Due mesi di pausa del blog (salvo qualche edizione straordinaria) sono passati. Mi ero ripromesso di cambiare lo stile dei post ma non mi é venuta nessuna idea buona. Abbiamo avuto un luglio e agosto di notti fredde e giorni moderatamente caldi, siccitá, polvere rossa e sottile che vola col vento e ricopre ogni cosa. Feste religiose che attirano migliaia di fedeli, bancarelle e stand.Visite di gruppi italiani. É impossibile ricordare tutte le cose importanti (di importanza itaberina e goiana) accadute in questo periodo: ma la festa, da sola, merita una pagina speciale, perché é un fenomeno che rispecchia la cultura locale coi suoi valori estetici ed etici, la sua filosofia e teologia. Dedicheró un cenno anche alle visite, particolarmente gradite ed esemplari, di un gruppo di milanesi e un altro di modenesi guidati da amici miei.
Cominciamo dalle visite: posso parlarne senza riserve, perché sono state tutte in positivo. Giuseppe e Giovanna Ripamonti, di Varese, fecero una esperienza di due anni di volontariato qui con noi, ad Itaberaí, nel lontano 1968-70. Tornati in Italia, non hanno mai dimenticato né perso il contatto. Ora, insieme ad alcuni loro amici milanesi, sono tornati: una visita di affetto e solidarietá alle persone e ai luoghi dei loro ricordi piú cari. Don Paolo Boschini parroco della BVA di Modena, assieme ad Emanuela del CSI e Claudio, Elisa e Daniele, sono venuti ad offrire una conoscenza teorica e pratica di giochi ed esercizi educativi per bimbi e ragazzi: alle maestre dell´asilo e ad alcune comunitá. Si sono davvero distinti e hanno toccato i cuori. Alcuni commenti presi a caso, che ho raccolto nei giorni seguenti: "É il primo gruppo di giovani italiani che ho visto mescolarsi a noi senza nemmeno un pizzico di arie di superioritá!" "Abbiamo imparato molto sullo stile delle relazioni coi ragazzi, e su come dare ai giochi un contenuto educativo!". "Abbiamo imparato soprattutto a programmare le attivitá coi ragazzi in maniera piú organizzata".
Poi abbiamo avuto la grande sagra del paese in onore (e onere) di Nossa Senhora da Abadia dal 6 al 15 agosto. Don Paolo Boschini ha potuto celebrare la messa di una delle novene, e ha fatto pure l´omelia. I temi erano tutti ispirati al sociale a partire da brani biblici: la pace é frutto della giustizia. La festa é un fenomeno. Porta dentro de sé la cultura e la forma di societá di tempi ormai lontani, ma resiste o addirittura cresce senza cambiare piú di tanto. La societá contadina non esiste piú; decine di culti diversi hanno cancellato la mentalitá coloniale, quando si era cattolici o non si era niente; siamo, como direbbe il papa, nell´era del relativismo. Nonostante questo, per dieci giorni la cittá é catalizzata dalla sua Madonna e una folla si é accalcata davanti alla sua chiesetta! Penso che la festa contenga, in piccolo, tutti gli aspetti di quella "pienezza di vita" che fu, almeno stando alle scritture, il progetto di Dio quando creó l´umanitá, e fu anche la sua promessa, lo scopo della Redenzione, una (sia pure assai modesta) anticipazione del "Regno dei cieli": riunirsi, condividere, essere felici insieme.
