Foto: due immagini del nostro incontro regionale delle Comunitá Ecclesiali di base, ieri mattina, ad Itaberaí.
PS - 1) Abbiamo gli ospedali piedi di gente ammalata di dengue: anche la Vicentina,la "perpetua". 2) 21 marzo é la festa civile di Tiradentes, eroe dell´indipendenza brasiliana, impiccato nel 1767. Padre Severino ed Eligio vanno a fare una gita. 3) Fa un caldo terribile.
Domenica scorsa, ad Itaberaí, abbiamo fatto l´incontro delle comunitá ecclesiali di base della regione Urú. Non male. Abbiamo fatto una memoria del cammino della nostra Chiesa locale dal Concilio Vaticano ad oggi, e una verifica della situazione attuale. Sono affiorati alcuni "nodi", i soliti: soprattutto le difficoltá di rinnovare le equipes di coordinamento, che sono il marchio della collegialitá di questo "modo di essere Chiesa". La vita di oggi é sempre piú una corsa. Per raggranellare quei quattro soldi che tengono in piedi una famiglia, la gente deve fare i contorsionismi: per fare la rotazione dei coordinamenti, come sarebbe l´ideale, le comunitá sarebbero costrette ad indicare solo pensionati. Si é studiato pure il nuovo libretto con gli schemi per le letture bibliche di quest´anno: "Giona, conversione e missione". É un testo geniale, adattissimo per la riflessione delle comunitá perché ha uno stile ironico e quasi umoristico. Tuttavia, essendo molto corto, é stato diviso in soli 4 incontri. Nelle altre settimane il testo suggerisce le letture dei Vangeli della domenica, seguendo il metodo della "lectio divina".
É stato affrontato anche il tema dell´impegno laico nella catechesi e altre pastorali. Abbiamo decine di persone che svolgono attivitá come visita e comunione agli ammalati, visita e preghiera coi carcerati, celebrazioni domenicali della Parola, raccolta delle "decime" per il sostegno della Chiesa (in realtá hanno soltanto il nome di "decime", sono tassazioni spontanee che la gente versa secondo le proprie possibilitá e grado di generositá), catechesi di ragazzi e adulti, eccetera. Ho trovato una bella intervista a un vescovo su "Le Monde" a questo proposito. Fa piacere scoprire che il nostro modello pastorale trova sostegno in un vescovo francese. Entusiasmato, e avendo domenica sera un pó di tempo prima di dormire, l´ho tradotto per i lettori del blog. Poi, il giorno dopo, ho scoperto che il settimanale Adista lo ha pubblicato. Non fa niente. Vi pubblico ugualmente, di seguito in questo post, la mia traduzione, anche se risulterá qualche equivoco nella mia interpretazione del francese. E chi lo desiderá potrá consultare direttamente l´originale.
Infine, non posso non passarvi almeno la parte essenziale del decimo articolo di Yung Mo Sung su "Economia e vita". É una riflessione importante, che ci stimola ad una spiritualitá di superamento dei nostri desideri individuali, spesso velleitari e privi di concretezza, per metterci al servizio delle cause concrete.
"La Chiesa é minacciata di diventare uma sottocultura"
| 03.04.10 | 13h41 • Mis à jour le 03.04.10 | 13h41 – Traduzione dal francese mia – per leggere l´originale andate al sito:
http://www.lemonde.fr/societe/article/2010/04/03/l-eglise-est-menacee-de-devenir-une-sous-culture_1328305_3224.html
Arcivescovo di Poitiers, Mgr Albert Rouet é uma delle figure piú libere dell´episcopato francese. La sua opera J'aimerais vous dire (Bayard, 2009) é un best-seller nella sua categoria. Venduto a piú di 30 000 esemplari, vincitore del Premio 2010 dei lettori di La Procure, questo libro di interviste contiene uno sguardo assai critico sulla Chiesa cattolica. In occasione della Pasqua, Mgr Rouet libera le sue riflessioni sull´attualitá e la sua diagnosi sulla sua istituzione.
La Chiesa cattolica é scossa da diversi mesi dalla rivelazione di scandali di pedofilia in diversi paesi europei. Questo l´ha sorpresa?
