16 aprile 2010

IL GIUSTO É IMMORTALE

Foto: visita di italiani alla tenda di un accampato del Movimento dei Sem Terra.

É iniziata nelle diocesi la campagna di mobilitazione per la XIV Romaria da Terra e das Àguas del Centro-Ovest, che si svolgerá il 5 giugno prossimo ad Anicuns, comune confinante con Itaberaí. Le commissioni Pastorali della Terra, compresa la nostra, sono all´opera per divulgare l´evento. Il tema dell´appuntamento religioso é "Povos do cerrado em defesa da vida". Nel frattempo é partita domenica scorsa da Itaberaí, con la benedizione del Vescovo e il saluto di alcune autoritá, la Marcia del Movimento dei Sem Terra (MST), una manifestazione popolare che concentrerá il 17 aprile, a Brasilia, lavoratori di tutto il paese per rivendicare piú impegno del Governo e della societá per la Riforma Agraria. Questa data, in Brasile, é il 14mo anniversario della strage di Eldorado dos Carajás, nel Pará, in cui furono massacrati dalla polizia 19 lavoratori del movimento, e é diventata la Giornata Nazionale di Lotte per la Riforma Agraria. "Dopo 14 anni - scrivono i dirigenti del MST - il paese non ha ancora risolto i problemi dei poveri del mondo rurale, che continuano ad essere bersaglio della violenza dei fazendeiros e dell´impunitá della giustizia. Secondo dati della Commissione Pastorale della Terra (CPT), sono stati assassinati 1.546 lavoratori tra il 1985 e il 2009. Nel 2009, ne sono stati uccisi dal latifondo 25. Del totale dei conflitti, al momento ne sono stati giudicati solo 85, con la condanna di 71 esecutori dei delitti e l´assoluzione di 49 esecutori e 19 mandanti, dei quali nemmeno uno é in carcere". (Intanto peró, la notizia é della settimana scorsa, l´assassino di Suor Dorothy Stang é stato condannato a 30 anni...)

"Perché manifestiamo? - continua il documento dell´MST - La Riforma Agraria é ferma in tutto il paese. Di fronte a questo quadro chiediamo: 1- La sistemazione delle 90 mila famiglie accampate del MST; 2 - L´aggiornamento degli indici di produttivitá della terra; 3- La garanzia dei mezzi per realizzare gli espropri, fare i processi e organizzare le aree in cui sistemare gli accampati; 4- Investimenti pubblici negli "assentamentos" (credito per la produzione, abitazione rurale, educazione e sanitá). Abbiamo famiglie accampate da piú di cinque anni, che vivono in situazioni abbastanza difficili sull´orlo delle strade e in aree occupate, vittime della violenza del latifondo e dell´agro-business. Con le nostre azioni, vogliamo denunciare l´esistenza di latifondi che non osservano la Costituzione Federale ((art. 184) e che dovrebbero essere espropriati per la Riforma Agraria".
Secondo dati dell´ultimo censo agropastorile dell´Istituto Brasiliano di Geografia Statistica (IBGE), 15 mila fazendeiros controllano nientemeno che 98 milioni di ettari, con 2 mila ettari a testa.

Vi ho voluto dare queste due notizie perché noi siamo una diocesi agricola, che ha sempre sentito molto le lotte dei lavoratori dei campi per ottenere terra e per avere voce in capitolo nella politica nazionale. Il governo Lula ha fatto molto per loro, e io vi ho giá raccontato in passato le attivitá di piccoli produttori, fieranti ed eco-agricoltori promosse dalla CPT, che sono finanziate dal governo federale: ma non ha portato avanti la Riforma Agraria, che era il bisogno prioritario. Si é trovato davanti a un muro: opposizione accanita delle organizzazioni dei fazendeiros, molto forti in parlamento e senato; tutto il sistema giudiziario contro; e, immancabilmente, la corruzione negli organi preposti alla Riforma Agraria e perfino, talvolta, nelle organizzazioni dei lavoratori. Peró bisogna ammetterlo: oggi c´é un affievolimento diffuso dell´impegno politico-sociale nella Chiesa brasiliana, anche se parecchie diocesi, come la nostra, continuano a mettere la lotta al fianco dei poveri tra le prioritá pastorali. La maggior parte dei cattolici che gremiscono le Chiese (sotto questo aspetto mi pare che ci sia una crescita in quantitá e qualitá) sono pronti a collaborare per ristrutturare una chiesa, a prestarsi come ministri straordinari dell´Eucaristia o catechisti, pregano e leggono la Bibbia volentieri, ma sono piuttosto freddini quando si tratta di impegnarsi nel sociale. Chissá perché? I brasiliani non sono reazionari, e solitamente hanno anche un forte sentimento di fratellanza e condivisione, ma forse sentono qualcosa nell´aria che li fa desistere dall´affrontare la disuguaglianza e l´ingiustizia a viso aperto.

