gente mi chiedeva se era proprio Filippo o era il suo spirito dopo la risurrezione. I partecipanti non erano molti, ma di un´attenzione e immedesimazione eccezionale. Si sono sentiti nei panni dell´eunuco. Hanno abbondato negli interventi. Io ero felice, e lo sono tutt´ora, perché dove la trovi piú gente cosí interessata alla fede e cosí ricettiva? É per essere utili a questo tipo di persone che noi siamo preti, ma di solito ci sollecitano ad intervenire per qualsiasi cosa, perfino sulla birra nelle feste religiose, meno che sui temi del Vangelo.
Stavo dicendo che un pó di settimana santa si attacca alla pelle o entra dentro, e ci mettiamo del tempo a passare ad altro. La passione e la risurrezione sono centrali nella fede cristiana: celebrazioni forti, che toccano profondamente. E anche contraddizioni forti, perché ognuno rivive a modo suo quei misteri, d´accordo con la propria lettura dei testi biblici e della dottrina. Vengono fuori tanti luoghi comuni nei commenti alla liturgia di quei giorni. Qui da noi i commenti sono compito dei laici, che li vanno a cercare quá e lá nei diversi libretti in circolazione, o nei filmati. C´é un pó di tutto. Ripetono, qualche volta, frasi trite e ritrite che nutrono la pietá, ma girano bene alla larga dal punto cruciale che deve cambiare la nostra vita di fede. "Gesú poteva scendere dalla croce in qualsiasi momento, ma non lo ha fatto perché sapeva che con la sua morte ci avrebbe liberati dai nostri vizi, dal bere, dal fumare droghe". Figuriamoci, Gesú é stato ucciso per non farci bere e fumare? "Gesú fu denudato. Anche noi possiamo perdere la nostra dignitá, a volte: la dignitá di padri, madri, figli, lavoratori, cittadini. Ma non importa. L´importante é che non perdiamo la dignitá di figli di Dio!" Parole che mi ricordano la predica íl parroco della mia adolescenza, che al venerdí santo dichiarava senza timore di smentite: "Ogni peccato che commettiamo é come un colpo di martello che inchioda Gesú alla croce".
Se leggiamo con piú attenzione i vangeli, invece, ci rendiamo conto che Gesú non poteva scendere dalla croce, perché si era incarnato in una natura umana e si era impegnato a portare fino in fondo la sua missione a qualunque costo. Per evitare la croce avrebbe dovuto andare dai sacerdoti del Sinedrio e dire loro: "E va bene, mettiamoci d´accordo. Voi date un buon stipendio a me e ai miei discepoli, ed io d´ora in poi misureró le parole e non vi daró piú fastidio!" Non lo ha fatto, perció la croce era inevitabile. "Per questo" - scrive San Paolo - "il Padre lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato un nome al di sopra di ogni altro nome". Noi celebriamo la risurrezione di Cristo e fondiamo su di essa la nostra speranza, ma non ci é lecito dimenticare che é stata per Gesú, e sará per noi, il frutto della nostra obbedienza al Padre. Siamo obbedienti al Padre? Gesú ha messo in chiaro tutte le contraddizioni del mondo con la morte in croce, e ha concluso la sua missione in pochissimi anni e nel pieno della gioventú. Ha fatto quei discorsi e gesti radicali che allontanavano i conformisti e facevano arrabbiare quelli che nascondevano altarini e avevano scheletri nell´armadio. Noi, invece, ci barcameniamo in mezzo alle ambiguitá e viviamo piú a lungo. Ma forse é la nostra condizione umana: deve essere cosí. "Siete nel mondo, ma non siete del mondo". Credo e spero che sapesse di che pasta siamo fatti e su quale terreno camminiamo, e che sia contento dei nostri tentativi. Tuttavia un pó piú di coraggio da parte nostra non guasterebbe. Anche le pasque quotidiane sono gioia e risurrezione, ma vengono dopo il coraggio di portare le croci.