Vorrei subito precisare una cosa: perché ci sia pedofilia, occorrono due condizioni, una perversione profonda e un potere. Ció significa che ogni sistema chiuso, idealizzato, sacralizzato, é un pericolo. Dal momento in cui un´istituzione, ivi compresa la Chiesa, si innalza ad una posizione di diritto privato, si considera in posizione di forza, le conseguenze finanziarie e sessuali diventano possibili. É quanto questa crisi rivela, e questo ci costringe a ritornare al Vangelo; la dolcezza di Cristo é costitutiva del modo di essere della Chiesa.
In Francia, la Chiesa non há piú questo tipo di potere; questo spiega che siamo di fronte ad errori individuali, gravi e deprecabili, ma che non conosciamo uma sistematizzazione di queste faccende.
Queste rivelazioni sopraggiungono dopo parecchie crisi che hanno turbato il pontificato di Benedetto XVI. Chi maltratta la Chiesa?
Da qualche tempo, la Chiesa é sballottata da tempeste, esterne e interne. Abbiamo un papa che é piú teorico che storico. É rimasto il professore che pensa che quando un problema é ben posto, é giá mezzo risolto. Ma nella vita non é cosí; ci si urta con la complessitá, con la resistenza del reale. Lo si vede bene nelle nostre diocesi, si fa quello che si puó! La Chiesa fatica a situarsi nel mondo tumultuoso in cui si trova oggi. Questo é il cuore del problema.
Inoltre, due cose mi tormentano nella situazione attuale della Chiesa. Oggi, si constata un certo gelo della parola. Ormai, la minima messa in discussione sull´esegesi o la morale é considerata una bestemmia. Mettere in discussione non é piú normale, e questo é un danno. Parallelamente, regna nella Chiesa un clima di sospetto malsano. L´istituzione si trova di fronte a un centralismo romano che si appoggia su tutta una rete di denunce. Certe correnti passano il loro tempo a denunciare le posizioni di questo o quel vescovo, a fare dei dossier contro uno, a custodire delle schede contro l´altro. Questi comportamenti si intensificano mediante Internet.
D´altra parte, ío noto un´evoluzione della Chiesa parallela a quella della nostra societá. Questa vuole piú sicurezza, píú leggi, quella vuole piú identitá, piú decreti, piú regolamenti. Ci si protegge, ci si chiude, questo é il segno di un mondo chiuso, questo é catastrofico!
In generale, la Chiesa é un buon specchio della societá. Ma oggi, nella Chiesa, le pressioni identitarie sono particolarmente forti. Inconsapevolmente, chi non riflette troppo, há sposato un´identitá rivendicatoria. Dopo la pubblicazione di caricature sulla stampa circa la pedofilia nella Chiesa, io ho avuto delle reazioni degne degli integralisti islamici sulle caricature di Maometto! A voler sembrare offensivi, ci si squalifica.
Il presidente della conferenza episcopale, Mgr André Vingt-Trois, l´ha ripetuto a Lourdes il 26 marzo: la Chiesa di Francia é marcata dalla crisi di vocazioni, dalla bassa trasmissione, dalla diluizione della presenza cristiana nella societá. Come vive lei questa situazione?
Io tento di prendere atto che noi siamo alla fine di um´epoca. Siamo passati da um cristianesimo d´abitudine ad un cristianesimo di convinzione. Il cristianesimo si era mantenuto sul fatto che si era riservato il monopolio della gestione del sacro e delle celebrazioni. Di fronte alle nuove religioni, e alla secolarizzazione, la gente non fa piú appello a questo sacro.
Tuttavia, si puó dire che la farfalla é piú o meno simile alla crisalide? É una cosa diversa. Dunque, io non ragiono in termini di degenerazione e abbandono: noi siamo in corso di mutazione. Abbiamo bisogno di misurare l´ampiezza della mutazione.
Prendete la mia diocesi: settant´anni fa contava 800 preti. Oggi ne há 200, ma essa conta pure 45 diaconi e 10 000 persone impegnate nelle 320 comunitá locali che abbiamo creato quindici anni fa. Questo é meglio. Bisogna farla finita con la pastorale della SNFC. Bisogna chiudere delle linee e aprirne altre. Quando ci si adatta alla gente, al suo modo di vivere, ai suoi orari, la frequenza aumenta, e compreso il catechismo! La Chiesa ha questa capacitá di adattamento.
In che modo?