Pare che sulla stampa mondiale che alle Comunitá Ecclesiali di Base (CEBs) sia stato affibbiato troppo presto l´attestato di obito. Sono vive e continuano per la loro strada, anche se non si fanno notare. Sono come braci sotto la cenere, un lievito nella massa. In alcuni momenti, salgono alla ribalta e dimostrano maturitá. Come mi é accaduto di assistere nei giorni scorsi, al funerale di un uomo, ancora giovane, stroncato dal cancro. Era uno di molta fede, stimato e amato dalla comunitá cattolica. Mi hanno chiamato per le esequie ed io sono andato (quí, spesso, si fanno in casa). L´abitazione della sorella, presso cui era ospitato, era zeppa di gente dentro e tutt´intorno. Sono passato in mezzo alla folla, mi sono avvicinato alla bara, ho fatto le condoglianze ai fratelli (dieci: lui era il piú giovane della famiglia), e ho letto e fatto tutto quello che il rituale chiede. Al termine del rito, la coordinatrice della comunitá si é fatta avanti e ha detto: "Padre Francisco ha giá fatto le esequie, ma anche noi della comunitá abbiamo preparato la nostra celebrazione e vogliamo salutare per l´ultima volta il nostro fratello Luigi". C´erano lettori e cantori, tutti ben preparati. Hanno ripetuto ogni cosa passo a passo, comprese una breve riflessione sulla risurrezione dei morti e la benedizione finale. Uniche differenze, hanno cantato alcuni inni molto intonati al momento, e hanno letto il Vangelo del rituale, mentre io avevo scelto un altro brano. La loro celebrazione é stata molto piú sentita della mia: perché fatta su misura, con i sentimenti di chi ha camminato assieme al defunto nella vita e nei giorni della sofferenza.

Ci ripensavo questo pomeriggio, mentre facevo la mia camminata terapeutica in mezzo ai pascoli. Quella comunitá ha commentato cosí bene la risurrezione dei morti! Siamo ancora nel tempo pasquale, ed io ho ancora nel cuore e nella testa lo strascico della settimana santa. La morte provoca spavento e ripulsione, ma la fede nella risurrezione ridimensiona la tragedia. "La vita non é tolta, ma trasformata": e la fede nella morte e risurrezione di Gesú Cristo trasforma l´abisso della morte in un avvenimento pasquale. Quanti poveri, umili, giusti, gente che piange, costruttori di pace, perseguitati per causa della giustizia. Metterei tra quelli delle beatitudini le vittime dei terremoti, delle guerre (anche quelle del premio Nobel per la pace, che sta progettando nuove basi in diversi punti dell´America Latina tra cui, mi dicono, Rio de Janeiro), degli assalti (500 mila morti in dieci anni, solo in Brasile), delle malattie, della fame provocata dal colonialismo economico. Se proprio lo vogliamo, anche le vittime della pedofilia, che oggi sembra una epidemia (la settimana scorsa, nello Stato di Goiás, hanno arrestato uno che attirava ragazzotti in un luogo isolato, li violentava e poi li uccideva. Dicono che ne ha fatti fuori sei). Quanto male c´é nel mondo! E noi ci camminiamo in mezzo, senza riuscire vincerlo. Va bene sognare e lottare per "un mondo diverso possibile", ma la speranza della risurrezione non guasta certo!

