16 febbraio 2013

LA STRAGE DEI GIOVANI

Questa quaresima ha avuto, come apertura, la sorpresa della rinuncia del papa. É stato un gesto coraggioso, perché ha sfidato una tradizione secolare. Secondo me la decisione di Benedetto XVI é nello stesso tempo modernizzante (oggi in tutte le imprese, nei servizi pubblici e nella Chiesa stessa é normale andare in pensione per limiti di etá e vigore fisico) e molto umano. Riavvicina la figura del papa a quella dell´Apostolo Pietro, di cui é il successore ma nei secoli si é assai distanziata. Se ricordo bene i manuali di teologia, il papato é un incarico elettivo da cui ci si puó dimettere, e nella storia é giá accaduto alcune volte. Lo scrivo perché anche qui qualche persona pia si é detta “trastornata”. Non é un sacramento che imprime il carattere, come é invece l´Ordine sacerdotale (diaconato, presbiterato ed episcopato), che rimane impresso per sempre. Il vescovo puó dimettersi da Vescovo di una diocesi ma rimane sempre vescovo; e cosí il prete, puó cambiare parrocchia o andare in pensione ma rimane sempre prete.
La quaresima é un tempo di deserto che ci fa rivivere i 40 giorni simbolici che i vangeli narrano come preparazione di Gesú al suo ministero che culminó con la Pasqua, morte e risurrezione. In Brasile si fa la Campanha della Fraternitá, che quest´anno affronta il tema della gioventú: preghiera e azione contro la strage di giovani, dice l´annuncio della Conferenza Nazionale dei vescovi. Il motto é “eccomi quí, Signore, inviami”. Prese dal testo della vocazione del profeta Isaia, queste parole richiamano l´attenzione sul programma della pastorale giovanile in preparazione della Giornata Mondiale della Gioventú, a Rio, nel luglio prossimo (Frei Beto fa notare che dovranno ristampare la propaganda, che porta la foto e il nome di Benedetto XVI). Infatti il programma é: missione di giovani per evangelizzare i giovani. La situazione dei giovani é una delle sfide piú difficili di questi anni.
Dopo aver letto su Adital un articolo di frei Beto, ho raccolto i suoi dati e sono andato a cercarne altri in internet. Ne é venuto fuori questo quadro: in Brasile abbiamo 515 mila persone chiuse in prigione. La media é di piú di 1 ogni 400 abitanti, contando anche donne e bambini. In realtá il 95% dei detenuti é di giovani maschi al di sotto dei 30 anni. Nell´ultimo anno i detenuti sono aumentati di 9 mila. Negli ultimi 10 anni sono triplicati. Il solo Stato di San Paolo ne ha 181 mila. La capitale São Paolo, di 11 milioni e mezzo di abitanti, é sempre piú in preda alla violenza e alla paura. Ci sono stragi e omicidi quotidiani. Le persone hanno paura anche della polizia, perché puó accadere di essere arrestati vivi e ritrovati morti senza nessun processo. Lá, il numero di omicidi é aumentato del 34% nel 2012. Ogni 100 mila abitanti, 12,2 assassinati. 547 morti in scontri con la polizia. Stupri: + 24%; furti di automobili + 10%; e furti comuni + 8%. Assalti a banche - 12%. Dati della Segreteria di Pubblica sicurezza, divulgati il 25 gennaio e pubblicati da Frei Betto nel suo articolo.
Perché la violenza é cosí in aumento? La risposta non é difficile. San Paulo é divisa in 96 distretti. La maggior parte ha piú di 100 mila abitanti. Molti di questi distretti sono privi di piazze e parchi, di centri sportivi e culturali. Secondo la Rede Nossa São Paulo, 60 distretti non hanno nessun centro culturale (teatro, cinema, sala per feste o conferenze). 56 non hanno nessuna attrezzatura sportiva pubblica. 44 non hanno biblioteca pubblica. 38 non hanno nemmeno un parco e in 20 non c´é una sede di polizia. 1,3 milioni di persone abitano in favelas. 250 mila giovani tra 15 e 19 anni non vanno a scuola. 181 mila giovani dai 15 ai 24 anni sono disoccupati. 98 mila bimbi non hanno posto all´asilo. Il paulistano passa, in media, 2 ore e 23 minuti al giorno nel traffico. Il trasporto pubblico é precario, tanto che la polizia deve controllarne l´accesso nelle ore di punta. In media, per una visita medica pubblica, si aspetta 52 giorni; per esami di laboratorio piú di 65 giorni, e per chirurgie 146 giorni.
Cosí é San Paolo: ma la sua situazione di grave malessere rispecchia quella di tutto il Brasile e dell´America Latina in generale. Forse anche del resto del mondo, in diversi modi misure. In alcuni casi anche peggio: come la situazione degli emigranti, le guerre tribali e razziali, la violenza dei fanatici religiosi. É uno sfascio. Nonostante questo, pare che non ci sia molta voglia di battersi il petto e di cambiare qualcosa. In Europa vi dibattete con una crisi economica feroce, e per quello che si puó capire dai giornali la tendenza é di sanare i bilanci togliendo ai poveri per dare ai ricchi. Quí la gente é contenta perché i numeri del PIL, se pure non sono esaltanti, sono ancora positivi: si costruiscono case nuove sempre piú belle, chiese, e chi puó ruba a piú non posso il denaro pubblico e lascia andare in malora le strade e i servizi di sanitá e istruzione.

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