Noi non abbiamo piú personale per tenere un quadro di 36 000 parrocchie O noi pensiamo che questa sia una miseria da cui bisogna uscire ad ogni costo, e allora torniamo a sacralizzare il prete; oppure inventiamo altre cose. La povertá della Chiesa é una provocazione ad aprire nuove porte. La Chiesa deve appoggiarsi sul proprio clero o sui suoi battezzati ? Da parte mia, penso che bisogna dare fiducia ai laici e farla finita di funzionare sulla base di un quadro medioevale. Questo é un cambiamento fondamentale. É una sfida.
Questa sfida presuppone di aprire il sacerdozio agli uomini sposati?
No e sí! No, perché immaginate che domani io possa ordinare dieci uomini sposati, io ne conosco, questo non é ció che manca. Io non potrei pagarli. Essi dovrebbero perció lavorare e non sarebbero disponibili se non nei fine-settimana per i sacramenti. Si ritornerebbe allora ad um´immagine cultuale del prete. Sarebbe una falsa modernitá.
Al contrario, se si cambia il modo di esercitare il ministero, se la sua posizione dentro alla comunitá é un´altra, allora sí, si puó prendere in considerazione l´ordinazione di uomini sposati. Il prete non deve piú essere il padrone della sua parrocchia; egli deve sostenere i battezzati perché diventino degli adulti nella fede, dare loro una formazione, impedire loro di ripiegarsi su sé stessi.
Spetta a lui ricordare loro che si é cristiani per gli altri, non per sé stessi; allora egli presiederá l´Eucaristia come un gesto di fraternitá. Se i laici restano dei minorenni, la Chiesa non é piú credibile. Essa deve parlare da adulta ad adulti.
Lei crede che la parola della Chiesa non sia piú adatta al mondo. Perché?
Con la secolarizzazione, si sviluppa una "bolla spirituale" in cui le parole fluttuano; cominciando dalla parola "spirituale" che é applicata quase ad ogni tipo di mercanzia. É quindi importante dare ai cristiani i mezzi per identificare ed esprimere gli elementi della loro fede. Non si tratta di ripetere una dottrina ufficiale ma di permettere loro di dire liberamente la propria adesione.
Spesso é la nostra maniera di parlare che non funziona. Bisogna scendere dalla montagna e mettersi sul piano (degli altri, ndt), umilmente. Per questo occorre un enorme lavoro di formazione. Perché la fede era diventata una cosa di cui non si parlava tra cristiani.
Qual´é la sua maggiore inquietudine nei confronti della Chiesa?
Il pericolo é reale. La Chiesa é minacciata di trasformarsi in una sotto-cultura. La mia generazione era legata all´inculturazione, al tuffarsi nella societá. Oggi, il rischio é che i cristiani si induriscano tra loro, solo perché essi hanno l´impressione di trovarsi di fronte a un mondo di incomprensioni. Ma non é accusando la societá di tutti i mali che si aiuta la gente a fare chiarezza. Al contrario, ci vuole um´immensa misericordia per questo mondo in cui milioni di persone muoiono di fame. Tocca a noi provvedere al mondo e tocca a noi diventare amabili.
Propos recueillis par Stéphanie Le Bars
Economia e Vita (X): lotte, frustrazioni e spiritualitá - Jung Mo Sung - dal sito Adital.
Nell´articolo precedente ho sintetizzato le ultime riflessioni sviluppate in questa serie affermando che, per costruire una societá alternativa a quella attuale di "pace imperialista capitalista", abbiamo bisogno di superare piú radicalmente il pensiero moderno che propone un ordine sociale basato su un unico principio organizzativo. A questo scopo, bisogna creare un nuovo tipo di economia e di politica in cui i conflitti accettabili (quelli che non propongono la pace attraverso la morte dell´altro) e le tensioni tra le diverse logiche e culture che compongono la societá siano viste come salutari.
Sono consapevole che per molti queste idee non hanno senso. Sembra che io stia proponendo una soluzione al massimo "riformista", che ha rinunciato alla nozione di liberazione, alla costruzione di una societá realmente nuova o alla costruzione del Regno di Dio. Ma quello che propongo é invece di farci carico radicalmente della nostra condizione umana e di cercare soluzioni possibili dentro alle condizioni storiche, invece di confondere i nostri migliori desidere con la possibilitá storica. Fa parte della condizione umana la nostra capacitá di desiderare oltre le possibilitá. (Per una discussione piú profonda di questo tema, rimando al libro "Deus em nós: o reinado que acontece no amor solidário aos pobres", scritto da me e Hugo Assmann.)