Ho quasi finito di leggere il volume di Sandro Gallazzi e Anna Maria Rizzante, "Saggi sul post-esilio", che ho cominciato a leggere in gennaio (é un volumone di 400 pagine grandi e zeppe di citazioni bibliche!) Tra gli altri, ho trovato interessantissimo un capitolo intitolato "La giustizia é immortale", che in cui l´autore studia la fede nella risurrezione che compare in alcuni libri dell´Antico Testamento, quindi prima di Gesú: il secondo Isaia, il primo libro della Sapienza e il primo dei Maccabei. L´autore scorge nel Libro della Sapienza una ´polemica tra i "giusti" e gli "empi" che porta a questa rivelazione: la giustizia rende immortale il giusto. Cito uno dei testi a mó di esempio, ma ce ne sono tanti. "Dio ha creato l´essere umano per l´incorruttibilitá e l´ha fatto ad immagine della propria natura; é stato per l´invidia del diavolo che la morte é entrata nel mondo; la sperimentano coloro che sono del suo partito. La vita dei giusti é nelle mani di Dio e nessun tormento li toccherá" (Sapienza, 2, 23 - 3, 1).

Noi cristiani occidentali abbiamo preso il concetto filosofico dell´immortalitá dell´anima da Platone: il corpo muore, l´anima é immortale. Sono due elementi separati, uno si corrompe e l´altro no. Questa interpretazione della morte ha potuto essere il famoso "oppio dei popoli" di cui parlava Marx: "non vi preoccupate delle cose materiali e delle sofferenze del corpo, l´importante é che la vostra anima arrivi in paradiso dopo la morte". Nella fede biblica, degli ultimi tempi prima di Gesú, era tutt´altro. Non c´é separazione tra anima e corpo. La salvezza non é solo dell´anima, ma di tutto l´essere umano, anima e corpo. E comincia giá in questa vita: avviene tutti i giorni e i momenti. La divisione non é tra anima e corpo, ma tra l´empio e il giusto. L´empio calpesta e umilia il giusto, e si fa beffe della giustizia di Dio. Segue la strada della morte, e morirá. Di lui non resterá traccia. Il giusto, invece, segue il cammino della vita ed é nelle mani di Dio. Lui appartiene giá, fin d´ora, al Regno dei cieli: soffre ma possiede giá la gioia di essere salvo. La morte non lo toccherá. Morirá per questo mondo, ma continuerá vivo per sempre: anima e corpo (un corpo trasformato, non quello di prima: senza malattie e senza dolore). Con questo modo di pensare, i giusti d´Israele erano giá predisposti a capire la risurrezione di Gesú. Senza sapere nulla di Lui personalmente, sapevano che chi é giusto in modo radicale e assoluto deve morire, perché l´umanitá é empia e non sopporta la veritá e la giustizia. Ma sapevano anche che la sua morte é solo apparente, perché Dio Padre gli é vicino e non lo lascia morire: lo risuscita nel suo Regno.

In certo modo é stupefacente, anche se é umanissimo, che i discepoli di Gesú abbiano fatto tanta fatica, secondo il racconto dei Vangeli, a riconoscere e credere in Gesú risorto. Quando l´hanno capito, hanno speso la loro vita per seguirlo, sapendo di risorgere con lui. Scegliere il cammino di Gesú é essenziale perché é la via della vita. Forse lo capiremo anche noi quando arriveremo a quel momento estremo? Dicevo che l´incredulitá dei discepoli é stupefacente "in certo modo", perché in effetti ci rendiamo conto che sono misteri ai quali possiamo avvicinarci solo sotto l´azione dello Spirito di Dio, e sempre in punta di piedi. La nostra teologia é una barchetta troppo fragile per navigare in sicurezza il mare ondoso dell´eternitá. Ancora oggi siamo in molti ad oscillare tra la fede e l´incredulitá di fronte a una rivelazione cosí essenziale: per molti é una favoletta per bambini. Quando ho partecipato alla celebrazione "laicale" della comunitá di Sant´Antonio mi sono accorto di quanto sia forte questo atto di fede. Non é la ripetizione alienante del "rinvio" della giustizia e del diritto alla gioia di vivere a un tempo remoto post mortem. É, invece, la presa di coscienza consapevole del fatto che, affrontando le sofferenze del cammino tra ambiguitá, conflitti e contraddizioni che non é possibile superare nel breve tempo e stretto spazio che passiamo in questo mondo, si vive giá nella gloria del Regno dei cieli, e si appartiene al Padre che é vita, gioia, amore.