Nel post di alcuni giorni fa ho fatto cenno alle elezioni italiane. Leggo i giornali, e mi dispiace vedere quanto pessimismo e litigiositá esprimono: ma non é bene che io faccia dei commenti perché sono pochissimo informato e quasi sempre leggo solo i titoli o poco piú. Rischio sempre di scrivere stupidaggini. Apparentemente, lí ci sono lotte non tra posizioni aperte alla ricerca del bene comune e del servizio alla vita, ma chiuse e desiderose di imporre e di "farla pagare" agli avversari. Gli specialisti di biologia animale dicono che questa é la caratteristica delle gabbie troppo strette: speriamo che non sia il caso dell´Italia. In Brasile ci sono problemi enormi, ma il "clima politico -sociale" é assai diverso. Anche nella Chiesa, nonostante alcuni aspetti di retrocesso e omologazione. Ad esempio, i Vescovi si impegnano a dare il loro contributo sul tema dell´economia politica. In questi giorni é uscita una nota della Conferenza Episcopale Brasiliana (CNBB) - Por uma Reforma do Estado com Participação Democrática, CNBB 2010 - che esprime le seguenti esigenze fondamentali: "É compito delle istituzioni pubbliche dello Stato, sottomesse al controllo sociale permanente: - regolare il mercato ed avere cura per la qualitá della vita di tutte le persone - la realizzazione dei diritti della popolazione é al di sopra degli interessi dei mercati finanziari nazionali e internazionali. - Dare prioritá all´economia solidale e alla generazione di reddito per mezzo di iniziative dirette della popolazione e di incentivi pubblici. - Promuovere un controllo dei debiti pubblici (esteri e interni) come comanda la Costituzione (cf. Ato das Disposições Transitórias, art. 26)". Lo scandalo dell´esclusione e della violenza ci sollecita alla costruzione di un mondo nuovo". Ottimo pronunciamento, anche se sottintende una montagna di ambiguitá. E anche se qualcuno osserverá, con un pó di ragione, che é facile criticare e dare lezioni al Governo dello Stato, ma bisogna poi essere anche disposti ad accettare critiche e suggerimenti sul proprio Governo della Chiesa.
A proposito di ambiguitá, viene a pennello e vi trascrivo e traduco un altro capitolo di Jung Mo Sung sul tema della Campagna della Fraternitá. Mi é piaciuto molto. Lui, con l´ambiguitá, ci va d´accordo e la trova non male. Il titolo é: Economia e Vita (VIII): ambiguitá e conflitto come valori sociali. Lascio a voi il compito di trovare il nesso tra ció che precede e ció che segue.
"Ho finito l´articolo anteriore affermando che dobbiamo accettare che l´ambiguitá e la contraddizione fanno parte della condizione umana e che dobbiamo desistere dalle "soluzioni pure". Cioé, uscire dalla logica della razionalitá occidentale moderna che propone sempre un unico principio organizzativo per l´economia, la societá e la vita, cosí come propone che un´unica cultura sia presa come universale, una sola religione (sia essa il cristianesimo, o l´islamismo.....o una nuova religione risultato dell´unione di tutte le religioni) che sia universale, capace di includere tutti i popoli e culture diversi dentro di sé, eccetera.....
É questo tipo di razionalitá che spiega perché i neoliberali propongono la soluzione del "mercato puro, totale" - tutti gli aspetti dell´economia e pure della vita sociale diretti dalla logica del mercato - e riducono l´essere umano ad "uomo economico" per "purificarlo" e liberarlo dall´ambiguitá umana. E il socialismo di tipo sovietico cercó di mettere tutta la vita economica, politica e sociale sotto il controllo e la pianificazione della Stato e ridusse l´essere umano ad "uomo politico"; e ci sono oggi settori del cristianesimo della liberazione che propongono che la solidarietá o l´armonia tra gli esseri umani e di questi con la natura debba essere l´unica logica che guida l´economia e la vita sociale, e cosí propongono un "nuovo essere umano" senza ambiguitá e senza interessi e desideri conflittivi. Nonostante siano proposte molto diverse fra loro, queste tre condividono lo stesso principio che ci dev´essere un unico principio organizzatore, sia in economia, sia in politica, nella societá e perfino nel campo religioso, e che l´ambiguitá dev´essere superata.