Nella lotta per la vita delle persone concrete (e non per una visione astratta della vita), é fondamentale la distinzione tra ció che é possibile e ció che é impossibile. Ci sono obiettivi che sono umanamente e storicamente possibili, ma sono impossibili dentro alle condizioni storiche del momento o dentro a un determinato tipo di sistema. In questi casi, dobbiamo lottare per cambiare le condizioni storiche per far diventare possibile ció che al momento é impossibile. In situazioni del genere, la lotta per la vita dei piú vulnerabili avviene in due livelli: a) lollta per conquistare obiettivi concreti che sono possibili dentro al sistema o alle condizioni storiche present; b) lotte per modificare il sistema sociale per rendere possibili conquiste che sono possibili solo in un altro sistema. Un esempio di questo puó essere la lotta per la fine del sistema schiavista affinché tutti siano liberi. Ma ci sono anche obiettivi che oltrepassano la condizione umana e i limiti della storia. Un esempio di questo é liberarci dalla morte.
Nella maggior parte dei casi noi non sappiamo dapprima qual´é il limite delle possibilitá umane. É attraverso l´azione che lo scopriamo man mano. É per questo che le persone che stanno davvero nella lotta concreta conoscono meglio i limiti della condizione umana. D´altra parte, persone che sono lontane dalle lotte concrete e si accontentano di criticare tutto ció che esiste e difendono la vita in modo astratto, tendono ad annunciare il proprio desiderio come obiettivo possibile e sono solite non riconoscere e non accettare i limiti dell´azione umana.
In veritá, accettare i limiti della condizione umana di fronte ai nostri desideri non é una cosa facile. Anche quelli che li imparano attraverso le loro lotte, vittorie e sconfitte, sanno che questo apprendimento non é qualcosa di facile in termini esistenziali. É un apprendistato che sempre porta con sé frustrazione e molte volte siamo tentati di pensare che la lotta non vale la pena perché non realizzerá pienamente e totalmente i nostri desideri. In quei momenti puó accadere un grande apprendimento spirituale: la scoperta che la lotta, anche se accompagnata da frustrazioni, vale la pena, perché piú importante dei "miei" desideri e delle "mie" frustrazioni é la vita concreta dei nostri fratelli e sorelle. Questa é l´esperienza spirituale che ci fa continuare nella lotta, nonostante tutto......
Senza questo apprendistato spirituale, non é possibile sviluppare le nostre (la mia, quella dei mio gruppo e quella dei poveri) potenzialitá e raggiungere obiettivi possibili. Chi cerca obiettivi impossibili non realizza nemmeno quelli possibili, perché non sa la differenza tra i due, molto meno la strada per realizzare il possibile. Generalmente si accontenta di fare discorsi grandiosi e, nel peggiore dei casi, é solito mettere bastoni tra le ruote a quelli che lottano concretamente.
La lotta per la vita e, perció, per un´economia che renda possibile una vita degna per tutti, richiede una visione piú concreta della vita e della realtá sociale. Per le comunitá (ecclesiali o no) ed i gruppi sociali questo significa in primo luogo pratiche sociali e lotte nel proprio contesto sociale, contesti nei quali ci sono volti e corpi di persone che soffrono e hanno speranze di vita migliore. Esperienze spirituali e lotte che avvengono nell´ambito micro dell´economia e della societá. Senza il livello concreto, micro, non ci sono corpi di persone, né vite concrete. Ma come dice la parola stessa, il micro presuppone la macro-economia, e viceversa. Le lotte concrete cominciano a livello micro, ma é necessario articolarle, sia nell´analisi che nella lotta concreta, col livello macro. E la lotta nell´ambiente macro ha bisogno di essere connessa con le preoccupazioni e la vita concreta che si vive nel livello micro.
Un tipo di esperienze che, nel campo dell´economia, della vita e della fede, incarnano queste relazioni e tensioni di cui stiamo trattando quí é quello della "economia solidale". Tema que abborderemo nel prossimo articolo.
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