Cita Sandro Gallazzi: "Questo é colui del quale noi ridevamo, che fu bersaglio delle nostre ingiurie. Consideravamo la sua vita una pazzia, e la sua fine vergognosa. (...) I giusti vivono per sempre (...), riceveranno la corona regale. Con la sua destra Egli li proteggerá, con suo braccio forte li difenderá" (Sapienza, 5). "Era disprezzato, abbandonato dagli uomini. Come uno da cui ci si copre il volto (...). Noi lo ritenevamo vittima di un castigo, ferito da Dio e umiliato (...). Dopo la fatica, egli vedrá la luce (...). Gli daró un premio tra le moltitudini (...). "Coi forti dividerá la spoglie" (Isaia, 53). L´autore della Sapienza e del secondo Isaia non sapevano nulla di Gesú, ma lo hanno descritto con secoli di anticipo, e per questo noi abbiamo letto i loro testi nella liturgia della Settimana Santa. Testi che possono essere un programma di vita per tutti noi, se vogliamo davvero seguire la strada di Gesú. E soprattutto: sono la certezza della vita per quelli delle beatitudini che ho ricordato sopra. E aggiungo gli afflitti nelle lunghe code della previdenza sociale, assetati nell´Africa desertificata, mutilati dalle mine, affamati dall´invasione delle multinazionali, arruolati ancora bambini nelle guerre mercenarie. Chi é piú o meno agnostico e piú o meno benestante potrá anche ridere di questa affermazione, ma per chi sta male la certezza di avere Dio dalla sua parte e che tifa per lui, é una forza!

Il nostro Yung Mo Sung ha scritto il nono articolo. Ve ne traduco soltanto una parte, ma non voglio privarvene completamente. Tra l´altro viene molto a proposito nella complicata riflessione precedente..perché sostiene che nella nostra condizione umana il conflitto é inevitabile. Cosí scrive: "Siamo cosí abituati alla tesi che dobbiamo lottare per una pace mondiale, intesa come superamento di tutti i tipi di conflitto, e per un´economia giusta e fraterna, pensata come la fine di ogni tipo di concorrenza, tensione e disuguaglianza, che la mia proposta suona come accettazione delle logiche di dominazione. La tesi che propongo, invece, é che questo tipo di "pace universale", per quanto sia attraente, é una riproduzione della logica imperiale, che appare, per esempio, nella "Pax Romana" e nel progetto espansionista dell´Europa Occidentale a partire dal secolo XVI.

C´é un consenso tra i critici dell´attuale capitalismo globale sul fatto che, per superare la nostra crisi sociale ed ecologica, dobbiamo superare il paradigma della modernitá che si trova alla base dell´attuale civiltá. Sono completamente d´accordo. Quello che sto argomentando é che la proposta di sostituire il principio della "libera concorrenza" nel e del mercato che regge l´attuale capitalismo con il principio della "solidarietá-compassione" o della "comunione tra tutti gli esseri umani e di questi con la natura" non é una proposta che superi il paradigma della moderna Civiltá Occidentale. Sembra, ma non é. Poiché, ció che c´é é soltanto un cambiamento di contenuto dell´unico principio che deve reggere la vita umana e il sistema sociale. Al posto della proposta di un unico principio di libera concorrenza nel mercato, si mette la solidarietá e la comunione come unico principio. La logica di fondo rimane: un unico principio organizzativo per tutta la societá e per tutti gli aspetti della vita.