Per avere un´idea dell´influsso di questo principio della ragione moderna occidentale in luoghi meno sospetti, voglio riportare qui un´espressione che fu molto forte nel cristianesimo della liberazione degli anni 80 - 90: "Le Comunitá Ecclesiali di Base sono (o devono essere) il nuovo modo di essere di tutta la Chiesa". Cioé, tutta la Chiesa dovrebbe avere un unico principio organizzativo, le Comunitá Eclesiali di Base, mentre i settori egemonici del Vaticano volevano e ancora vogliono imporre il modello romano per tutta la Chiesa. É un conflitto tra parti che si fanno carico dello stesso principio come vero. Per superare questa logica del principio unico e di una soluzione definitiva che elimini tutte le ambiguitá e contraddizioni della condizione umana, abbiamo bisogno di passare a vedere l´ambiguitá e il conflitto come valori sociali e umani. Per molti questa affermazione potrá suonare molto strana o perfino eretica. Ma io penso che nella nostra riflessione su economia e vita, sia fondamentale discutere e rivedere questa questione.
Per farlo, dobbiamo cominciare con una rapida riflessione sulla condizione umana. Gli esseri umani sono esseri con capacítá di comprendere, interpretare e creare il proprio mondo utilizzando gli strumenti che la loro cultura offre. Tutti noi sappiamo che culture diverse producono spiegazioni e soluzioni diverse per i problemi inerenti alla vita umana, come, per esempio, il modo di produrre e distribuire i beni necessari alla vita, il modo di organizzare la societá e il sistema di leggi e di valori morali, il modo di dare un senso alla vita, il modo di spiegare e legittimare le differenze sociali e individuali, eccetera. Persone di culture differenti comprendono, spiegano e danno risposte diverse agli stessi problemi o fatti sociali. Cioé, quando persone o gruppi di culture diverse interagiscono, ci sará sempre conflitto di interpretazioni della realtá e anche conflitto di interessi. Se il conflitto é visto come un male, la soluzione ricercata é un conflitto che elimini tutti i conflitti, cioé la vittoria di una parte e l´imposizione della versione del piú forte su tutti quelli che ne sono coinvolti - con l´effetto di una pace e armonia apparenti. Se invece vediamo il conflitto come una cosa che fa parte della condizione umana e come un valore sociale, si cercano forme di "dialoghi possibili", che saranno segnati da conflitti e ambiguitá, ma adesso accettati come parte della condizione umana e della ricerca di una soluzione che non passi attraverso la distruzione o la sottomissione dell´altro. Non c´é dialogo senza nessun tipo di conflitto o ambiguitá; e quando non c´é ambiguitá o conflitto, il dialogo non é necessario.
Dal momento che gruppi umani hanno bisogno di una cultura concreta e non di una "cultura universale astratta" per vivere la propria vita, non é né possibile né desiderabile che la diversitá culturale (e con essa i conflitti) sparisca. E ció significa, per esempio, che la diversitá religiosa, che produce conflitti (come minimo, di interpretazioni) tra le religioni si manterrá e dovrá essere visto come un valore. Un mondo senza conflitti culturali e religiosi sarebbe un mondo in cui un gruppo sociale é riuscito a imporre su tutti i propri interessi, il suo modo di vedere e organizzare il mondo e il senso della vita. Un mondo che vivrebbe una "pace imperiale". Per superare l´attuale "pace imperiale globale", ci occorre farci carico dell´ambiguitá umana, delle contraddizioni umane e sociali, dei paradossi e della tensione tra diversi principi organizzativi, come valori sociali.
In questo senso, Milton Schwantes ci insegna che la dispersione dei contadini, nella narrazione della Torre di Babele, che si concluse con la diversitá di lingue e, perció, la diversitá di culture, non fu un castigo, ma un´azione liberatrice di Dio contro il tentativo dell´ "impero" di imporre, attraverso la potenza militare espressa dalla Torre, la propria lingua/cultura come unica. (Continua)
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