Peró, con tutte le contraddizioni, che sono davvero tante. Mercato di cose inutili, grande occasione per i borsaioli, sprechi consistenti (i fuochi d´artificio) alla faccia dei poveri. Dall´altare si moltiplicano gli appelli di Dio a ripartire dalla conversione a Cristo: credo che molti siano toccati profondamente dal messaggio, ma la limitatezza degli esseri umani é profonda e non é facile superarla. Ci sono le esclusioni. Poveri che non vanno alla festa perché bisogna essere ben vestiti o semplicemente perché si sentono fuori luogo. Il leilão (asta delle donazioni) é una gara tra i piú ricchi. Un cesto di frutta e un pollo arrosto possono essere aggiudicati a un prezzo quintuplo rispetto al prezzo di mercato, e ai poveri non rimane che stare lí a guardare e sorridere di chi vince la disputa. Nella festa si esibiscono le persone piú importanti e fortunate. Mi dice Elio: "I cantori vogliono dare spettacolo, i ministri si esibiscono al meglio, i lettori sono perfetti: ma io, a Messa, mi sento meglio nelle piccole e umili comunitá di campagna, dove c´é gente come me che canta malamente, si veste in modo normale e legge con qualche difficoltá". Purtroppo, in margine (e non certo per colpa della festa) sono accaduti perfino dei delitti. Un giovane é stato sequestrato e avvelenato, e uno dei tanti José nostri compaesani é stato sbudellato a coltellate. Tanto per ricordarci che cattiveria, odio, dolore e morte sono sempre dietro l´angolo.
Una delle letture della festa era la parabola di Lazzaro (Luca, 16, 19-31): "Tra noi e voi c´é un abisso": Riccardo, un giovane diocesano con appena due anni di prete, ha colto nel segno, conducendo la riflessione su questo punto. Quanti abissi o quanti muri dividono l´umanitá? Disuguaglianza tra paesi, lotta di classe, emarginazione, rifiuto degli immigranti e dei diversi, odio tra religioni, sfruttamento lavorativo e sessuale, schiavitú e fame. Colmare gli abissi e abbattere i muri é la maggiore sfida dell´evangelizzazione.
La Chiesa cammina in questo mondo reale, coi piedi per terra: se la volessimo fatta di gente perfetta, dicono, non esisterebbe. Celebrazioni, riti, ristrutturazione di chiese? Puó servire anche quello, se ci educa alla gratuitá e alla condivisione, o a gestire il denaro secondo i criteri di Gesú! Ma riconoscere Lazzaro é determinante per riconoscere Dio ed essere riconosciuti da Lui. Noi, uomini e donne, nella nostra umanitá istintiva ci troviamo giá "per natura" in un abisso. Solo in Dio possiamo salvarci, e se non riconosciamo Lazzaro (che equivale a riconoscere Dio) andiamo sempre piú a fondo. (Io penso cosí, ma le apparenze sono ben diverse: ad occhi umani va a fondo chi segue piú radicalmente il Vangelo. Le persone che ho piú ammirato e da cui ho imparato di piú, le vedo oggi invecchiare isolate e dimenticate: salde nella fede, certo, e "gioiosi" perché i loro occhi hanno giá visto la salvezza. Ma non per il mondo, che magari offre qualche placca di riconoscimento, inventa premi per loro, e gira alla larga).
Attenti a come trattiamo gli immigrati. Preoccupati con la nostra identitá? Se escludiamo Lazzaro, che é anche escludere Dio, non siamo niente. Ci sono buone ragioni di temere per i popoli, le societá e le istituzioni che, per preservare la propria identitá, fanno vista grossa sullo sterminio dei poveri.
Le sacre scritture ci dicono che il progetto divino, di fare di noi una "nuova creatura" e dell´umanitá un "popolo di Dio", esiste fin dalla creazione. Ma la trasformazione é un processo lentissimo ed aleatorio, perché dipende anche dalla volontá umana. L´esito finale positivo é sicuro solo dopo la risurrezione dei morti: questa é la fede cristiana. Ma in questo mondo? "Tutto il creato geme e soffre i dolori del parto fin´ora. Il creato aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio" (Romani 8, 22 e 19). Che cosa vorrá dire? Grande mistero. Per ora, forse, ci basta sapere che l´amore suscita amore, quindi ogni piccolo gesto tra di noi é un ponte per oltrepassare l´abisso.
La foto: i visitanti modenesi, in strada ad Itaberaí, vestiti da pagliaccio.
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