É chiaro che quest´ultima proposta é abbastanza seducente e desiderabile, ma il problema é che noi esseri umani non siamo cosí. Non siamo né solidali o compassionevoli in modo cosí puro, né abbiamo la capacitá di conoscere tutti gli elementi della divisione sociale del lavoro per poter coordinare e pianificare coscientemente tutti gli aspetti della vita economica. E senza una soluzione alternativa per il coordinamento della divisione sociale del lavoro (tema che ho trattato negli articoli precedenti) le buone intenzioni individuali e le loro azioni economiche presuppongono un coordinamento incosciente del mercato. Cosí cadiamo di ritorno nella tesi neoliberale che ciascuno deve vivere la propria vita e lasciare al mercato il compito della divisione sociale del lavoro.

Ho insistito su questi due temi, il coordinamento della divisione sociale del lavoro e la condizione umana, perché sono i due "nodi" principali per l´elaborazione di una alternativa al sistema capitalista globale. Proposte belle, gradevoli ai nostri desideri, ma che presuppongono (a) un essere umano che trascende la condizione umana (e perció non é piú umano) e (b) non indicano il modo alternativo di come coordinare miliardi di decisioni e azioni che avvengono nei processi di produzione, distribuzione e consumo che compongono l´economia globale oggi, sono proposte ben intenzionate, ma illusorie. Queste proposte possono soddisfare qualche tipo di desiderio di gruppi che annunciano e dei molti che consumano questo tipo di discorsi. Tra l´altro, ció che non manca nel mercato, oggi, é il consumo di questo tipo di "discorsi di liberazione illusori". Questo prova che il mercato capitalista continua ad avere la capacitá di trasformare quasi tutto, perfino i discorsi apparentemente anticapitalisti, in mercanzie, specialmente per la classe media.

Penso che abbiamo bisogno di superare in modo piú radicale la civiltá occidentale moderna e pensare la nuova societá in termini di diversi principi in tensione permanente, e assumerci la nostra condizione umana. La concorrenza economica (che genera un tipo di efficienza) in tensione con le mete sociali basate sul principio della solidarietá (che genera sostenibilitá sociale); la logica del mercato in tensione col ruolo induttore, regolatore e di controllo del potere dello Stato; la societá civile con le sue diversitá culturali in tensione con le logiche del mercato e la logica dell´accumulo del potere dello Stato; le diverse religioni con le loro visioni conflittanti che convivono in tensione e dialogo nella societá globale.

Come ho scritto nell´articolo precedente, la ricerca della fine del conflitto esige una lotta mortale contro "l´altro" che pensa in modo diverso, e che non sará mai uguale a me, e la negazione della propria condizione umana. L´unica forma di creare un´alternativa alla "pace imperiale capitalista", e di rendere possibile una vita degna di tutti e tutte, é creare una nuova economia, una nuova politica e una nuova societá in cui i conflitti accettabili (quelli che non cercano la morte dell´altro) e le tensioni tra le diverse logiche e culture che compongono la societá, siano viste come salutari. (continua).


Vi é piaciuto? Fa pensare, e bisogna rifletterci su. Ma ora cambiamo registro. Siccome sta iniziando la Campagna Elettorale in Brasile (la Dilma, candidata di Lula, é giá in pareggio nei sondaggi con l´avversario piú duro, Serra del PSDB), vi pubblico anche questo articolo divertente che ho ricevuto per posta elettronica.

"Porque continuo sendo Lula" - di Pedro Lima - conomista e professor de economia da Universitá Federale di Rio de Janeiro.

FHC, il faro, il sociologo, si intende tanto di sociologia quanto il governatore di San Paolo, José Serra, si intende di economia. Lula, che non sa niente di sociologia, ha portato 32 milioni di miserabili e poveri alla condizione di consumatori; che non sa niente neppure di economia, ha pagato i conti di Fernando Henrique Cardoso, ha azzerato il debito con il Fondo Monetario Internazionale e ancora fa qualche prestito ad alcuni ricchi. Lula, l´analfabeta, che non s´intende di educazione, ha creato piú scuole e universitá di tutti i suoi predecessori messi insieme
(14 universitá pubbliche e piú di 40 campus universitari) - e inoltre ha creato la PRO-UNI, che porta il figlio del povero all´universitá (mezzo milione di borsa per poveri in scuole private).

Lula, che non si intende di finanze né di conti pubblici, ha elevato lo stipengio minimo da 64 a piú di 291 dollari (valori di gennaio 2010), e non ha fatto fallire la previdenza come voleva FHC. Lula, che non s´intende di psicologia, ha sollevato il morale della nazione e disse che il Brasile sta meglio del mondo. Nonostante che il PIG-Partido da Imprensa Golpista, che sa tutto, dica che non é vero. Lula, che non s´intende di ingegneria, né di meccanica, né di niente, ha riabilitato la Pró-alcool, ha creduto nel bio-diesel e ha portato il paese alla leadership mondiale dei combustibili rinnovabili (maggior programma di energia alternativa al petrolio del pianeta). Lula, che non sa niente di politica, ha cambiato i paradigmi mondiali e ha messo il Brasile nella leadership dei paesi emergenti, é passato ad essere rispettato e ha sepolto il G-8 (ha creato il G-20). Lula, che non si intende di politica estera né di conciliazione, poiché fu sindacalista da strapazzo, ha mandato a quel paese l´ALCA, si é rivolto ai paesi del sud del mondo, specialmente ai vicini dell´America Latina, dove esercita una leadership assoluta senza essere imperialista. Ha facile transito presso Chaves, Fidel, Obama, Evo, eccetera. Da sciocco che é, ha ceduto a tutto e a tutti.

Lula, che non s´intende di donna né di negro, ha messo il primo negro nel Supremo Tribunale (reso poco credibile da bianchi), una donna nella carica di prima ministra, e che puó, tra l´altro, diventare la sua successora. Lula, che non sa niente di etichetta, si é seduto accanto alla regina dietro suo invito, ed ha affrontato la nobiltá bianca con le lenti azzurre. Lula, che non sa niente di sviluppo, non ha mai sentito parlare di Keynes, ha creato il PAC; prima ancora che tutto il mondo dicesse che é ora che lo Stato investa; e oggi il PAC é un ammortizzatore della crisi. Lula, che non s´intende di crisi, ha fatto abbassare l´IPI e ha portato l´industria automobilistica a battere il record del trimestre (come anche la linea bianca degli elettrodomestici).

Lula che non s´intende di portoghese né di altre lingue, parla fluentemente tra gli altri leader mondiali; é rispettato e citato tra le persone piú potenti e influenti del mondo attuale (il migliore del mondo secondo Le Monde, Times, News Week, Financial Times e altri...]. Lula, che non sa niente di rispetto dei suoi simili, poiché é un rozzo, aveva giá empatia e rapporti diretti con George Bush - notata perfino dalla stampa americana - e ora ha la stessa empatia con Barack Obama. Lula, che non s´intende di sindacato, poiché era soltanto un agitatore...é amico di un certo John Sweeny [presidente della AFL-CIO - American Federation Labor-Central Industrial Congres - la centrale dei lavoratori degli Stati Uniti, che, lá sí, é unica....ed entra alla Casa Bianca con credenziali di negoziatore e parla direttamente con lo Zio Sam lá, negli "States". Lula, che non sa di geografia, perché non sa interpretare una carta geografica: é autore del maggior cambiamento geopolitico delle Americhe nella storia.

Lula, che non s´intende per niente di diplomazia internazionale, poiché non sará mai preparato, agisce con sapienza su tutti i fronti e diventa interlocutore universale. Lula, che non sa la storia, poiché é appena un narratore di prodezze, fa storia e sará ricordato per un grande lascito, dentro e fuori dal Brasile. Lula, che non s´intende di conflitti armati né di guerra, poiché é un pacifista ingenuo, é giá quotato dai palestinesi per dialogare con Israele. Lula, che non sa niente di niente, é assai migliore di tutti gli altri. E l´ultima, che aggiungo: Lula, che non s´intende di Stato e governo, fu considerato recentemento "lo statista dell´anno 2009"!

Nessun commento:

Posta un commento